di Carlo Carena
A centocinquant’anni dalle due più note edizioni del suo Lexicon totius Latinitatis la storia del prete Egidio Forcellini di Alano di Piave è tutta da raccontare. Egli uscì da quel borgo nel Bellunese, ov’era nato nel 1688, per entrare giovanissimo nel Seminario di Padova, allora fucina di studi e di attività editoriali. Individuate dai superiori le sue doti, al termine degli studi gli fu imposta l’incombenza di redigere un nuovo dizionario latino. Il vecchio Calepino aveva due secoli e sebbene le ristampe si succedessero continuamente, anche nella tipografia del Seminario, i suoi anni li mostrava tutti. Affidatagli dunque la revisione di quel celeberrimo relitto, come ci narra il Forcellini stesso nella Prefazione al suo Lessico , e iniziato il lavoro il 31 marzo del 1715, quattro anni dopo egli si persuase ch’era impresa vana tentarne una semplice riedizione, tanta era la necessaria mole di correzioni, mutamenti e aggiunte. Per cui, meglio cominciare tutto da capo.
Perciò verso la fine del 1728, con l’approvazione del suo vescovo, iniziava la nuova impresa. In tre anni giunse a metà della lettera A, quand’ecco il nuovo presule ordinava la sospensione del lavoro e lo allontanava dal Seminario. Don Egidio chiuse gli scartafacci e fu accolto nella vicina diocesi di Ceneda, tra Feltre e Aquileia. Lì insegnò per sette anni retorica, finché subentrato a Padova un altro vescovo ancora, vi fu richiamato e rimise mano l lavoro interrotto. Della vicenda rimane una traccia alla voce Comitor del dizionario: «Quest’opera, interrotta per destino avverso nell’agosto del 1724, fu ripresa il 13 aprile del 1731».
Da allora «progredii strenuamente» fino all’anno 1742, e da qui più lentamente per essergli stato affidato anche l’incarico di confessore dei chierici. Così per altri nove anni; nel 1751 il lavoro riprende a tempo pieno. Don Egidio si alzava all’alba, scendeva a celebrare la messa, risaliva nella sua stanza e scompariva fino alla mattina seguente. Il 21 febbraio del 1753, « favente Deo », è alla fine e incomincia la rilettura, altri due anni. Dopo di che, sessantacinquenne, affida i dodici volumi del manoscritto a uno scrivano, il quale impiega otto anni a metterlo in bella copia; e quando si sente ormai troppo vecchio chiede congedo al vescovo e riparte diritto diritto, preso da nostalgia, alla volta del paese natale.
Lì quietamente e oscuramente com’era sempre vissuto, ma ormai unice aeternarum rerum sollicitus , pensando solo all’aldilà, morì ottantenne, nel 1768. Sul suo sepolcro nella chiesa di Alano fu scritto semplicemente, e ovviamente in latino: Qui riposa il sacerdote Egidio Forcellini, morto il 5 aprile del 1768 a 79 anni e 8 mesi . Non vide nemmeno apparire il frutto di tante fatiche. Il suo Lexicon uscirà a Padova tre anni dopo in quattro volumi in-folio; doveva portare il titolo (in latino) Lessico di tutta la latinità elaborato nel Seminario di Padova a cura e ad opera di Egidio Forcellini, ma il suo superiore d’un tempo, Giacomo Facciolati, che l’aveva messo al lavoro e che era ancora vivo, impose quest’altra formula: Lessico di tutta la latinità elaborato su consiglio e a cura di Giacomo Facciolati, e per opera e diligenza di Egidio Forcellini… Ma tant’è. Il 'Forcellini' iniziava per conto suo una fortunata carriera. Le ristampe si susseguirono, e due aggiornamenti fondamentali si accavallarono con febbrile concorrenza editoriale quasi contemporaneamente a Padova e a Prato nel 1859-60. Don Egidio ha una mano paziente verso chi lo consulta, un volto non intimidente, un’impronta benevola: la stessa certo con cui accompagnò i suoi seminaristi padovani e con cui poi si chinò sui figli dei compaesani fra i quali negli ultimi anni era tornato e ai quali insegnava il catechismo.
Perciò verso la fine del 1728, con l’approvazione del suo vescovo, iniziava la nuova impresa. In tre anni giunse a metà della lettera A, quand’ecco il nuovo presule ordinava la sospensione del lavoro e lo allontanava dal Seminario. Don Egidio chiuse gli scartafacci e fu accolto nella vicina diocesi di Ceneda, tra Feltre e Aquileia. Lì insegnò per sette anni retorica, finché subentrato a Padova un altro vescovo ancora, vi fu richiamato e rimise mano l lavoro interrotto. Della vicenda rimane una traccia alla voce Comitor del dizionario: «Quest’opera, interrotta per destino avverso nell’agosto del 1724, fu ripresa il 13 aprile del 1731».
Da allora «progredii strenuamente» fino all’anno 1742, e da qui più lentamente per essergli stato affidato anche l’incarico di confessore dei chierici. Così per altri nove anni; nel 1751 il lavoro riprende a tempo pieno. Don Egidio si alzava all’alba, scendeva a celebrare la messa, risaliva nella sua stanza e scompariva fino alla mattina seguente. Il 21 febbraio del 1753, « favente Deo », è alla fine e incomincia la rilettura, altri due anni. Dopo di che, sessantacinquenne, affida i dodici volumi del manoscritto a uno scrivano, il quale impiega otto anni a metterlo in bella copia; e quando si sente ormai troppo vecchio chiede congedo al vescovo e riparte diritto diritto, preso da nostalgia, alla volta del paese natale.
Lì quietamente e oscuramente com’era sempre vissuto, ma ormai unice aeternarum rerum sollicitus , pensando solo all’aldilà, morì ottantenne, nel 1768. Sul suo sepolcro nella chiesa di Alano fu scritto semplicemente, e ovviamente in latino: Qui riposa il sacerdote Egidio Forcellini, morto il 5 aprile del 1768 a 79 anni e 8 mesi . Non vide nemmeno apparire il frutto di tante fatiche. Il suo Lexicon uscirà a Padova tre anni dopo in quattro volumi in-folio; doveva portare il titolo (in latino) Lessico di tutta la latinità elaborato nel Seminario di Padova a cura e ad opera di Egidio Forcellini, ma il suo superiore d’un tempo, Giacomo Facciolati, che l’aveva messo al lavoro e che era ancora vivo, impose quest’altra formula: Lessico di tutta la latinità elaborato su consiglio e a cura di Giacomo Facciolati, e per opera e diligenza di Egidio Forcellini… Ma tant’è. Il 'Forcellini' iniziava per conto suo una fortunata carriera. Le ristampe si susseguirono, e due aggiornamenti fondamentali si accavallarono con febbrile concorrenza editoriale quasi contemporaneamente a Padova e a Prato nel 1859-60. Don Egidio ha una mano paziente verso chi lo consulta, un volto non intimidente, un’impronta benevola: la stessa certo con cui accompagnò i suoi seminaristi padovani e con cui poi si chinò sui figli dei compaesani fra i quali negli ultimi anni era tornato e ai quali insegnava il catechismo.
«Avvenire» del 15 novembre 2009
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