Il noto filosofo della scienza riflette sulla «fisicità» del vero e del falso, che sempre più diventano oggetto di indagine e controllo sperimentale
di Giulio Giorello
«Conquiste scientifiche, ma non conosciamo le conseguenze etiche»
«Conquiste scientifiche, ma non conosciamo le conseguenze etiche»
Ricordate l’autopresentazione di Ulisse al Ciclope? «Il mio nome è Nessuno». Le menzogne dell’eroe omerico simboleggiano il potere della ragione. Chi mente pensa - anzi, pensa anche troppo se dobbiamo credere agli studi sul cervello che avrebbero accertato che l’attività cerebrale del bugiardo è maggiore di quella della persona sincera, poiché l’elaborazione di una menzogna coinvolgerebbe un numero superiore di connessioni neurali! Ma perché non dovrebbe essere possibile alle macchine essere più scaltre di Polifemo? Dopotutto, esse già dispongono di "sensori" ben più sofisticati dell’unico occhio del Ciclope e potrebbero sbugiardare qualunque novello Ulisse che altrimenti potrebbe beffare qualsiasi umano tutore dell’ordine. È dagli anni Venti del secolo scorso che la "macchina della verità" fa la sua parte in molte inchieste. In un memorabile fumetto Disney (per la cronaca, il titolo era "Topolino contro Topolino", sceneggiato e disegnato da Bill Walsh e Floyd Gottfredson, 1953) l’impagabile commissario Basettoni non vede l’ora di sperimentare il "Crimino-Detector, nuovissimo congegno...appena giunto dalla fabbrica": su due seggiolini hanno assicurato rispettivamente il Topo buono e il suo sosia malvagio, e i due sono così simili che nessuno - nemmeno la forza dell’amore di Minnie - riesce a distinguerli. Un apparato elettrochimico collega i due al macchinario, e - come dice soddisfatto Basettoni - "quando schiaccerò l’interruttore, la freccia segnalerà sicuramente il criminale". Dopo pochi secondi, l’indicatore punta inequivocabilmente sul capo della polizia... Questi si limita a osservare che il Crimino-Detector "ha ancora bisogno di qualche piccola modifica". Nonostante l’ingiunzione di Socrate non conosciamo ancora abbastanza bene noi stessi! Ma la scienza, anche quella che si batte contro il crimine, oggi consente "modifiche", ben maggiori di quanto poteva immaginarsi il perplesso commissario. La distinzione tra vero e falso sembra dunque riflettere un’asimmetria a livello neurologico, e addirittura parrebbe possibile "rallentare" il corso della menzogna; mentre la verità fluirebbe indisturbata. Vero e falso non sono sospesi da qualche parte "là fuori", ma abitano il nostro cervello - anzi, tutto il nostro corpo; e proprio per questo sono diventati oggetto di controllo sperimentale. A questo punto gli amanti di Legge & Ordine sembrerebbero avere i loro buoni motivi per rallegrarsi. Ma siamo davvero sicuri che un giorno uno qualunque di noi non finisca nella stessa imbarazzante situazione di Basettoni? E non potrebbe comparire un "super-bugiardo" capace di utilizzare una qualsiasi contro-tecnica per ingannare la macchina? Sono domande da fantascienza... Invece la scienza, con maggiore sobrietà, ci fa constatare una volta di più quanto il mondo delle idee e dei valori sia radicato nella nostra fisicità. E siamo solo agli inizi. Dopotutto, conosciamo noi stessi attraverso le nostre macchine. Questa è la risposta del nostro tempo a quel bizzarro pensatore ateniese che amava porre domande fin troppo scomode circa il vero e il falso. Se oggi ritornasse al mondo, ci ricorderebbe che risultati di questo genere sono delle conquiste sotto il profilo conoscitivo, ma nulla ci dicono circa le loro conseguenze in campo etico. Senza bisogno della "macchina della verità" Socrate venne giudicato colpevole e dovette bere la cicuta... Comunque, se per legge finissimo per essere tutti costretti alla verità, come potremmo riappropriarci della libertà di mentire?
«Corriere della sera» dellì8 luglio 2007
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