Letture in malafede dei dati sull'attuazione
di Michele Aramini
La relazione presentata nei giorni scorsi sull'attuazione della legge 40 del 2004 è diventata purtroppo una delle tante occasioni per parlare male della legge che regola la fecondazione artificiale. Nel presentare i numeri ci si è soffermati su alcuni particolari del tutto marginali, come il leggero calo di percentuale di gravidanze ottenute sul numero totale degli impianti. Il dato numerico dice che si è passati dal 24,8% di gravidanze su cento impianti al 21,2%. Si tralascia di dire che questo dato è abbastanza variabile e dipende da molte circostanze, come la minore esperienza dei nuovi centri di fecondazione artificiale e la maggiore età delle donne che vi si rivolgono, circostanze che gli estensori della relazione dovrebbero ben conoscere. Questo piccolo dato ha fatto parlare di "flop della fecondazione", con titoli di giornale costruiti ad arte per gettare fumo negli occhi dell'opinione pubblica. Lo stesso dicasi per la questione del turismo procreativo: si tratta di un minimo incremento nel numero delle coppie che si recano in Spagna o in Belgio per sottoporsi a tecniche vietate in Italia, in Francia e in Germania. Va ricordato poi che, anche prima della legge 40, molte coppie benestanti si rivolgevano ai centri esteri, specie statunitensi, perché ritenuti più efficienti oppure perché volevano tenere del tutto nascosta presso amici e parenti la condizione di sterilità. Se passiamo a una lettura corretta della relazione, emerge con tutta evidenza il buon funzionamento della legge 40: i bambini nati nel 2003 sono stati 4.807, mentre quelli nati nel 2005 sono stati 6.235. Come si fa a chiamare flop questo forte incremento in termini assoluti? Se poi consideriamo il numero delle donne che hanno cominciato il ciclo di fecondazione, il numero è salito nei due anni in esame da 17.125 a 27.254. Anche in questo caso la realtà mostra che la legge 40 ha generato un clima di maggior fiducia e non vi è alcuna fuga delle coppie in relazione alle prescrizioni stabilite. Se le coppie si sentissero oppresse dalle nuove procedure, non si registrerebbe questo fortissimo incremento nei trattamenti di fecondazione artificiale. È chiaro che se l'età delle donne che accedono alla fecondazione artificiale è molto alta, il numero dei successi diminuisce, ma questo accade in ogni Paese e con qualunque tipo di legislazione, perché è un dato biologico strutturale. Veniamo ora a qualche considerazione sul perché di tanta voluta deformazione dei dati. La legge 40 ha permesso di salvare la vita a un numero enorme di embrioni. Questo dato assolutamente positivo è considerato un danno da coloro che vedono nella tutela dell'embrione un possibile pericolo per la legge sull'aborto. Ricordiamo che la legge sull'aborto è fondata sul principio di autodeterminazione della donna (così assoluto da diventare arbitrario). Il fatto che una nuova legge dia protezione all'embrione è visto da alcuni come un pericolo per questa totale libertà, che fa usare l'aborto come contraccettivo ultimo, in contrasto con lo stesso spirito della legge 194, che vieta di interrompere la gravidanza come mezzo per regolare le nascite. Occorre allora leggere meglio i dati della relazione, e ribadire il pieno sostegno alle scelte operate dalla legge 40, anche in vista della ridiscussione delle linee guida per la sua attuazione. Nessun cambiamento delle linee guida può essere accolto che vada nella direzione di tutelare meno efficacemente l'embrione e la relazione di coppia. Occorre ribadire che l'idea di un figlio a ogni costo e di un figlio come diritto non è moralmente accettabile e non lo è neppure sul piano della giustizia, perché viola i diritti dei figli stessi. La legge 40 giustamente respinge la rivendicazione di questi presunti diritti e opera perché la fecondazione artificiale avvenga nel rispetto sia del desiderio dei genitori sia nel rispetto del valore della vita e della famiglia, con un equilibrio che non deve essere modificato al ribasso.
«Avvenire» del 7 luglio 2007
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