17 luglio 2007

Intelligenza, contesto la legge di Gardner

Basta con le sette invarianti; un saggio rivoluziona le teorie sulla comprensione
di Edoardo Boncinelli
«Capire significa trovare nessi fra cose lontane e ricordarseli»
Quando si parla dell’intelligenza e della sua misura, raramente lo si fa con intelligenza e con misura. Non è un tema, questo, al quale si possa rimanere indifferenti. Ognuno vanta direttamente o indirettamente la propria intelligenza e dà per scontato di averne da vendere, ma in cuor suo ha paura che le cose non stiano proprio in questi termini. E tende perciò a intorbidare le acque. La cosa non resta, purtroppo, circoscritta al singolo individuo, ma interessa anche il discorso pubblico, che dovrebbe essere immune da tali miserie. Ma non lo è. Il risultato di tutto ciò è che a proposito di un argomento così rilevante, e «chiacchierato», si sa molto poco e quel poco è oggetto di accese dispute. Non si può quindi non salutare con enorme interesse e favore un libro recente che parla di questo tema in maniera spassionata ed equilibrata, e che cerca di fare il punto sulle ultimissime acquisizioni scientifiche in materia. Sto parlando di L’intelligenza di Cesare Cornoldi, una vera autorità nel campo (Il Mulino, pp.240, € 18.50). Come si conviene a ogni esposizione che si proponga di trattare un tema in modo esauriente, il libro considera tanto il passato che il presente del problema; tumultuoso e controverso il primo, più rilassato e inevitabilmente proiettato verso un futuro di studi e di ricerche il secondo. Si inizia così con le diverse definizioni del termine intelligenza, numerosissime e suddivisibili in due grandi categorie: le definizioni generali - che cercano di mettere a fuoco il profilo della dote comune a tutti gli esseri umani - e quelle differenziali - che al contrario mettono l’accento sulla diversità tra gli individui. Dopo un cenno ai test di intelligenza - massimo campo di battaglia fra le opposte fazioni - si passa a un capitolo fondamentale sulle principali teorie dell’intelligenza: teorie unitarie, che presuppongono l’esistenza di un solo tipo di intelligenza, o teorie multiple, che sostengono l’esistenza di tipi diversi di intelligenza. Questi tipi vanno dai tre di Sternberg - intelligenza astratta, pratica o creativa - ai sette di Gardner - intelligenza linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, intrapersonale e interpersonale. Da parte mia, non ho mai capito perché queste sette doti devono essere considerate come altrettante forme di intelligenza e non semplicemente come qualità o, appunto, doti. In fondo, così facendo le si appiattisce e le si banalizza invece di esaltarle. Quello che è certo è che la teoria di Gardner delle sette (o anche più) forme di intelligenza è divenuta straordinariamente popolare, e costituisce oggi quasi un Vangelo mediatico. A queste già numerose forme di intelligenza qualcuno ha creduto di dover aggiungere un’intelligenza emotiva e una sociale, oltre che una creativa. Molto opportunamente il nostro autore fa notare come le diverse teorie sulle intelligenze multiple hanno quasi tutte in comune l’inclusione di quattro forme fondamentali di intelligenza: quella visuospaziale, quella verbale, quella numerica e quella pratica. Dopo aver fatto notare che lo studio dei ritardi mentali, delle intelligenze comuni e dei veri e propri geni conducono a punti di vista un po’ discordanti sulla natura dell’intelligenza, Cornoldi passa a considerare le basi biologiche dell’intelligenza stessa e gli effetti che su di essa hanno l’educazione e l’esperienza. Questi capitoli, fondamentali per mettere un po’ d’ordine nel passato della questione e per sfatare molte dicerie, si concludono con un sacrosanto richiamo ai genitori e agli educatori in genere a non eccedere nei tentativi di stimolazione intellettuale dei giovani e giovanissimi. La iperstimolazione può accelerare i tempi dell’acquisizione delle attività intellettuali, ma il suo effetto complessivo sul livello finale di intelligenza di un individuo non è mai stato dimostrato, né nell’uomo, né negli animali di laboratorio. Gli ultimi due capitoli trattano delle visioni più accreditate sullo sviluppo dell’intelligenza, ispirate al punto di vista cognitivo, argomento nel quale Cornoldi può dare il meglio di sé. Non è il caso di entrare qui in troppi dettagli, ma è opportuno accennare almeno al ruolo che queste ricerche attribuiscono alla cosiddetta memoria di lavoro, quella forma di memoria a breve termine che, oltre a conservare per qualche secondo le informazioni via via acquisite, opera anche in qualche modo su di esse. Apprendiamo così che «la teoria del controllo della memoria di lavoro» appare «la più soddisfacente perché rende ragione delle differenze che si possono trovare fra uomini e animali», fra bambini e adulti e fra uomini di diversa età. Per me l’intelligenza è primariamente la capacità di trovare nessi fra cose che a prima vista sembrano non presentarne. Se questa visione ha un senso, è chiaro che riuscire a tenere nella propria memoria di lavoro diversi oggetti mentali contemporaneamente non può che essere utile e inoltre più oggetti si riesce a tenere a mente nello stesso tempo e meglio è. Occorrerà quindi in futuro comprendere più a fondo come funziona la memoria di lavoro e quali siano le componenti più efficaci che concorrono al suo controllo. Questo appare come un programma di ricerca dei più interessanti e promettenti, a patto ovviamente di rinunciare ad assurde e controproducenti dispute ideologiche che, anche se ingaggiate con le migliori intenzioni, non possono che ritardare la comprensione del fenomeno; in verità di qualsiasi fenomeno. Le persone intelligenti apprezzeranno certamente la lettura di questo libro.

Le regole di Gardner
Linguistica: abilità con le parole
Musicale: orecchio per le note
Logica: capacità matematica
Spaziale: misurare le distanze
Corporea: percepire gli oggetti
Intrapersonale: conoscere se stessi
Interpersonale: interpretare gli altri
«Corriere della sera» del 24 giugno 2007

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