11 novembre 2009

Londra ci ripensa: più spazio al latino

Dopo decenni di abbandono dello studio della «lingua inutile», il governo britannico si è reso conto che invece aiuta a comprendere ogni idioma: così entro due anni 60 scuole elementari lo reintrodurranno
di Elisabetta Del Soldato
Se l’attrazione nei confronti dell’Antica Roma non è mai tramontata tra gli scolari del Regno Unito, lo studio della lingua latina ha certamente visto tempi migliori al punto che l’insegnamento di questa lingua è quasi scomparso dal curriculum nazionale per dare spazio a lingue moderne considerate 'più utili' come il francesce, lo spagnolo e il tedesco e più recentemente il mandarino e l’arabo.
Ora però il latino sta tornando alla ribalta e a partire dal prossimo anno sarà insegnato in almeno sessanta scuole statali. Lo ha stabilito il ministero dell’Infanzia, scuola e famiglia nell’ambito di un progetto il cui scopo è quello di rendere, entro il 2011, le lingue straniere obbligatorie già dall’età di sette anni. «Finalmente – ci dice il professore di Storia antica Alan K. Bowman, della facoltà di Studi classici dell’Università di Oxford – il governo ha capito che senza le giuste fondamenta le case crollano. Il latino è essenziale per capire la struttura di una lingua. Purtroppo in Gran Bretagna lo studio della grammatica, quella inglese intendo, è stato abolito nelle scuole molto tempo fa, già dagli anni Settanta, e da allora i ragazzi hanno perso la capacità di ordinare le parole, riconoscere le forme verbali, le concordanze e i generi. È ovvio che oggi, messi di fronte all’apprendimento di una lingua straniera, sono in difficoltà».
È d’accordo la baronessa O’Cathain, che da anni si batte affinché nella lista dei corsi di lingue straniere offerti ai membri della Camera dei Lord venga inserito anche il latino. «È un arricchimento – spiega – perché ci permette di capire più a fondo la nostra storia culturale e spirituale. Ci permette, per esempio, di leggere in lingua originale testi considerati pietre miliari della letteratura e filosofia occidentali».
Peter Downes, che dirige il progetto promosso oltre che dal ministero dell’Infanzia, scuola e famiglia anche dal sindacato dei presidi e dalla Esmèe Fairnbairn Foundation , ha chiesto espressamente che il latino venga incluso in tutte le scuole, in quanto fornisce agli insegnanti un metodo efficace per far imparare ai bambini la struttura di una lingua oltre ad avere, spiega, «molti legami interdisciplinari con lo studio della storia e delle civiltà».
Il progetto ha fatto tirare un sospiro di sollievo a quei professori, sempre più rari , che pensavano di avere una carriera segnata da una fine imminente. Meno del quindici per cento delle scuole statali del Regno Unito attualmente insegnano il latino e il numero di insegnanti qualificati sta crollando a picco. Ogni anno sono trentacinque i professori di latino che vengono chiamati a fare il tirocinio ma ogni anno più di sessanta lasciano la professione. «L’insegnamento nelle scuole di questa lingua – continua il professor Bowman – è in declino da anni, al punto che fino a oggi temevamo che nei giro di una decade sarebbe scomparsa definitivamente dal curriculum. Purtroppo qui, ma anche altrove nel Vecchio continente, questa lingua classica ha da anni la reputazione di essere una lingua morta, inutile o d’élite. Non è così, metodi di insegnamento adottati da alcune scuole statali, come quello di insegnare attraverso l’uso di fumetti per esempio, si sono dimostrati non solo produttivi ma anche divertenti ed estremamente coinvolgenti. È inoltre interessante notare come nelle zone meno agiate i ragazzi si sentano particolarmente attratti a questa materia, come se conferisse loro una sorta di orgoglio o dignità». Qui a Oxford, continua il professore, «il latino è sempre stata una materia importante, ma è nelle scuole primarie e secondarie che deve diventare più accessibile. Fino a oggi le maturità con il latino sono tra le più difficili ed è per questo che molti dei ragazzi dotati per le lingue alla fine scelgono di portare il francese». Anche Mary Beard, professore di Studi classici all’Università di Cambridge, si dice entuasiasta del progetto del governo: «Il latino è un nuovo mondo culturale che si apre davanti agli occhi dei bambini e, anche se questi non vanno avanti a leggere Virgilio, possono sempre trarne piacere e benefici».
«Avvenire» dell'11 novembre 2009

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