Un commento fuori bersaglio di Maria Laura Rodotà
di Domenico Delle Foglie
C'è del metodo oltre che dell'ostinazione nel trattamento "di favore" che certi giornalisti italiani iscritti al partito del "politicamente corretto" e del "glamour" riservano ad alcuni esponenti del mondo cattolico rei, a ben guardare, di aver alzato un po’troppo la testa. E magari di nuotare controcorrente, oltre che di lanciarsi in affermazioni che non assecondano né il buonismo imperante né la ricerca di consenso a buon mercato. L'ultimo episodio della serie che vede protagonisti alcuni dei più impalpabili commentatori di costume dei principali quotidiani italiani ci è capitato sotto gli occhi domenica scorsa. Il tema sarebbe di quelli seri, sparato con tanto di titolone («Processo all'Italia, il Paese delle donne nude») sulla prima pagina del Corriere della Sera. La notizia è presto detta: il Financial Times, quotidiano della City londinese, denuncia la «nuda ambizione» delle ragazze italiane che sognano di fare le veline e magari compaiono dappertutto (in particolare nella pubblicità e negli show) più nude che vestite. Ci avventuriamo nella lettura dell'articolo che vorrebbe essere di denuncia. E sinceramente non riusciamo né a scandalizzarci né a drammatizzare. Consapevoli come siamo che, da normali cittadini, dobbiamo fare i conti tutti i giorni con i giganteschi cartelloni che invadono le nostre città, offrendo ogni tipo di mercanzia attraverso l'esibizione-dono dei corpi femminili. Ma se le donne continuano a star zitte, qualche problema di educazione, al femminile come al maschile, ci sarà nelle famiglie italiane. Queste però sono preoccupazioni da bacchettoni cattolici. Dunque, avanti con le forzature e le mistificazioni. Il vero stupore ci assale quando leggiamo il commento di Maria Laura Rodotà che, espertissima nel non fare male alla pubblicità e alla televisione (anche lei "tiene famiglia"), va per campi. E visto che si trova, impallina nell'ordine tre cattolici che calcano la scena pubblica, ma che non c'entrano proprio nulla con quelle donnine-do nnone. Prima se la prende con Savino Pezzotta accusato di «familismo ipocrita» alla David Cameron, leader dei conservatori inglesi («certo più chic» del portavoce del Family Day). Poi fustiga il governatore della Lombardia (Roberto Formigoni), colpevole di aver affermato che occorrono aiuti finanziari per aiutare le mamme che vogliano restare più a lungo a casa per aiutare i bimbi nei primi anni di vita. E per finire la solita senatrice teodem Paola Binetti (lei non manca mai nella lista dei reprobi), tirata in ballo perché «nell'Europa civile i diritti riproduttivi sono acquisiti e non a rischio, per non dire dei Pacs». E per non farsi mancare niente, la Rodotà cita anche la «banalissima epidurale» che a suo avviso qualcuno (i soliti cattolici?) vieterebbe negli ospedali italiani. La commentatrice, però, è a dir poco disinformata. A che serve informarsi però, se ogni stupidaggine viene buona per ridicolizzare i cattolici "integralisti"? La «banalissima epidurale» - glielo facciamo sapere senza rancore - viene normalmente praticata in tutti i reparti di ostetricia italiani, compresi naturalmente quelli degli ospedali "cattolici". La giornalista sarà convinta che i cattolici nei loro consultori facciano la predica sul partorire nel dolore. Vaglielo a spiegare che il mondo cambia e lei sta ferma. In ogni caso, non siamo stati noi a sollevare il problema delle donne nude. E se l'avessimo fatto, chissà quante urla all'ingerenza nel costume italiano. Lo ricordiamo: è stato il Financial Times. Non sarà che anche quello è un covo di cattolici "poco chic"?
«Avvenire» del 17 luglio 2007
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