In America la chiamano Dante’s mania, e i giornali e i siti ne parlano continuamente
di Matteo Sacchi
Detto così un italiano potrebbe esserne subito contento. Potrebbe immaginarsi che chissà per quale motivo negli Stati Uniti sia tutto un fiorire di terzine, che dentro la metropolitana di New York sia tutto un «Quel color che viltà di fuor mi pinse/ veggendo il duca mio tornar in volta...».
Anzi, potrebbe essere subito pronto a lodare i lettori a stelle e strisce e sentirsi in dovere di partire con la solita filippica contro l’ignoranza sempre vituperata della terra «dove il sì suona».
Poi però si scopre che il Dante che tanto affascina grandi e piccini al di là dell’Atlantico è un po’ diverso dal nostro. Innanzitutto è un Dante per il quale ogni girone è una schermata. Si tratta di un videogioco la cui uscita mondiale è attesa per febbraio e di cui da oggi sarà disponibile un «demo» scaricabile e utilizzabile su una delle più comuni consolle di gioco. Ma in fondo, un videogioco sulle orme del nostro più grande poeta potrebbe anche non essere tanto male.
Peccato però che questo Dante non porti la corona di poeta laureato e non si sia perso in una selva oscura. Anzi, gira seminudo con sulle spalle una bella alabarda (che peraltro ricorda più quella di Goldrake che qualunque arnese da taglio usato nel Medioevo). E che fa di bello? Riflette sui destini delle umane genti una volta passato l’Acheronte oppure quando un «vasello snelletto e leggero» ci depone sulle spiagge del Purgatorio? No, il Dante americano è un crociato che, dopo aver affrontato in duello il «Tristo mietitore», e avergli rubato la falce, mena diavoli scendendo verso il fondo dell’Inferno accompagnato da un Virgilio nerboruto quasi quanto lui. Perché? Semplicemente perché mentre lui perdeva tempo a cucirsi sulla pelle una croce (pazienza se nemmeno i più pazzi dei crociati pazzi si siano mai sognati di fare una roba simile) la sua bella, che ovviamente si chiama Beatrice, è stata ammazzata, forse stuprata, e spedita con maleficio all’ultimo cerchio del regno di Lucifero.
E non ci sarebbe niente da dire sul gioco in sé, sui suoi spettacolari spruzzi di sangue, sulla sua eroina desnuda e un po’ porno, sul suo protagonista agli estrogeni digitali che quando non ammazza o sventra si fa il segno della croce. Playstation et similia ci hanno già abituato a tutto. Anzi, forse meglio questo di quei giochi in cui si rapinano i passanti per le strade di San Francisco e poi ci si ricarica di punti vita andando a letto con le puttane (salvo poi ucciderle per riprendersi i punti denaro).
Però, insomma, che ci fosse proprio bisogno di fare un oltraggio alla letteratura per creare un «ammazzatutti» del genere: beh, forse no. Anche perché di rispettare il Dante personaggio o il Dante autore non c’è proprio il minimo sforzo nonostante, pomposamente, i trailer di promozione e il merchandising del gioco recitino che si tratta di un omaggio ad un classico come l’Inferno di Dante.
C’è da dubitare però che il fiorentino, che aveva un bel caratterino, lo troverebbe davvero così «omaggiante». E non certo per le sue crudezze. Alighieri sapeva bene come si crea orrore a colpi di versi - «riprese ’l teschio misero co’denti,/ che furi a l’osso, come d’un can forti» - e non si tirava indietro di fronte alle parolacce: «Al fin de le sue parole il ladro/ le mani alzò con amendue le fiche,/ gridando: “Togli Dio, ch’a te le squadro!”».
Ma degli intenti della Commedia non resta proprio nulla. Nulla del senso morale, di quello allegorico. Il risultato è un fumettone giocabile che usa il nome Dante per suonare bene, ma che fa sembrare Trecento un documentario filologicamente perfetto, e forse un po’ troppo pedissequo, sulle guerre persiane e la battaglia delle Termopili. E lo stravolgimento dei personaggi è a volte gratuito come nel caso di Caronte trasformato in una barca vivente con i dannati che gli entrano in bocca. Roba che ha fatto accapponare la pelle anche a qualche esperto di videogiochi che ha letto qualche libro più degli altri.
Eppure ogni recriminazione è inutile: la campagna di lancio del gioco ha funzionato bene, anzi sono già annunciati anche dei seguiti, un fumetto e molto probabilmente un film d’animazione. E magari tra qualche anno si faticherà a convincere gli studenti che l’Alighieri non ha mai massacrato musulmani. Insomma: «Lasciate ogni speranza voi che non giocate».
Anzi, potrebbe essere subito pronto a lodare i lettori a stelle e strisce e sentirsi in dovere di partire con la solita filippica contro l’ignoranza sempre vituperata della terra «dove il sì suona».
Poi però si scopre che il Dante che tanto affascina grandi e piccini al di là dell’Atlantico è un po’ diverso dal nostro. Innanzitutto è un Dante per il quale ogni girone è una schermata. Si tratta di un videogioco la cui uscita mondiale è attesa per febbraio e di cui da oggi sarà disponibile un «demo» scaricabile e utilizzabile su una delle più comuni consolle di gioco. Ma in fondo, un videogioco sulle orme del nostro più grande poeta potrebbe anche non essere tanto male.
Peccato però che questo Dante non porti la corona di poeta laureato e non si sia perso in una selva oscura. Anzi, gira seminudo con sulle spalle una bella alabarda (che peraltro ricorda più quella di Goldrake che qualunque arnese da taglio usato nel Medioevo). E che fa di bello? Riflette sui destini delle umane genti una volta passato l’Acheronte oppure quando un «vasello snelletto e leggero» ci depone sulle spiagge del Purgatorio? No, il Dante americano è un crociato che, dopo aver affrontato in duello il «Tristo mietitore», e avergli rubato la falce, mena diavoli scendendo verso il fondo dell’Inferno accompagnato da un Virgilio nerboruto quasi quanto lui. Perché? Semplicemente perché mentre lui perdeva tempo a cucirsi sulla pelle una croce (pazienza se nemmeno i più pazzi dei crociati pazzi si siano mai sognati di fare una roba simile) la sua bella, che ovviamente si chiama Beatrice, è stata ammazzata, forse stuprata, e spedita con maleficio all’ultimo cerchio del regno di Lucifero.
E non ci sarebbe niente da dire sul gioco in sé, sui suoi spettacolari spruzzi di sangue, sulla sua eroina desnuda e un po’ porno, sul suo protagonista agli estrogeni digitali che quando non ammazza o sventra si fa il segno della croce. Playstation et similia ci hanno già abituato a tutto. Anzi, forse meglio questo di quei giochi in cui si rapinano i passanti per le strade di San Francisco e poi ci si ricarica di punti vita andando a letto con le puttane (salvo poi ucciderle per riprendersi i punti denaro).
Però, insomma, che ci fosse proprio bisogno di fare un oltraggio alla letteratura per creare un «ammazzatutti» del genere: beh, forse no. Anche perché di rispettare il Dante personaggio o il Dante autore non c’è proprio il minimo sforzo nonostante, pomposamente, i trailer di promozione e il merchandising del gioco recitino che si tratta di un omaggio ad un classico come l’Inferno di Dante.
C’è da dubitare però che il fiorentino, che aveva un bel caratterino, lo troverebbe davvero così «omaggiante». E non certo per le sue crudezze. Alighieri sapeva bene come si crea orrore a colpi di versi - «riprese ’l teschio misero co’denti,/ che furi a l’osso, come d’un can forti» - e non si tirava indietro di fronte alle parolacce: «Al fin de le sue parole il ladro/ le mani alzò con amendue le fiche,/ gridando: “Togli Dio, ch’a te le squadro!”».
Ma degli intenti della Commedia non resta proprio nulla. Nulla del senso morale, di quello allegorico. Il risultato è un fumettone giocabile che usa il nome Dante per suonare bene, ma che fa sembrare Trecento un documentario filologicamente perfetto, e forse un po’ troppo pedissequo, sulle guerre persiane e la battaglia delle Termopili. E lo stravolgimento dei personaggi è a volte gratuito come nel caso di Caronte trasformato in una barca vivente con i dannati che gli entrano in bocca. Roba che ha fatto accapponare la pelle anche a qualche esperto di videogiochi che ha letto qualche libro più degli altri.
Eppure ogni recriminazione è inutile: la campagna di lancio del gioco ha funzionato bene, anzi sono già annunciati anche dei seguiti, un fumetto e molto probabilmente un film d’animazione. E magari tra qualche anno si faticherà a convincere gli studenti che l’Alighieri non ha mai massacrato musulmani. Insomma: «Lasciate ogni speranza voi che non giocate».
«Il Giornale» del 24 dicembre 2009
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