di Franco Cordelli
La notizia, apparsa su tutta la stampa nazionale in poche righe, non è così irrilevante. Turbato dal fatto che solo il 6 per cento degli alunni avesse scelto all’esame di maturità il tema sull’XI canto del Paradiso, il ministro Giuseppe Fioroni ha dichiarato: «Chi è italiano non può dirsi tale se non ama e prova affetto per Dante». Forse il ministro ha le sue ragioni. Ma almeno quanto Dante, per tutt’altre ragioni, egli ama Roberto Benigni. Anche in questo caso, le ragioni non mancherebbero. La bravura e la simpatia di Benigni sono indiscutibili. Ma l’amore acceca. L’accordo preso con il comico dal ministro per una coproduzione, al fine di «fornire ai ragazzi delle scuole superiori il dvd con le letture di Dante» è una considerevole responsabilità. Le vere responsabilità civili e sociali, più che degli autori, sono dei cosiddetti critici; e poiché Benigni, come interprete di Dante, è precisamente questo, un critico, non ci si può non chiedere: come critico di Dante, Benigni è un buon critico? Ho avuto modo di esprimere il mio parere. Non lo è affatto. (Come non vedere in Vittorio Sermonti il vero modello contemporaneo della lectura Dantis?). Benigni è un interprete non solo modesto, ma fuorviante. Dante è un poeta serio e difficile. Non è con gli alleggerimenti, specialità di Benigni, che si dimostra l’amore, cioè un vero amore. La scelta del ministro ha un sapore agrodolce, di tipo populista. Il governo di centrosinistra non ha fatto che stigmatizzare come populista il precedente governo. Aveva ragione. Ma si comporta allo stesso modo. L’amore del ministro Fioroni per Dante, e poi per Benigni, è proprio questo, è un amore facile, un amore populista.
«Corriere della sera» del 7 luglio 2007
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