L'aggressione a Berlusconi, la violazione della sacralità del corpo sovrano
di Filippo Ceccarelli
Un'icona che compendia i valori estetici e morali del comando berlusconiano
Nel tempo delle visioni a distanza, oltre che di corpi, la vita del potere si popola di indizi, simboli e presagi che evocano una realtà al tempo stesso tecnologica e arcaica. Così all'inizio di dicembre è stato messo in vendita sul web, per 13,5 euro, un bambolotto di Berlusconi completo di spilloni per un rito vudù.
E' arduo stabilire se qualche compratore ha operato in questo senso; né d'altra parte si saprà mai se domenica sera, a piazza del Duomo, ha funzionato o meno l'amuleto che sempre il Cavaliere aveva ricevuto in omaggio due giorni prima, a Bruxelles, dall'eurodeputato Rivellini: un classico cornetto anti-jella, però incorporato in una cravatta, "da toccare quando serve".
Non ce n'è stato il tempo. Ma forse quello che è accaduto per mano dello sciaguratissimo Tartaglia valica addirittura la soglia della tecno-magia per imporsi negli annali politici come un evento non del tutto inedito, però sintomatico del presente: la violazione della sacralità del corpo sovrano. O meglio: la profanazione del corpo che un sovrano come Berlusconi ha fin dall'inizio messo al centro della sua lunga avventura politica.
Un corpo che tra gesti, posture, scenette, abiti, accessori, diete, trucchi, jogging, lifting, trapianti, farmaci, elisir, svenimenti, autocelebrazioni virili, sogni di eterna giovinezza e perfino di immortalità, ecco, questo suo corpo così fermo e mutevole è finito per diventare un'icona che compendia i valori estetici e morali del comando berlusconiano. Si pensi alla cruda battuta sul sollievo arrecato al popolo dall'avere un leader "con le palle". O alla danza delle corna, quel vortice di giovani con il cappelletto della Protezione civile che su comando alzavano le mani inscenando il celebre gestaccio; e lui che al culmine denunciava addirittura un palpeggiamento ai suoi danni. O ancora si pensi alla scarlattina che sempre "scherzando", s'intende, il premier avrebbe avuto il potere e il piacere di attaccare al conduttore di Ballarò, Floris. Esempi degli ultimi 60 giorni.
A pensarci bene, anche poco prima dell'aggressione Berlusconi aveva messo in scena e santificato la speciale potenza del suo corpo, vantandosi di non sentire il freddo nel gelo della serata milanese. C'era infatti al suo fianco sul palco un intabarratissimo Formigoni: "Ma io sono più giovane - aveva proclamato il Cavaliere - perché a differenza di lui non porto la canottiera", e a questo punto si era aperto la camicia mostrando la pelle nuda.
Ecco. Ridotto di lì a poco una maschera di sangue, quel volto, quella carne battuta ispiravano sì ammirazione per il coraggio e anche umana pietà; ma al tempo stesso si sono offerte per la prima volta al pubblico come il più inconfessabile vincolo che la sacralità del potere mantiene tanto con la vita quanto con la violenza e la morte.
Possono sembrare fumisterie. Che oltretutto non spostano di un centimetro il giudizio sulla gravità dell'aggressione e ancora di più su quello che di peggio poteva accadere. Ma per chi pensa che la parola abbia ancora un senso è bene sapere che sul corpo di Berlusconi esiste una vasta e seria letteratura, materia di studio universitario, successi editoriali. Dall'accurato saggio del professor Federico Boni, Il superleader (Meltemi), alle profonde e suggestive elaborazioni sui leader tele-populisti di Vincenzo Susca e Derrick De Kerckhove in Tecno-magia (Apogeo), fino all'opera specifica di Marco Belpoliti, Il corpo del capo (Guanda).
Ebbene, nel blog Nazione indiana proprio Belpoliti ha scritto ieri, in qualche modo ancora a caldo, un prezioso articolo sul "corpo ferito del capo" in cui distingue i due momenti di quella serata. Nel primo Berlusconi, ricevuto il colpo, si china, si copre il viso, compie il gesto umano di chi cerca riparo e vacilla. Ma nel secondo momento "il Capo ritorna tale": e allora ferma l'auto, esce di nuovo, sale sul predellino, scivola, risale e si mostra alla folla. Vuol far vedere che è vivo, "ma vuole anche compiere un gesto di ostensione. Una sorta di Sacra Sindone al vivo: viva e sanguinolenta. Si mostra - osserva Belpoliti - perché è nell'ostensione che il suo potere esiste e prospera. Lo fa in modo istintivo, senza ripensamenti... Sfida il pericolo, si espone di nuovo, seppur dolorante, col sangue sul viso, atterrito ma vivo, allo sguardo dei fedeli perché questa è la natura stessa del patto che ha stretto con loro".
Il punto delicato della faccenda è che in una vita pubblica ormai priva di ideologie e narrazioni collettive, la sacralità del potere - indotta, mirata, spontanea o funzionale che sia - comunque si tira appresso la sua profanazione; così come la perenne ostensione del corpo di un sovrano che fa coincidere in sé ogni statuto e istituto ne "chiama implacabilmente la violazione".
A cosa porti tutto questo gioco di specchi, proiezioni e slittamenti è difficile dire. Ma certo, oltre al lancio folle di souvenir, la comparsa in simultanea della bambolina vudù e del talismano dell'eurodeputato non è che diano molta speranza, né più tanta allegria.
E' arduo stabilire se qualche compratore ha operato in questo senso; né d'altra parte si saprà mai se domenica sera, a piazza del Duomo, ha funzionato o meno l'amuleto che sempre il Cavaliere aveva ricevuto in omaggio due giorni prima, a Bruxelles, dall'eurodeputato Rivellini: un classico cornetto anti-jella, però incorporato in una cravatta, "da toccare quando serve".
Non ce n'è stato il tempo. Ma forse quello che è accaduto per mano dello sciaguratissimo Tartaglia valica addirittura la soglia della tecno-magia per imporsi negli annali politici come un evento non del tutto inedito, però sintomatico del presente: la violazione della sacralità del corpo sovrano. O meglio: la profanazione del corpo che un sovrano come Berlusconi ha fin dall'inizio messo al centro della sua lunga avventura politica.
Un corpo che tra gesti, posture, scenette, abiti, accessori, diete, trucchi, jogging, lifting, trapianti, farmaci, elisir, svenimenti, autocelebrazioni virili, sogni di eterna giovinezza e perfino di immortalità, ecco, questo suo corpo così fermo e mutevole è finito per diventare un'icona che compendia i valori estetici e morali del comando berlusconiano. Si pensi alla cruda battuta sul sollievo arrecato al popolo dall'avere un leader "con le palle". O alla danza delle corna, quel vortice di giovani con il cappelletto della Protezione civile che su comando alzavano le mani inscenando il celebre gestaccio; e lui che al culmine denunciava addirittura un palpeggiamento ai suoi danni. O ancora si pensi alla scarlattina che sempre "scherzando", s'intende, il premier avrebbe avuto il potere e il piacere di attaccare al conduttore di Ballarò, Floris. Esempi degli ultimi 60 giorni.
A pensarci bene, anche poco prima dell'aggressione Berlusconi aveva messo in scena e santificato la speciale potenza del suo corpo, vantandosi di non sentire il freddo nel gelo della serata milanese. C'era infatti al suo fianco sul palco un intabarratissimo Formigoni: "Ma io sono più giovane - aveva proclamato il Cavaliere - perché a differenza di lui non porto la canottiera", e a questo punto si era aperto la camicia mostrando la pelle nuda.
Ecco. Ridotto di lì a poco una maschera di sangue, quel volto, quella carne battuta ispiravano sì ammirazione per il coraggio e anche umana pietà; ma al tempo stesso si sono offerte per la prima volta al pubblico come il più inconfessabile vincolo che la sacralità del potere mantiene tanto con la vita quanto con la violenza e la morte.
Possono sembrare fumisterie. Che oltretutto non spostano di un centimetro il giudizio sulla gravità dell'aggressione e ancora di più su quello che di peggio poteva accadere. Ma per chi pensa che la parola abbia ancora un senso è bene sapere che sul corpo di Berlusconi esiste una vasta e seria letteratura, materia di studio universitario, successi editoriali. Dall'accurato saggio del professor Federico Boni, Il superleader (Meltemi), alle profonde e suggestive elaborazioni sui leader tele-populisti di Vincenzo Susca e Derrick De Kerckhove in Tecno-magia (Apogeo), fino all'opera specifica di Marco Belpoliti, Il corpo del capo (Guanda).
Ebbene, nel blog Nazione indiana proprio Belpoliti ha scritto ieri, in qualche modo ancora a caldo, un prezioso articolo sul "corpo ferito del capo" in cui distingue i due momenti di quella serata. Nel primo Berlusconi, ricevuto il colpo, si china, si copre il viso, compie il gesto umano di chi cerca riparo e vacilla. Ma nel secondo momento "il Capo ritorna tale": e allora ferma l'auto, esce di nuovo, sale sul predellino, scivola, risale e si mostra alla folla. Vuol far vedere che è vivo, "ma vuole anche compiere un gesto di ostensione. Una sorta di Sacra Sindone al vivo: viva e sanguinolenta. Si mostra - osserva Belpoliti - perché è nell'ostensione che il suo potere esiste e prospera. Lo fa in modo istintivo, senza ripensamenti... Sfida il pericolo, si espone di nuovo, seppur dolorante, col sangue sul viso, atterrito ma vivo, allo sguardo dei fedeli perché questa è la natura stessa del patto che ha stretto con loro".
Il punto delicato della faccenda è che in una vita pubblica ormai priva di ideologie e narrazioni collettive, la sacralità del potere - indotta, mirata, spontanea o funzionale che sia - comunque si tira appresso la sua profanazione; così come la perenne ostensione del corpo di un sovrano che fa coincidere in sé ogni statuto e istituto ne "chiama implacabilmente la violazione".
A cosa porti tutto questo gioco di specchi, proiezioni e slittamenti è difficile dire. Ma certo, oltre al lancio folle di souvenir, la comparsa in simultanea della bambolina vudù e del talismano dell'eurodeputato non è che diano molta speranza, né più tanta allegria.
«La Repubblica» del 15 diecembre 2009
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