17 luglio 2007

Il ridicolo Consiglio dove il dittatore diventa arbitro dei diritti umani

L’organismo Onu sulle libertà civili ha premiato Bielorussia e Cuba e punito Israele
di Pierluigi Battista
Se c’era bisogno di una certificazione ufficiale, allora ci siamo, il momento è arrivato: il Consiglio per i diritti umani dell’Onu è un organismo, più che inutile, grottesco, illogico, dannoso. Come un consesso di dittatori che vigilano e deliberano sulla libertà altrui, come un aguzzino che parla a nome delle vittime. Come ha riferito Michele Farina sul Corriere della Sera qualche giorno fa, il sinedrio dei 47 Paesi membri del Consiglio, a larga maggioranza statutaria composta da Stati molto lontani dai normali standard democratici, ha promosso Cuba e Bielorussia, considerate pure e immacolate sul piano del rispetto dei diritti umani, decretando un regime di sorveglianza speciale per Israele. Come al solito. Un pugno di Paesi tiene in ostaggio le Nazioni Unite, genera rovesciamenti semantici che sembrano applicazioni letterali di quella «neo-lingua» descritta da George Orwell come tratto caratteristica del lessico totalitario, condanna e assolve a suo piacimento. Lo stesso Parlamento europeo, una ventina di giorni fa si è detto rammaricato «che taluni Paesi con situazioni problematiche nel campo dei diritti umani siano stati eletti». Ma ciò non ha impedito che la commissione voluta da Kofi Annan l’anno scorso (con la comprensibile e giustificata opposizione degli Stati Uniti e della stessa Israele) con il solo no del Canada abbia deliberato, con una decisione degna del «Dittatore dello Stato libero di Bananas» di Woody Allen, che a Cuba non esistono prigioni piene di dissidenti, in Bielorussia nemmeno a parlarne, e che l’unico problema sui diritti umani violati riguardi la democrazia israeliana. Stupisce semmai che il rappresentante italiano abbia solennemente dichiarato che «le nuove misure sono largamente positive anche se alcuni punti sono insoddisfacenti». Solo «insoddisfacenti»? O non si tratta piuttosto di misure catastroficamente ridicole? Del resto, la dichiarazione dei giorni scorsi è solo l’ultimo degli episodi che gettano il discredito su un’istituzione internazionale che dovrebbe pure avere a cuore un’immagine di serietà. Quando alla presidenza della precedente Commissione sui diritti umani venne nominata la Libia, era già abbastanza evidente che qualcosa non poteva funzionare se il capo dei giudici internazionali non poteva certo definirsi un campione nella difesa dei diritti umani fondamentali. Nei mesi scorsi, chiusa una Commissione priva di ogni legittimità morale per essere sostituita da un Consiglio in cui i Paesi democratici restano un’esigua minoranza, si accettò, da parte del solito organismo inutile e grottesco, di ostacolare una condanna alla Nigeria in cui si lapidano gli omosessuali lasciando anzi la possibilità al rappresentante nigeriano di giustificare quella odiosa pratica di Stato come il frutto di intangibili costumi locali. Sui massacri nel Darfur il Consiglio ha ripetutamente scelto la strada del silenzio e della minimizzazione. Ora rinnova i fasti delle Nazioni Unite che nel 1975 proclamarono a maggioranza che il sionismo dovesse nientemeno che considerarsi una forma di «razzismo», e perpetua il consueto linciaggio di Israele contestualmente all’assoluzione sommaria di Cuba e Bielorussia in cui i diritti umani sono calpestati clamorosamente, come attestano tutte le organizzazioni indipendenti con dovizia di dati e di cifre. Con l’aggravante che la retorica filo-Onu impone la passiva accettazione di un organismo che con il suo agire stravolge radicalmente le finalità stesse che ne sono alla base. Sarebbe davvero così pazzesco, estremistico, irragionevole se l’Italia decidesse di dissociarsi pubblicamente?
«Corriere della sera» del 25 giugno 2007

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