05 luglio 2007

Esercitare la mente protegge dall’Alzheimer

Lo studio fa crescere una «riserva» di energia che rallenta la degenerazione del cervello
di Massimo Piattelli Palmarini
Alla conferenza annuale dell’Accademia Americana di Neurologia, a Boston, una nutrita equipe di studiosi e clinici europei ha presentato ieri un dato importante e sorprendente che, in prospettiva, ci riguarda tutti. Detto molto succintamente, esercitare la mente per tutta la vita, massime quando si comincia a diventare anziani, protegge dalle malattie degenerative del sistema nervoso, soprattutto dall’Alzheimer, attualmente la più diffusa nel mondo. Comparando dati anatomici e funzionali raccolti su 300 pazienti con malattia di Alzheimer e 100 soggetti anziani che presentavano soltanto lievi disturbi di memoria, questi scienziati del San Raffaele di Milano, unitamente a colleghi di Colonia, Manchester, Liegi, Brescia e Firenze, hanno dimostrato differenze tra pazienti con alto livello di educazione ed elevata attività occupazionale durante la vita, rispetto a quelli con bassa educazione e basso livello occupazionale. In sintesi, i primi arrivano a presentare le caratteristiche cliniche di decadimento cognitivo tipico della demenza più tardi e soltanto quando la loro attività metabolica cerebrale si è significativamente ridotta. Lo stesso avviene per i soggetti con lievi deficit di memoria, dove la cosiddetta «riserva funzionale» offre anche un ritardo nella progressione verso la malattia di Alzheimer nei soggetti in qualche modo predestinati. Le misure sono state effettuate con una tecnica complessa e dispendiosa, ma oramai corrente nei migliori ospedali, chiamata tomografia ad emissione di positroni (in gergo PET). L’attività biochimica del cervello viene così visualizzata in tempo reale, in ogni dettaglio. Tale metodo ha fornito precisi dati sulle differenze tra individui nella capacità di fronteggiare gli effetti dell’invecchiamento. Come ben sappiamo, alcuni «invecchiano» meglio di altri, soprattutto per quanto riguarda le capacità cognitive. Alcune persone hanno miglior memoria, migliore ritenzione dei dettagli, migliori capacità decisionali ed esecutive, maggiore facilità di linguaggio. Un’ipotesi che cerca di spiegare queste differenze è la cosiddetta ipotesi della «riserva funzionale». Così me la spiega la professoressa Daniela Perani del San Raffaele, principale autrice di questo lavoro: «Il nostro cervello è una macchina con grandi possibilità plastiche, cioè con intrinseche capacità di aumentare le connessioni e lo specifico utilizzo dei vari sistemi neurali a seconda delle attività motorie o cognitive svolte. Ben sappiamo, ad esempio, che un pianista, un musicista, hanno un aumento delle connessioni nelle aree uditive e motorie del cervello». Quanto all’ipotesi, oggi confermata, che esista una «riserva funzionale», Perani la precisa dicendomi: «L’espressione significa proprio quello che dice, cioè che può formarsi nel nostro cervello una riserva, un potenziale di funzioni che può essere attivato e accresciuto durante tutto il corso della vita a partire dalla prima infanzia. La scuola, l’educazione, l’attività intellettuale e occupazionale, tutto potrebbe contribuire alla crescita della riserva, aumentando le connessioni tra i neuroni, le cosiddette sinapsi». Questa riserva può veramente proteggerci dall’invecchiamento e dalle malattie degenerative del cervello? La risposta, alla luce dei dati appena presentati è netta, e molto incoraggiante. Daniela Perani, infatti, aggiunge: «Ebbene sì, la riserva funzionale potrebbe costituire una potente barriera, un fattore limitante o ritardante. Il nostro studio multicentrico europeo che ha visto coinvolti cinque centri universitari che si dedicano allo studio delle demenze e dell’invecchiamento, inclusa l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, hanno dimostrato in vivo con tecniche all’avanguardia come la PET, la presenza di questa riserva funzionale. Questi sono dati biologici a conferma della presenza di una riserva funzionale costruita durante una vita mentalmente attiva». Aggiungo io, allora, precipitiamoci ad iscrivere lo zio, la nonna e noi stessi ai più avanzati corsi serali di logica e di filosofia. La scienza ci conferma che davvero non è mai troppo tardi.
«Corriere della sera» del 4 maggio 2007

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