di Giuliano Ferrara
Il regicidio, sia chiaro, è alla base della democrazia, Cromwell e la rivoluzione francese di quelle affermate, lo Czar di quelle abortite. I re, tranne che quello di Spagna, erano "Unti del Signore", e la loro eliminazione era la base del ritorno della sovranità dal cielo alla terra.[...]
Chiunque avesse un po’ di sensibilità lo avvertiva, ma intanto la campagna d’aggressione al Cavaliere continuava imperterrita, e ancora continua. Mentre sui siti internet gli innumerevoli inviti a completare l’opera di macelleria pongono l’urgenza d’interrogarsi su chi diavolo davvero siano i giovani d’oggi, i lamenti dei berluscofobici di rango fanno senso tanta è la doppiezza, tra un’ostentata solidarietà 'senza si e senza ma" e l’ansia di togliersi di dosso ogni responsabilità.
Marx nell'incipit a "Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte" scrive che: Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa.
Forse ricordando questo Concita de Gregorio scrive sull'Unità che: "Non ci sono precedenti: mai un premier in carica in questo paese era stato aggredito e ferito in piazza." Errore, evitabile semplicemente controllando in rete. La mattina del 7 aprile 1926 Mussolini esce dal palazzo del Campidoglio, dove ha inaugurato un congresso di chirurgia; una donna inglese, Violet Gibson, gli spara da distanza ravvicinata, ferendolo lievemente al naso. Non appena medicato Mussolini è già in grado di presenziare alla cerimonia d'insediamento del nuovo direttorio fascista e, il giorno dopo, prima di recarsi in Libia, commenta: «Le pallottole passano e Mussolini resta».
Il Berlusconi che avete visto ieri in piazza Duomo a Milano con la faccia inzuppata di sangue, il labbro spaccato e due denti spezzati è l’immagine perfetta di quello che gli aderenti al centrosinistra spesso non riescono a vedere di Silvio Berlusconi: che gli elettori del Cav. B. votino il Cav. B. perché il detto Cav. B. viene quasi quotidianamente trasformato in vittima dai suo carnefici non solo politici, che rinunciamo al ruolo (che fu vincente per Prodi) di avversari, ma anche mediatici/giudiziari.
Ora è un leader di partito, ora un direttore di un giornale, ora un magistrato. A volte un conduttore TV (di quella buona – Mc Luhan è il dimenticato). In molti non se ne accorgono, ma a molte persone che seguono quotidianamente la politica ogni giorno il Cav. B. appare soprattutto così. Un signore aggredito magari solo verbalmente da tutti i suoi nemici e alla fine più che degno di essere votato soprattutto in considerazione dei suoi avversari.
Poi c’è la storia della provocazione. Del fatto che Berlusconi è un istigatore. L’avrete sentito no? Bene: chiunque abbia giocato una volta in vita sua a calcio sa che anche qualora ci sia un avversario che ti provochi se tu reagisci il coglione, mica lui: sei tu anche se sei Zidane.
Quando Rosy Bindi dice serissima che "resta il fatto che tra gli artefici di questo clima c'è anche Berlusconi, non puo' sentirsi la vittima" e che è vero che "questo gesti vanno sempre condannati mai giustificati" ma è anche vero che "qualche volta pero' sono spiegabili", mi viene da pensare che i casi sono due (anche tenuto conto che R. B. di calcio non capisca nulla): potrebbe essere vera la valutazione sgarbiana del rapporto tra bellezza ed intelligenza nella Bindi, oppure nel PD ci sono molte persone che non solo sono scarsine in politica ma che non conoscono neppure il codice della strada. Spiegarsi con un esempio, diceva Flaviano non è gran che, ma a volte aiuta. Se di fronte a voi c’è una macchina che magari procede in maniera fastidiosa, frenando continuamente, giocando con le doppie frecce, insomma, se di fronte a voi c’è qualcuno in macchina che vi precede e che si trova in un tratto di strada dove è difficile superarlo, beh, lui può provocarvi quanto volete, ma se lo tamponate voi la colpa è vostra. A me una volta capitò un camion così: dopo capii che erano segnali dovuti alla cattiva strada che percorrevamo.
Non ci sarebbe molto da dire sulla follia del lanciatore di Duomi, se non fosse che si è colpiti (gioco di parole) dalla sua italianissima, sciagurata normalità. Ha mollato l'università, e lavora con papà. Detesta fisicamente Berlusconi, "ma senza avere mai fatto politica". Non c'è da stupirsi se ha un seguito maggiore di Grillo e Di Pietro, guadagnato in un gesto. In fondo don Tonino gli esami per entrare in Magistratura li ha dati.
Ma magari fosse stato un attivista, con un paio di idee forse avrebbe gridato: "Flat tax! Basta con il titolo di laurea! Eliminare gli ordini professionali! Fine dell'istruzione obbligatoria!", per i 50enni come me: ricordate che si voleva descolarizzare la società, a sinistra. Invece ora ci tocca sorbire il dibattito – e sottodibattiti annessi – se sia corretto o no sfasciare la dentatura del presidente del Consiglio con un souvenir in granito.
Chiunque avesse un po’ di sensibilità lo avvertiva, ma intanto la campagna d’aggressione al Cavaliere continuava imperterrita, e ancora continua. Mentre sui siti internet gli innumerevoli inviti a completare l’opera di macelleria pongono l’urgenza d’interrogarsi su chi diavolo davvero siano i giovani d’oggi, i lamenti dei berluscofobici di rango fanno senso tanta è la doppiezza, tra un’ostentata solidarietà 'senza si e senza ma" e l’ansia di togliersi di dosso ogni responsabilità.
Marx nell'incipit a "Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte" scrive che: Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per così dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa.
Forse ricordando questo Concita de Gregorio scrive sull'Unità che: "Non ci sono precedenti: mai un premier in carica in questo paese era stato aggredito e ferito in piazza." Errore, evitabile semplicemente controllando in rete. La mattina del 7 aprile 1926 Mussolini esce dal palazzo del Campidoglio, dove ha inaugurato un congresso di chirurgia; una donna inglese, Violet Gibson, gli spara da distanza ravvicinata, ferendolo lievemente al naso. Non appena medicato Mussolini è già in grado di presenziare alla cerimonia d'insediamento del nuovo direttorio fascista e, il giorno dopo, prima di recarsi in Libia, commenta: «Le pallottole passano e Mussolini resta».
Il Berlusconi che avete visto ieri in piazza Duomo a Milano con la faccia inzuppata di sangue, il labbro spaccato e due denti spezzati è l’immagine perfetta di quello che gli aderenti al centrosinistra spesso non riescono a vedere di Silvio Berlusconi: che gli elettori del Cav. B. votino il Cav. B. perché il detto Cav. B. viene quasi quotidianamente trasformato in vittima dai suo carnefici non solo politici, che rinunciamo al ruolo (che fu vincente per Prodi) di avversari, ma anche mediatici/giudiziari.
Ora è un leader di partito, ora un direttore di un giornale, ora un magistrato. A volte un conduttore TV (di quella buona – Mc Luhan è il dimenticato). In molti non se ne accorgono, ma a molte persone che seguono quotidianamente la politica ogni giorno il Cav. B. appare soprattutto così. Un signore aggredito magari solo verbalmente da tutti i suoi nemici e alla fine più che degno di essere votato soprattutto in considerazione dei suoi avversari.
Poi c’è la storia della provocazione. Del fatto che Berlusconi è un istigatore. L’avrete sentito no? Bene: chiunque abbia giocato una volta in vita sua a calcio sa che anche qualora ci sia un avversario che ti provochi se tu reagisci il coglione, mica lui: sei tu anche se sei Zidane.
Quando Rosy Bindi dice serissima che "resta il fatto che tra gli artefici di questo clima c'è anche Berlusconi, non puo' sentirsi la vittima" e che è vero che "questo gesti vanno sempre condannati mai giustificati" ma è anche vero che "qualche volta pero' sono spiegabili", mi viene da pensare che i casi sono due (anche tenuto conto che R. B. di calcio non capisca nulla): potrebbe essere vera la valutazione sgarbiana del rapporto tra bellezza ed intelligenza nella Bindi, oppure nel PD ci sono molte persone che non solo sono scarsine in politica ma che non conoscono neppure il codice della strada. Spiegarsi con un esempio, diceva Flaviano non è gran che, ma a volte aiuta. Se di fronte a voi c’è una macchina che magari procede in maniera fastidiosa, frenando continuamente, giocando con le doppie frecce, insomma, se di fronte a voi c’è qualcuno in macchina che vi precede e che si trova in un tratto di strada dove è difficile superarlo, beh, lui può provocarvi quanto volete, ma se lo tamponate voi la colpa è vostra. A me una volta capitò un camion così: dopo capii che erano segnali dovuti alla cattiva strada che percorrevamo.
Non ci sarebbe molto da dire sulla follia del lanciatore di Duomi, se non fosse che si è colpiti (gioco di parole) dalla sua italianissima, sciagurata normalità. Ha mollato l'università, e lavora con papà. Detesta fisicamente Berlusconi, "ma senza avere mai fatto politica". Non c'è da stupirsi se ha un seguito maggiore di Grillo e Di Pietro, guadagnato in un gesto. In fondo don Tonino gli esami per entrare in Magistratura li ha dati.
Ma magari fosse stato un attivista, con un paio di idee forse avrebbe gridato: "Flat tax! Basta con il titolo di laurea! Eliminare gli ordini professionali! Fine dell'istruzione obbligatoria!", per i 50enni come me: ricordate che si voleva descolarizzare la società, a sinistra. Invece ora ci tocca sorbire il dibattito – e sottodibattiti annessi – se sia corretto o no sfasciare la dentatura del presidente del Consiglio con un souvenir in granito.
«Il Foglio» del 14 dicembre 2009
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