Il critico francese lancia una provocazione. Paola Dècina Lombardi raccoglie le tesi contrarie
di Pierluigi Panza
Jean Clair: «Breton e Aragon padri teorici dell’11 settembre Volevano cancellare gli Usa»
Tra i mandanti che l’11 settembre 2001 avrebbero armato la mente (non la mano) di Mohamed Atta ci sarebbero André Breton, Louis Aragon e i surrealisti. Naturalmente erano morti anni prima dell’attentato alle Torri gemelle, ma sarebbero stati anche loro, secondo il critico d’arte Jean Clair, i «cattivi maestri» degli autori della strage. Questa tesi, espressa in Francia dall’ex direttore del Musée Picasso, Jean Clair, rimbalza ora in Italia con la pubblicazione di due libri: Processo al Surrealismo (Fazi, pp.220, 19.5 composto da due saggi, Del Surrealismo considerato in rapporto al totalitarismo e allo spiritismo di Clair e L’onore dei funamboli di Régis Debray che ne è la risposta) e la nuova edizione (con un capitolo aggiuntivo di risposta alla tesi di Clair) di Surrealismo 1919-1969 di Paola Dècina Lombardi (Mondadori). Il caso è aperto e il dibattimento è così articolato: Jean Clair processa i surrealisti e Paola Dècina Lombardi processa Clair, elencando la lunga scia di biasimo che la sua tesi ha raccolto in Francia per mano di Debray, Michel Butor, François Furet e Yves Bonnefoy... La vicenda prende avvio il 22 novembre del 2002 quando, su Le Monde, Clair pubblica un articolo intitolato Le surréalisme et la démoralisation de l’Occident. La sua accusa è che «l’ideologia surrealista aveva seguitato a desiderare la morte di un’America considerata materialista e sterile e il trionfo di un Oriente depositario dei valori dello spirito» e che l’intellighenzia francese «si è spinta molto presto e molto lontano nel prefigurare ciò che è avvenuto l’11 settembre». Il Surrealismo, ed estensivamente le Avanguardie artistiche, avrebbero contribuito ad abbassare la fiducia in se stesso dell’Occidente. Queste considerazioni muovono da alcune fonti. Intanto dalla interpretazione della «Mappa surrealista del mondo» pubblicata da discepoli di Breton nel 1929 in cui gli Stati Uniti non figurano di fronte a un Afghanistan (Paese dell’oppio e dell’hashish di cui i surrealisti facevano uso) grande quanto l’India. Minuscola anche l’Europa, assenti Francia e Italia; gigantesche Russia, Cina, Messico e le isole del Pacifico. Quindi da un discorso tenuto nel 1925 a Madrid, in cui Aragon afferma: «Avremo ragione di tutto. E come prima cosa distruggeremo questa civiltà a voi cara e in cui siete come i fossili nello scisto. Mondo occidentale sei condannato a morte. Siamo i disfattisti dell’Europa Risplenda infine l’Oriente, oggetto del vostro terrore». E ancora: «E che i trafficanti di droga si gettino sui nostri Paesi terrorizzati. Che l’America in lontananza crolli dai suoi bianchi grattacieli ». Temi che si ritrovano anche nelle Lettres aux écoles du Bouddha di Antonin Artaud: «La logica dell’Europa schiaccia continuamente l’intelletto Come voi, noi rifiutiamo il progresso: venite, buttate giù le nostre case». Per non accennare, infine, alle illustrazioni in vesti orientali della veggente Madame Sacco in Nadja, ove si raccontano le giornate di rivolta a Parigi contro la condanna degli Stati Uniti a Sacco e Vanzetti. Anche il modello di organizzazione dei gruppi surrealisti ricorderebbe, per Clair, quello del terrorismo radicale. Avevano le «caratteristiche di una società occulta che, come l’ha definita Hannah Arendt, regola la vita dei suoi membri «in base a una concezione segreta» dove si «esigono obbedienza cieca dai loro seguaci, uniti dalla fedeltà a un capo attorniato da un gruppetto di iniziati contro il mondo ostile». Crepuscolo della Ragione, antisemitismo e spiritualismo completerebbero l’avvio del «debosciamento» occidentale di marca surrealista. Queste tesi sono state raccolte da Clair in Le surréalisme entre tables tournantes et totalitarisme dove si spinge a delineare una «genealogia della violenza» fondata sulla matrice surrealismo-totalitarismo nella quale entrano, come anelli di trasmissione, i maître-à-penser situazionisti e del ‘68 e dintorni: Gilles Deleuze, Félix Guattari, Guy Debord, Michel Foucault e Jean Baudrillard. Sono coloro, secondo questa interpretazione, che hanno continuato l’opera di «debosciamento» dell’Occidente preparando l’avvento del sogno surrealista concretizzatosi anche nell’11 settembre. Per la Dècina Lombardi si tratta «di accostamenti mistificatori, arbitrari, e insomma ignoranza e malafede, di logica istrionica» come mostrato anche da Régis Debray in L’honneur des funamboles. E per questo aggiunge un capitolo alla ristampa del suo libro dove sono raccolte le valutazioni contrarie all’interpretazione di Clair. Intanto la Dècina Lombardi ricorda che molti surrealisti furono ebrei (tra i quali la moglie di Breton, Simone Kahn), che proprio i surrealisti «denunciarono i pogrom e il terrore in Germania» nel 1933 e i processi a Mosca nel ‘36. Quindi raccoglie valutazioni anti Clair. «Mettere in relazione l’11 settembre con lo spirito di rivolta di Breton e del surrealismo è stupido - afferma Michel Butor -, non ha niente a che vedere» specie associandolo arbitrariamente ai costumi licenziosi, a una cultura giovanile degradata e al terrorismo. Per Yves Bonnefoy «accostare il surrealismo al totalitarismo o all’11 settembre è un’assurdità». Debray ironizza parlando di «stregonerie logiche» sottolineando che quelli dei surrealisti erano paradigmi teorici e la loro violenza più mediatica che effettiva. Anziché di una compromissione con i totalitarismi, per François Furet il surrealismo si pone in una dimensione opposta: è stato «l’anatema antiborghese più violento che mai, libero però da ogni utilizzazione politica, emancipato persino dalle forme canoniche» e Breton ha esercitato un «magistero morale». Peraltro, aggiunge la Dècina Lombardi, il rapporto dei surrealisti con l’azione politica militante è sempre restato subordinato all’esperienza artistica. Anche in Breton, nonostante le sue passioni rivoluzionarie per il Fronte popolare e per Trotzkij, la politica «resta un amore infelice». L’autorità degli oppositori sembrerebbe far pendere il verdetto contro Jean Clair e salvare dei surrealisti la «volontà di rottura» e l’idea che l’automatismo psichico - come ha scritto Giovanni Raboni - «sia sempre stato e sempre sarà una delle principali fonti e modalità della creazione artistica». Ma a suggello delle tesi di Clair vale la pena ricordare lo spiazzante commento del compositore Karlheinz Stockhausen dopo gli attentati dell’11 settembre: «Questa è l’opera d’arte più grande mai esistita». L’attentato, appunto, come opera d’arte (forse surrealista).
«Processo al Surrealismo» (Fazi, pp.220, 19.5) raccoglie: «Del Surrealismo» di Jean Clair e «L’onore dei funamboli» di Régis Débray La nuova edizione di «Surrealismo 1919-1969» di Paola Dècina Lombardi (Mondadori, pp. 652 19) ha un capitolo aggiuntivo contro la tesi di Clair
«Corriere della sera» del 16 giugno 2007
Nessun commento:
Posta un commento