Una meditazione sulla creazione e la natura della realtà, dalla Bibbia a Sant' Agostino, alle contraddizioni di oggi
di Raffaele La Capria
Il mistero di Dio e quello del Male ci permettono di sfuggire al Nulla Sant' Agostino Il padre della Chiesa si chiedeva che facesse il Creatore prima di dare origine al mondo
Che faceva Dio prima di creare il mondo? Se lo domandava anche Sant'Agostino. Ma quando si parla di Dio non si può usare la parola «prima», perché questa parola ha a che fare col tempo e quando si dice Dio si dice eterno, infinito. Si dice senza tempo e incollocabile nel tempo. E comunque se vuoi rispondere in termini umani a una domanda che non prevede termini umani, alza gli occhi al cielo in una notte stellata. «A che tante facelle?», ti domanderai. Le hai mai contate? Sono milioni, miliardi, sono infinite anch' esse come chi le accese. Se Dio creò il mondo in sette giorni, come dice la Bibbia, e se ci mise altrettanto per creare ogni stella, quelle che vediamo e quelle che non vediamo, infinito come le stelle sarebbe il suo creare. E dunque prima di creare il nostro mondo Dio faceva quel che fa ora, quel che sta da sempre facendo, perché Dio è eterna e continua creazione, e chissà cosa ci mise in ogni stella e cosa ora ci sta mettendo. Nella nostra mise la luce e la distinse dalle tenebre, ci mise il mare e i pesci, la terra gli animali e le piante, il cielo e gli uccelli, il sole, la luna e tutto il corteo dei pianeti che ci accompagna. Nelle altre stelle non possiamo neppure immaginare cosa ha messo, ma saranno cose mirabili come quelle che ha creato nel nostro mondo, mirabili come l'uomo che le contempla e ci ragiona, vedendo in esse la mano di Dio. Ecco, ora una stella cade e lascia dietro di sé una polverina luminosa nel cielo notturno e mentre questa cade un'altra chissà dove sta nascendo, perché la creazione non è mai compiuta e avviene di continuo, non si ferma mai. Se si fermasse ci sarebbe il Nulla e il Nulla è ciò che è impensabile, è il contrario di Dio che invece è pensabile, tant' è vero che io ora sto pensando. Se il nulla fosse pensabile sarebbe come cancellare l'esistenza del Dio Creatore e questo è impossibile perché la sua creazione è sotto gli occhi di tutti. Ecco, è questa la favola che mi sto raccontando, la favola in cui credo e che mi sostiene, la favola che ognuno si racconta secondo la propria fede. Ma a turbarla subentra un altro pensiero che suscita tremore e terrore: non siamo portati a pensare Dio un po' troppo a nostra immagine e somiglianza? A pensarlo come un Divino Artista che ha i nostri sentimenti di amore e giustizia? Ma se non fosse così? Se fosse soltanto terribile? Cioè quel Dio che ha creato la gazzella ma anche lo scorpione, ciò che chiamiamo Amore e ciò che chiamiamo Orrore, ciò che diciamo Buono e ciò che diciamo Cattivo. Ci ama questo Dio o siamo per lui come le formiche che spazziamo via con un gesto senza pensarci un momento? A volte sembra che ci ami, a volte no. È volubile questo Dio o è distratto? Ad Auschwitz certo era distratto, e non solo lì. Quante volte gira la testa da un' altra parte e non vede le cose atroci che accadono. Lo dissero anche i soldati romani a Cristo inchiodato sulla croce: dov' è il tuo Dio? Perché non viene a salvarti? E Cristo invano lo chiamò nell' agonia: padre, padre, perché mi hai abbandonato? Eli, Eli, lamma sabactani! Già, perché tante volte ci ha abbandonati nell' agonia? Glielo chiese anche Giobbe e non ebbe risposta. È lì il mistero, nel silenzio di Dio. Forse se Dio non risponde - mi dico a volte - è perché sta combattendo. Credi che per far crescere una pianta o il cervello di un uomo e i suoi nervi o un piccolo fiore dei campi di cui nessuno si accorgerà mai, non sia necessario il suo combattimento? «La forza che preme nel gambo e scoppia nel fiore» non è il Dio combattente della Creazione Continua? E la forza che piega quel fiore e lo fa appassire non è sempre Lui? E chi fa vivere le cellule che distruggono il corpo di una persona amata, non è sempre Lui? Creare può essere continua presenza ma anche continuo dolore, il Suo e il nostro. Il dolore dell'uomo o di un animale, il destino di un povero pollo di batteria o di un vitello portato innocente al macello fa parte della creazione. Ma fa parte della creazione che ogni creatura vivente per continuare a vivere debba uccidere un' altra creatura vivente, e mangiarla, masticarla, ridurla in poltiglia in un bolo disgustoso, ingerirla ed espellerla come escremento? Chi ha inventato tutto questo? E come mai tutto questo «si tiene» e non collassa? Non sprofonda nelle tenebre e nel gelo? Questo mi fa paura e mi sconcerta, è il contrario di quell' armonia che pur immagino e che tante volte mi è stato concesso di scoprire nelle cose create. Tutto questo mi trascende e forse è inevitabile mi dico, ma perché? Tutto questo non ha risposta. Ed è parte del mistero-che-non-ha-risposta l'intreccio inestricabile di bene e male che forse è implicito nella creazione, perché la forza che crea è la forza che distrugge ed entrambe forse sono necessarie alla vita. Ma a me questo non basta, perché se Dio fosse tutto questo, io mi sentirei un casuale accidente del creato. Nella realtà mi considero invece un uomo rispettoso del Suo mistero, ma una risposta la vorrei. E la vorrei non solo per me, ma anche per l' asino legato alla ruota del mulino, per il bue e per il maiale. Vorrei la risposta a questa domanda: la sofferenza e il dolore sono inutili? Non saranno registrati in nessun libro? Sono gratuiti? Sono per nulla? La risposta non può essere il Tuo silenzio. Perché allora la favola che mi raccontavo del Dio Vincente va in frantumi. E se la favola non resiste e la fede vacilla, chi mi sosterrà? No, forse è sbagliato tutto il mio modo di impostare la faccenda. Forse il mio modo è umano, troppo umano. Forse Dio è altro e io sono una particella minima di un ingranaggio inafferrabile. Come posso pretendere di capirlo, di superare lo scoglio su cui si sono imbattute tutte le religioni, se non so nemmeno io chi sono e che cosa potrei essere in determinate condizioni? È stato detto: non vale soltanto ciò che tu fai di te, ma è forse più importante ciò che tu fai di quel che è stato fatto di te. E se ciò che è stato fatto di me fosse di confrontarmi col silenzio di Dio? Dovrei assumermi questa responsabilità e comportarmi di conseguenza? Dovrei combattere insieme a Lui che sta combattendo anche per me, insieme al Dio della mia favola, al Dio Vincente della creazione? Ma chi, se non Lui, me ne darà la forza?
«Corriere della Sera» del 14 dicembre 2009
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