16 dicembre 2009

Esultiamo, Dioniso è tornato: è un’orgia di idee e passioni

Offuscata a lungo dal mito progressista della modernità, finalmente una nuova energia percorre la società. Che fa esplodere sogni e emozioni
di Michel Maffesoli
Il prometeismo, proprio al mito progressista della modernità, ha marginalizzato la figura di Dioniso. Accecati dall’ideologia della produzione o, per riprendere un’espressione marxista, dal valore lavoro, abbiamo difficoltà a comprendere o semplicemente a vedere che è in corso un’inversione di polarità, che i valori dionisiaci hanno contaminato una buona parte della mentalità contemporanea.
Un piccolo richiamo semantico: forse ciò che chiamiamo, senza troppa coscienza, «societale», non è più il semplice sociale che aveva come motivo dominante la razionalità e per espressione la politica e l’economia, bensì un’altra maniera di essere insieme in cui l’immaginario, l’onirico e il ludico occupano un posto fondamentale.
Di conseguenza, non bisognerebbe forse avere un approccio ludico alla vita? Perché no, dal momento che è lo spirito del tempo a predisporci? Una provocazione? Certamente, se si fa appello all’etimologia del termine: «porre in primo piano, far uscire». Bisogna partecipare alla dinamica dell’epoca e apprezzare la socialità specifica che ne costituisce l’espressione. Di questo i guastafeste hanno paura. Poco importa, perché al di là dei giudizi morali, ciò che preoccupa uno spirito libero è la comprensione in profondità dell’etica dell’estetica in questione.
Bisogna quindi considerare seriamente il collante della socialità: l’orgia. Con tale termine non intendo un triviale eccesso sessuale a cui vorrebbe ridurla chi è ossessionato dalla miseria del mondo ma, al contrario, il fatto che, in certi momenti e attraverso delle reti sotterranee ma non meno vigorose, una innegabile energia percorre il corpo sociale.
È questa la vitalità inarrestabile che le élite, curiosamente, cercano di negare. Il gioco di passioni, l’importanza delle emozioni, la pregnanza dei sogni come collante collettivo: questa è l’orgia dionisiaca. Vale la pena ricordare che numerosi, fra i più grandi momenti culturali, riposano su un simile collante. Quando ciò avviene, serve a poco recitare il ruolo di cavalieri dalla trista figura o di poveracci servizievoli. Conviene, invece, assecondare l’andamento delle cose al fine di evitare qualsiasi perversione possibile. Adeguarsi allo spirito del tempo affinché esso possa dare il meglio di sé.
Certamente per il “vecchio” Marx le cose erano più sottili. L’opposizione meccanica tra struttura e sovrastruttura con prevalenza della prima, è entrata nella doxa comune. Si è data priorità all’economia, al lavoro e alla produttività. È su questo principio che si fonda il successo della modernità e il mito del Progresso ne è l’espressione più compiuta. Senza saperlo, senza volerlo, questa semplificazione marxista ha contaminato gli spiriti più avveduti.
In riferimento alla mutazione di cui si parlava, bisogna registrare anche in questo caso un’inversione di tendenza. Inversione che ci spinge a riconoscere come le grandi trasformazioni si compiono innanzitutto nella mentalità delle persone. O, per essere più precisi, sono proprio le mentalità a generare il cambiamento. Non si veda in questo un semplice paradosso ma si riconosca il fatto che un’altra logica si sta imponendo sulla scena. Un’antica logica - di nuovo l’oscillazione della storia - che rimette in primo piano la potenza dello spirito. Il successo della parola «immaginario» ne è la dimostrazione.
Qualche decennio fa erano rari i casi di coloro che, sulla scia dell’antropologo Gilbert Durand, avrebbero scommesso un kopeck sulle «strutture dell’immaginario». Ma come spesso accade, l’audacia teorica tende a istituzionalizzarsi e l’immaginario, oggi, si ritrova «in tutte le salse»: immaginario politico ed economico, immaginario dell’educazione, della moda e dei petits pois! Poco importa che delle sanguisughe trivializzino, mercifichino e falsifichino questa bell’idea. Significa, al contrario, che non possiamo più negare la potenza spirituale, il ritorno della cultura, la prevalenza dell’immateriale, la presenza dell’invisibile.
Quando i costumi liberi ed edonisti diventano pubblici, non bisogna esitare a riconoscerli, a presentarli e ad analizzarli. La leggerezza, la frivolezza e le apparenze esprimono la società. Questo può apparire contraddittorio con ciò che è ufficiale e istituzionalizzato. A meno che tutto ciò non sia, semplicemente, in anticipo rispetto alle analisi. Riprendendo Cocteau: «Quando un’opera sembra in anticipo rispetto alla sua epoca, allora l’epoca è in ritardo rispetto all’opera». Più precisamente, coloro che pretendono di rappresentare un’epoca sono in netto ritardo rispetto ad essa.
L’estetizzazione dell’esistenza, la diffusione capillare dell’arte nella vita quotidiana, l’attenzione posta al qualitativo, il rifiuto della produttività, la ribellione contro la devastazione degli spiriti; tutto questo si riassume nella figura emblematica di Dioniso.
In tutto questo è possibile rintracciare qualcosa di mondano, un attaccamento al mondo, un legame, nel bene e nel male, con questa terra, un gioire senza rimpianti e nostalgie, senza attendere malinconicamente un’altra terra.
Proprio rifiutando una simile mondanità, la modernità si è creata teorizzando la perdita delle radici. Questo ha condotto al famoso e reale disincanto del mondo di cui Max Weber ha elaborato con perizia la genealogia. Prospettiva Uranica se altre mai, poiché l’energia individuale e collettiva è rivolta verso il cielo. L’economia della salvezza, l’economia stricto sensu, la storia della salvezza, e la storia sicura di se stessa, si compiono nel primato assoluto del Politico. Al contrario, Dioniso è una divinità ctonia, autoctona, ed è intorno a tale figura che si sta facendo strada un ritorno alle radici. Un radicamento dinamico capace di mobilitare l’energia per vivere qui e ora. Un tale radicamento, di cui esistono numerose espressioni, consente di concepire un reale reincanto del mondo. Il gioco prende il posto del politico.
Conosciamo le tappe: romanticismo, surrealismo, design, ribellione della vita quotidiana. Passo dopo passo, ha preso forma un cambiamento di paradigma ormai difficile da ignorare. Lo spirito del produttivismo moderno lascia il passo ad un’atmosfera ludica. Alle istituzioni razionali, che conobbero il loro apogeo a cavallo tra XIX e XX secolo, succedono le tribù postmoderne, da considerare come causa ed effetto di una mutazione non più semplice sogno per gli happy few, ma realtà per la stragrande maggioranza.
«Il Giornale» del 14 dicembre 2009

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