13 dicembre 2009

La psicologa: un'ora al giorno, non prima di dormire

di Ilario Lombardo
Elisabetta Scala, pedagogista, coordinatrice nazionale del Moige ( Movimento italiano genitori ) e responsabile dell’Osservatorio sui media, 40 anni e 4 figli, con i videogiochi ha imparato a conviverci anzitutti per il suo ruolo di mamma. «Basta fissare delle regole», è la sua convinzione. E i primi ad averne assaggiato il decalogo ferreo sono stati proprio i suoi bambini, due maschi e due femmine. «Da noi, la regola principale è che si gioca ai videogiochi solo nel week-end».
Ci sono consigli pratici che date come associazione dei genitori?
«Limitare l’orario. Perché un’eccessiva esposizione incide sul bambino e sulla sua vita sociale: causa una perdita di concentrazione e può portare all’isolamento. Un’ora al giorno è più che sufficiente, meglio se spezzata in due mezz’ore. Poi durante la giornata ci sono momenti off- limits : evitare di giocare prima di andare a scuola, perché il ragazzo arriverebbe in aula distratto, e la sera prima di andare a dormire, perché compromette il sonno e il riposo».
L’accusa più frequente rivolta ai videogiochi è l’eccesso di violenza. Esiste davvero il rischio di emulazione?
«Il rischio c’è, soprattutto per i bambini più eccitabili o già predisposti. La sovraesposizione ad azioni virtuali cruente può confondere la dimensione del gioco con quella della realtà e può portare a compiere atti violenti come se si stesse ancora giocando. Il Moige è la prima associazione dei genitori entrata nella commissione del Pegi, che stabilisce l’età adeguata al prodotto. È una supervisione sui contenuti compiuta con le aziende più sensibili. Abbiamo anche fatto una campagna d’informazione, portando il teatro dei burattini nelle scuole per spiegare con uno strumento antico come usarne uno moderno».
Oggi si parla di edutainment: imparare giocando ai videogames che mettono in moto strategie cognitive. Cosa pensa della loro sperimentazione nelle aule accanto ai tradizionali libri?
«Ci sono studi interessanti. E ben vengano quei giochi educativi che tolgono spazio ai più violenti. È vero che mettono in funzione le connessioni celebrali, ma è solo un ambito dell’intelligenza. Mentre in fase evolutiva è fondamentale che il bambino sviluppi l’intelligenza emotiva, relazionale e psico-motoria. Il videogioco, invece, è opposto al movimento. A parte i soliti eccessi americani, comunque fa piacere che si scovino nuove tecniche di apprendimento. Dobbiamo cercare nuovi stimoli anche perché è innegabile che gli insegnanti abbiano difficoltà a trovare mezzi comunicativi per superare la noia degli allievi. Però li affiancherei sempre ai libri. La lettura insegna il linguaggio e lascia spazio alla fantasia. Stimola la creatività. Cosa che non fanno le immagini prestabilite del videogioco».
Cosa devono fare i genitori?
«Non demonizzare i videogames, perché non possiamo tenere i ragazzi fuori dal loro mondo, che è tecnologico. Ma evitare l’abuso e utilizzare il sistema di classificazione per orientarsi nella scelta del videogioco a seconda dell’età dei figli. Poi tenere la console sotto controllo, in soggiorno, e giocare con loro».
Lei lo fa?
«Sì, mi diverte Buzz, il gioco a quiz musicali. Unisce tutta la famiglia».
«Avvenire» del 13 dicembre 2009

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