di Maurizio Schoepflin
Scrive monsignor Vincenzo Pelvi, vescovo ausiliare di Napoli, nella presentazione del libro di Francesco Asti, Dire Dio. Linguaggio sponsale e materno nella mistica medievale: «Lo stupore dei mistici afferrati e incantati dal Mistero affascina particolarmente il nostro tempo. La mistica sembra presentarsi oggi come "luogo" che avvicina lo studio speculativo del fatto religioso e la domanda di interesse sul trascendente». In effetti, la nostra epoca secolarizzata e relativista, che sembra sorda a molti richiami provenienti dall’universo religioso, risulta affascinata e per certi aspetti positivamente inquietata dalla dimensione misteriosa dell’Assoluto e dell’Invisibile, da quella dimensione, cioè, che più si collega con l’esperienza dei mistici, il cui linguaggio opera una suggestiva saldatura fra cielo e terra. Proprio questa straordinaria propensione della mistica a unire l’umano e il Divino, percorrendo vie tanto impervie quanto affascinanti, costituisce una delle sue maggiori attrattive: a Francesco Asti va il merito di aver saputo scandagliare le testimonianze di alcuni grandi mistici medievali, facendo perno sull’uso che essi fecero del linguaggio tipico della vita matrimoniale e dell’esperienza della maternità. I sette capitoli del libro sono dedicati a indagare l’esperienza mistica di altrettanti protagonisti della spiritualità del Medio Evo: San Bernardo, Gertrude di Helfta, Margherita d’Oingt, San Francesco, Santa Chiara, Angela da Foligno e Giuliana di Norwich. Sostiene Asti: «Nella storia del cristianesimo i contemplativi hanno dimostrato che la percezione spirituale del mistero è sempre mediata: Dio nel comunicarsi ha scelto la mediazione dei segni per giungere fino al cuore dell’uomo». Il ricorso alle metafore dello sposalizio e della maternità permette al mistico di dire che Dio è innanzitutto amore. Si legge ancora nella presentazione di monsignor Pelvi: «Come tradurre l’irruzione della presenza divina? La sua forza, il suo essere personale e originale, spinge i mistici a ricorrere alle espressioni più sorprendenti. Trattandosi di una conoscenza che unifica, i termini di paragone sono tratti dalle unioni umane più strette». Il mistico vive con Dio un rapporto trasformante e lo rende esplicito attraverso un linguaggio vicino al sentire quotidiano e alla parte sentimentale dell’uomo. Conclude Asti: «Solo gustando la salvezza nella dimensione temporale, tutto l’uomo si protende verso la sua patria originaria».
Francesco Asti, Dire Dio. Linguaggio sponsale e materno nella mistica medievale, Libreria Editrice Vaticana, pp. 368, € 22,00
«Avvenire» del 20 luglio 2007
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