Il consiglio di facoltà cancella il master del professor Moffa cui partecipavano storici revisionisti non solo italiani, i promotori rilanciano sul web. Viaggio in un pianeta sorprendente e contraddittorio
di Marco Ventura
Casa Moffa a Roma. Salotto borghese in un comprensorio nel verde, senza pretese ma vivacizzato da scaffali a cielo aperto con volumi di cultura politica anni '70 e documenti da scannerizzare per il sito internet del master Enrico Mattei in Medio Oriente, ricettacolo di Ideologie retrò amalgamato dal livore anti-americano e anti-ebraico. Il master, coordinato da Claudio Moffa, ordinario di Storia e istituzioni dei Paesi afroasiatici, è stato cancellato il 3 luglio dal Consiglio di facoltà di Scienze politiche dell'Università di Teramo perché «non coerente con gli obbiettivi formativi complessivi della facoltà». Moffa grida al «fascismo universitario» e paga così l'invito il 12 giugno a Teramo al negazionista francese dell'Olocausto, Robert Faurisson. La contromossa? Lo spostamento del master a Roma con il lancio via Internet di libere sottoscrizioni e la creazione in poche ore dello Iemasmo, Istituto Enrico Mattei di alti studi in Medio Oriente, intitolato all'emblema della lotta alle multinazionali del petrolio. Il direttivo riunisce le anime contraddittorie del negazionismo italiano: veteromarxisti e filo-cubani, neofascisti studiosi di Julius Evola, mediorientalisti pacifisti e militanti di sinistra a sinistra della sinistra radicale, molti riuniti attorno a un cognac in casa Moffa per scaldarsi al sole della loro tesi e bandiera di libertà. Quale? L'uso politico dell'Olocausto da parte del sionismo e imperialismo americano, e il suo ridimensionamento di contro alla storiografia «sterminazionista». I figli dei deportati nei lager che hanno impedito a suon di sberle la lezione di Faurisson a Teramo sarebbero l'avanguardia teppistica del fronte atlantico-sionista che opprime l'Eurasia.
Il sogno di Moffa? Un confronto pubblico con diritto di parola per i negazionisti. Un aiuto, per quanto timido, gli viene dallo storico Franco Cardini: «Molti studiosi cosiddetti negazionisti portano argomenti degni di discussione e problemi che non consentono la politica dello struzzo. Anche studiosi israeliani hanno parlato di industria dell'Olocausto. Chi pensa di poter demolire il negazionismo ha il dovere morale e il diritto civile di esporre i propri argomenti. Il tema è delicato, pericoloso. I tanti che in buona fede considerano queste tesi uno sciocchezzaio che può alimentare la rinascita di sentimenti antisemiti dovrebbero sfidare i negazionisti in una riunione scientifica con tesi e controtesi, e un verdetto dopo un mese di approfondimenti. Storici seri come Enzo Collotti e Gian Enrico Rusconi, di estrazioni diverse, mettano a tacere i negazionisti. Proporrei la sala stampa di Milano».
Moffa non aspetta altro. A casa sua è un lamentarsi dell'insistenza sulla memoria «olocaustica». Elisabetta Ippolitoni, ricercatrice: «Vi ricordate la canzone napoletana? Chi ha dato ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto ha avuto». Basta celebrazioni della Shoa. Annuisce il marito, l'orientalista Vincenzo Strika già collaboratore della rivista del Sisde, Per aspera ad veritatem. Concorda il giurista filo-cubano Matteo Carbonelli, plaude il filosofo del diritto e traduttore di Carl Schmitt, Antonio Caracciolo. Gli ultimi due sono entrati nel direttivo di 13 membri dello Iemasmo. Presidente Moffa. Vicepresidente Tiberio Graziani, docente perugino, autore del libro-intervista a Padre Benjamin Iraq, trincea d'Eurasia, curatore di «Serbia, trincea d'Europa» del nazionalista serbo Dragos Kalajic, traduttore di Drieu La Rochelle e Brasillach, collaboratore del negazionista Claudio Mutti con le sue Edizioni all'insegna del Veltro. La galassia negazionista spazia dal marxismo filopalestinese antimperialista dell'africanista Moffa al marxismo bordighista di Cesare Saletta, dal leninismo dei seguaci del generale Pasti ai «giuristi democratici» castristi di Carbonelli, dal radicalismo pacifista della rivista Giano di Luigi Cortesi ai siti filo-iraniani come www.vho.org e al revisionismo dell'11 Settembre che lo attribuisce a una congiura di sionisti e Cia. È il caso del fotografo e regista Massimo Mazzucco animatore da Los Angeles di luogocomune.net, ma anche del gruppo Faremondo di Bologna e della piemontese non profit Scholè futuro per l'educazione alla «sostenibilità sociale e ambientale», la cui sezione bolognese organizza seminari di controinformazione sull'11 settembre e l'Olocausto nel dopolavoro ferroviario. Ancora: l'emittente ambientalista pacifista Spazio Radio di Paolo Pioppi, direttore di Aginform, Foglio di corrispondenza comunista. In casa Moffa hanno voce gli ultra-marxisti fanatici del pamphlet La sinistra rivelata di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, critici da sinistra del Manifesto e di Liberazione. Singolare la presenza di Caracciolo, già dirigente calabrese di Forza Italia in rotta col partito. Significativa la difesa di polemisti come Massimo Fini e avvocati d'assalto come Nino Marazzita, il radicale garantista Mauro Mellini e Augusto Sinagra, già legale dell'Ambasciata turca. Poi c'è il gruppo di Mutti, esegeta di Evola, e delle edizioni d'estrema destra: Sentinella d'Italia, La Sfinge, Il Settimo Sigillo, Sette colori, il Cavallo Alato. E i neofascisti di Nuovo Ordine Nazionale.
Il negazionismo non nega in toto la Shoah, ma contesta il numero dei morti, il disegno preordinato, la capacità di sterminio di camere a gas e forni crematori. C'è, infine, una vena di «libera ricerca», di studiosi controcorrente insediati in nicchie universitarie o extrauniversitarie pronti a usare taxi ideologici e Internet, la Rete mondiale trampolino di nicchie neofasciste e veteromarxiste e di lobby serbe, cubane, iraniane, e dell'anarchismo che si richiama a Noam Chomsky che ha scritto un'introduzione per Faurisson. Condivisa la critica di Mutti al «mito» dell'arma di distruzione di massa: la guerra contro Saddam poggerebbe su una mistificazione analoga al decreto di sterminio anti-ebraico di Hitler. Baghdad come Berlino. No all'Europa provincia dell'Imperium, sì al blocco eurasiatico alleato dell'Islam nella resistenza agli Usa. Mutti parafrasa Croce: «Non possiamo non dirci eurasiatici». Agnostico, invece, Carlo Mattogno: «Il revisionismo in Italia sono io». Vero. Lui è il capofila del negazionismo tecnico. «Per amore della verità mi sono trasformato in perito dei forni crematori». «Quel che è successo resta un orrore - chiosa Cardini -. Negazionisti come Mattogno mi appaiono monomaniaci. I sei milioni di ebrei morti non saranno passati uno per uno per il camino, ma i conti comunque non tornano. Queste idee sono un virus, per neutralizzarle vanno affrontate». Sala stampa, Milano, 11 Settembre 2008, se qualcuno ci sta.
Il sogno di Moffa? Un confronto pubblico con diritto di parola per i negazionisti. Un aiuto, per quanto timido, gli viene dallo storico Franco Cardini: «Molti studiosi cosiddetti negazionisti portano argomenti degni di discussione e problemi che non consentono la politica dello struzzo. Anche studiosi israeliani hanno parlato di industria dell'Olocausto. Chi pensa di poter demolire il negazionismo ha il dovere morale e il diritto civile di esporre i propri argomenti. Il tema è delicato, pericoloso. I tanti che in buona fede considerano queste tesi uno sciocchezzaio che può alimentare la rinascita di sentimenti antisemiti dovrebbero sfidare i negazionisti in una riunione scientifica con tesi e controtesi, e un verdetto dopo un mese di approfondimenti. Storici seri come Enzo Collotti e Gian Enrico Rusconi, di estrazioni diverse, mettano a tacere i negazionisti. Proporrei la sala stampa di Milano».
Moffa non aspetta altro. A casa sua è un lamentarsi dell'insistenza sulla memoria «olocaustica». Elisabetta Ippolitoni, ricercatrice: «Vi ricordate la canzone napoletana? Chi ha dato ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto ha avuto». Basta celebrazioni della Shoa. Annuisce il marito, l'orientalista Vincenzo Strika già collaboratore della rivista del Sisde, Per aspera ad veritatem. Concorda il giurista filo-cubano Matteo Carbonelli, plaude il filosofo del diritto e traduttore di Carl Schmitt, Antonio Caracciolo. Gli ultimi due sono entrati nel direttivo di 13 membri dello Iemasmo. Presidente Moffa. Vicepresidente Tiberio Graziani, docente perugino, autore del libro-intervista a Padre Benjamin Iraq, trincea d'Eurasia, curatore di «Serbia, trincea d'Europa» del nazionalista serbo Dragos Kalajic, traduttore di Drieu La Rochelle e Brasillach, collaboratore del negazionista Claudio Mutti con le sue Edizioni all'insegna del Veltro. La galassia negazionista spazia dal marxismo filopalestinese antimperialista dell'africanista Moffa al marxismo bordighista di Cesare Saletta, dal leninismo dei seguaci del generale Pasti ai «giuristi democratici» castristi di Carbonelli, dal radicalismo pacifista della rivista Giano di Luigi Cortesi ai siti filo-iraniani come www.vho.org e al revisionismo dell'11 Settembre che lo attribuisce a una congiura di sionisti e Cia. È il caso del fotografo e regista Massimo Mazzucco animatore da Los Angeles di luogocomune.net, ma anche del gruppo Faremondo di Bologna e della piemontese non profit Scholè futuro per l'educazione alla «sostenibilità sociale e ambientale», la cui sezione bolognese organizza seminari di controinformazione sull'11 settembre e l'Olocausto nel dopolavoro ferroviario. Ancora: l'emittente ambientalista pacifista Spazio Radio di Paolo Pioppi, direttore di Aginform, Foglio di corrispondenza comunista. In casa Moffa hanno voce gli ultra-marxisti fanatici del pamphlet La sinistra rivelata di Marino Badiale e Massimo Bontempelli, critici da sinistra del Manifesto e di Liberazione. Singolare la presenza di Caracciolo, già dirigente calabrese di Forza Italia in rotta col partito. Significativa la difesa di polemisti come Massimo Fini e avvocati d'assalto come Nino Marazzita, il radicale garantista Mauro Mellini e Augusto Sinagra, già legale dell'Ambasciata turca. Poi c'è il gruppo di Mutti, esegeta di Evola, e delle edizioni d'estrema destra: Sentinella d'Italia, La Sfinge, Il Settimo Sigillo, Sette colori, il Cavallo Alato. E i neofascisti di Nuovo Ordine Nazionale.
Il negazionismo non nega in toto la Shoah, ma contesta il numero dei morti, il disegno preordinato, la capacità di sterminio di camere a gas e forni crematori. C'è, infine, una vena di «libera ricerca», di studiosi controcorrente insediati in nicchie universitarie o extrauniversitarie pronti a usare taxi ideologici e Internet, la Rete mondiale trampolino di nicchie neofasciste e veteromarxiste e di lobby serbe, cubane, iraniane, e dell'anarchismo che si richiama a Noam Chomsky che ha scritto un'introduzione per Faurisson. Condivisa la critica di Mutti al «mito» dell'arma di distruzione di massa: la guerra contro Saddam poggerebbe su una mistificazione analoga al decreto di sterminio anti-ebraico di Hitler. Baghdad come Berlino. No all'Europa provincia dell'Imperium, sì al blocco eurasiatico alleato dell'Islam nella resistenza agli Usa. Mutti parafrasa Croce: «Non possiamo non dirci eurasiatici». Agnostico, invece, Carlo Mattogno: «Il revisionismo in Italia sono io». Vero. Lui è il capofila del negazionismo tecnico. «Per amore della verità mi sono trasformato in perito dei forni crematori». «Quel che è successo resta un orrore - chiosa Cardini -. Negazionisti come Mattogno mi appaiono monomaniaci. I sei milioni di ebrei morti non saranno passati uno per uno per il camino, ma i conti comunque non tornano. Queste idee sono un virus, per neutralizzarle vanno affrontate». Sala stampa, Milano, 11 Settembre 2008, se qualcuno ci sta.
«La Stampa» dell’11 luglio 2007
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