La discografia è sempre più in affanno. Perfino gli album degli artisti in gara a Sanremo quest’anno hanno faticato ad imporsi, attestandosi ad un misero 2% del mercato
di Andrea Pedrinelli
Negli Usa il mercato discografico è calato del 20%: già chiusi 800 negozi di dischi. In Italia il fatturato è crollato dell’11,40% e le vendite sul web non decollano
Adolfo De Angelis, cantautore anni Trenta, ebbe successo col tormentone Ma cos’è questa crisi?. Si riferiva ai tanti allarmismi tipici dell’Italia: industrie date per spacciate, mondo del calcio (già allora) moribondo. Bastavano due cifre per spingere media ed opinionisti d’antan all’elogio funebre dell’attività prescelta. Pronta a "rinascere" poco dopo. Ma anche nel caso dell’industria del disco di oggi, gli annunci di crisi sono infondati? Temiamo di no. Le cifre che ballano sono troppe e pesanti. Persino il Wall Street Journal, guardando al primo trimestre del mercato Usa, denuncia un meno 20% di vendite di dischi e ottocento negozi chiusi nel 2006.
In Italia non stiamo meglio. Bastano piccole ricerche nei megastore per scoprire cifre inquietanti. Nel centro di Milano, per esempio, dopo il Festival di Sanremo le vendite dei cd presentati in Riviera sono state pari allo 0,50 per artista al giorno. Mezzo disco al dì. E se guardate le classifiche esposte nei negozi, non vi vedrete svettare (come in quelle ufficiali) Bublé o Jennifer Lopez. Bensì dischi di cinque, se non trenta, anni fa: che però guarda caso sono sul mercato a 5, 9, 10 euro. Non a venti euro. Secondo gli analisti, la sopravvivenza dell’attuale industria discografica dipende ancora in gran parte dalle vendite degli album dei Beatles.
I dati ufficiali, sulle vendite discografiche in Italia nel primo semestre, sono a dir poco preoccupanti. Secondo la Fimi, Federazione industriali del disco, le vendite di album sono calate dell’11,40%. Molti tentano di ammortizzare il peso di tali numeri parlando di un mercato che cambia: però l’apparentemente positivo +119% della musica scaricata legalmente da Internet è all’interno di un misero 6% del mercato, ed in compenso c’è allarme anche per il calo del fenomeno del P2P, la musica scaricata gratis via internet. Un 30% in meno che i signori del disco giudicano negativo perché «indica sia il crollo dell’interesse per la musica sia il potere d’acquisto di chi freq uenta il mercato della pirateria».
Bizzarro? No. Giustificato, se un’indagine Nielsen di marzo conferma che il 31% degli italiani è sì orientato alle nuove tecnologie, ma ritenendo normale (per l’85% degli intervistati!) scaricarla gratuitamente. I vecchi, cari dischi piacciono insomma solo agli ultra40enni, che peraltro comprano i cd della loro epoca: ed infatti l’unico "più" del primo semestre italiano è appannaggio della musica classica.
Così il cerchio si chiude. Le risposte del sistema? Una piattaforma di P2P legale, QTrax, in rete ad ottobre con trenta milioni di brani e l’avallo delle major. Pure la casa discografica Ecm (Keith Jarrett, Andràs Schiff) andrà in rete. Artisti (David Bowie, Avril Lavigne) e major (Warner, EMI) si lanciano sulla musica nei videogiochi e sul cellulare. Ed il vicepresidente dello sviluppo digitale della SonyBmg, Andrea Rosi, che dichiara a Musica&Dischi, mensile di settore, «Dobbiamo chiedere un time-out per salvare le aziende, perché ora che il mercato digitale avrà alzato le vele quello tradizionale sarà affondato».
Già. Infatti le industrie stanno licenziando e molti artisti sono senza contratto. Ma siamo al livello del gatto che si morde la coda, se si pensa alla concorrenza che le major fanno a se stesse fra videogiochi e dintorni, e si legge che QTrax andrà in Borsa. Perché se il P2P diventerà un business al massimo livello con l’ok delle major, quanto interesserà loro far sopravvivere cd, artisti di nicchia, festival, uffici stampa, negozi? Giudicate voi…
In Italia non stiamo meglio. Bastano piccole ricerche nei megastore per scoprire cifre inquietanti. Nel centro di Milano, per esempio, dopo il Festival di Sanremo le vendite dei cd presentati in Riviera sono state pari allo 0,50 per artista al giorno. Mezzo disco al dì. E se guardate le classifiche esposte nei negozi, non vi vedrete svettare (come in quelle ufficiali) Bublé o Jennifer Lopez. Bensì dischi di cinque, se non trenta, anni fa: che però guarda caso sono sul mercato a 5, 9, 10 euro. Non a venti euro. Secondo gli analisti, la sopravvivenza dell’attuale industria discografica dipende ancora in gran parte dalle vendite degli album dei Beatles.
I dati ufficiali, sulle vendite discografiche in Italia nel primo semestre, sono a dir poco preoccupanti. Secondo la Fimi, Federazione industriali del disco, le vendite di album sono calate dell’11,40%. Molti tentano di ammortizzare il peso di tali numeri parlando di un mercato che cambia: però l’apparentemente positivo +119% della musica scaricata legalmente da Internet è all’interno di un misero 6% del mercato, ed in compenso c’è allarme anche per il calo del fenomeno del P2P, la musica scaricata gratis via internet. Un 30% in meno che i signori del disco giudicano negativo perché «indica sia il crollo dell’interesse per la musica sia il potere d’acquisto di chi freq uenta il mercato della pirateria».
Bizzarro? No. Giustificato, se un’indagine Nielsen di marzo conferma che il 31% degli italiani è sì orientato alle nuove tecnologie, ma ritenendo normale (per l’85% degli intervistati!) scaricarla gratuitamente. I vecchi, cari dischi piacciono insomma solo agli ultra40enni, che peraltro comprano i cd della loro epoca: ed infatti l’unico "più" del primo semestre italiano è appannaggio della musica classica.
Così il cerchio si chiude. Le risposte del sistema? Una piattaforma di P2P legale, QTrax, in rete ad ottobre con trenta milioni di brani e l’avallo delle major. Pure la casa discografica Ecm (Keith Jarrett, Andràs Schiff) andrà in rete. Artisti (David Bowie, Avril Lavigne) e major (Warner, EMI) si lanciano sulla musica nei videogiochi e sul cellulare. Ed il vicepresidente dello sviluppo digitale della SonyBmg, Andrea Rosi, che dichiara a Musica&Dischi, mensile di settore, «Dobbiamo chiedere un time-out per salvare le aziende, perché ora che il mercato digitale avrà alzato le vele quello tradizionale sarà affondato».
Già. Infatti le industrie stanno licenziando e molti artisti sono senza contratto. Ma siamo al livello del gatto che si morde la coda, se si pensa alla concorrenza che le major fanno a se stesse fra videogiochi e dintorni, e si legge che QTrax andrà in Borsa. Perché se il P2P diventerà un business al massimo livello con l’ok delle major, quanto interesserà loro far sopravvivere cd, artisti di nicchia, festival, uffici stampa, negozi? Giudicate voi…
«Avvenire» del 12 luglio 2007
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