di Piero Macrì
Nonostante le minacce reiterate da parte di Murdoch e le diffuse contestazioni da parte di gran parte degli editori, questi ultimii sanno benissimo che non possono fare a meno di un meccanismo quale quello fornito dai motori di ricerca o dagli aggregatori di notizie in stile Google News o Newsnow.
Perché? Per un semplice fatto. Per riuscire a ottenere un alto numero di lettori i quotidiani online non possono fare affidamento solo ed esclusivamente nel pubblico che visita direttamente il proprio sito. Sarebbe come riprodurre in rete il vecchio modello di fruizione e acquisizione dell'informazione, attraverso il quale ciascuno si reca in edicola e acquista il proprio quotidiano preferito.
Se si riproducesse in rete questa logica il numero dei lettori sarebbe incoerente con il sistema con cui è parametrato l'investimento pubblicitario su Web. Attualmente si calcola infatti che i ricavi pubblicitari corrispondano a una cifra variabile tra i 10 e i 25 centesimi per utente unico al mese, una cifra che per garantire una minima sostenibilità economica deve potere contare su un traffico il più elevato possibile.
Ciò significa che se il traffico di un sito non fosse alimentato da fonti esterne, l'audience complessivo non sarebbe superiore a quello del giornale stesso, il che vorrebbe dire diminuire drasticamente il valore e le potenzialità di crescita del numero dei lettori. La logica del link è quindi indispensabile ed è funzionale al consumo delle notizie via web.
Al di là delle minacce quello a cui si tende, in realtà, è un sistema di compensazione, ovvero che i ricavi ottenuti da Google, aggregatori o succedanei, preveda una quota da girare a colui che ha prodotto e pubblicato quella notizia.
Si dovrebbe in qualche modo ri-considerare il vecchio sistema di distribuzione dei giornali e adattarlo al web. Nel sistema tradizionale l'editore sostiene un costo di distribuzione, riconosce un compenso al proprietario del punto vendita e riceve una contribuzione da parte del lettore. In una logica di rete distribuzione e vendita sono ruoli svolti dal sistema di aggregazione delle notizie. Paradossalmente, quindi, sarebbe l'editore che dovrebbe pagare il sistema di agggregazione, poiché quest'ultimo esercita una distribuzione, al pari di un'edicola, ed è in qualche modo responsabile della creazione del traffico sui siti dei quotidiani e, in generale, sui siti di informazione. Ma poiché l'attività è esercitata a fini di lucro, ovvero l'aggregatore di notizie ha l'obiettivo di guadagnare dalla pubblicità che riesce a convogliare sul proprio sito, e la materia prima che consente questo guadagno sono notizie prodotte da altri soggetti, a questo punto la situazione si capovolge. E' l'aggregatore di notizie che deve corrispondere una percentuale dei propri ricavi a colui che quelle notizie le ha create.
Quello appena esposto è un ragionamento che può valere sia in assenza o in presenza di un pagamento per la fruizione delle notizie. Si tratta “soltanto” di regolarizzare il ruolo in rete esercitato da operatori di natura diversa, ciascuno dei quali ha una sua importanza e rilevanza.
Perché? Per un semplice fatto. Per riuscire a ottenere un alto numero di lettori i quotidiani online non possono fare affidamento solo ed esclusivamente nel pubblico che visita direttamente il proprio sito. Sarebbe come riprodurre in rete il vecchio modello di fruizione e acquisizione dell'informazione, attraverso il quale ciascuno si reca in edicola e acquista il proprio quotidiano preferito.
Se si riproducesse in rete questa logica il numero dei lettori sarebbe incoerente con il sistema con cui è parametrato l'investimento pubblicitario su Web. Attualmente si calcola infatti che i ricavi pubblicitari corrispondano a una cifra variabile tra i 10 e i 25 centesimi per utente unico al mese, una cifra che per garantire una minima sostenibilità economica deve potere contare su un traffico il più elevato possibile.
Ciò significa che se il traffico di un sito non fosse alimentato da fonti esterne, l'audience complessivo non sarebbe superiore a quello del giornale stesso, il che vorrebbe dire diminuire drasticamente il valore e le potenzialità di crescita del numero dei lettori. La logica del link è quindi indispensabile ed è funzionale al consumo delle notizie via web.
Al di là delle minacce quello a cui si tende, in realtà, è un sistema di compensazione, ovvero che i ricavi ottenuti da Google, aggregatori o succedanei, preveda una quota da girare a colui che ha prodotto e pubblicato quella notizia.
Si dovrebbe in qualche modo ri-considerare il vecchio sistema di distribuzione dei giornali e adattarlo al web. Nel sistema tradizionale l'editore sostiene un costo di distribuzione, riconosce un compenso al proprietario del punto vendita e riceve una contribuzione da parte del lettore. In una logica di rete distribuzione e vendita sono ruoli svolti dal sistema di aggregazione delle notizie. Paradossalmente, quindi, sarebbe l'editore che dovrebbe pagare il sistema di agggregazione, poiché quest'ultimo esercita una distribuzione, al pari di un'edicola, ed è in qualche modo responsabile della creazione del traffico sui siti dei quotidiani e, in generale, sui siti di informazione. Ma poiché l'attività è esercitata a fini di lucro, ovvero l'aggregatore di notizie ha l'obiettivo di guadagnare dalla pubblicità che riesce a convogliare sul proprio sito, e la materia prima che consente questo guadagno sono notizie prodotte da altri soggetti, a questo punto la situazione si capovolge. E' l'aggregatore di notizie che deve corrispondere una percentuale dei propri ricavi a colui che quelle notizie le ha create.
Quello appena esposto è un ragionamento che può valere sia in assenza o in presenza di un pagamento per la fruizione delle notizie. Si tratta “soltanto” di regolarizzare il ruolo in rete esercitato da operatori di natura diversa, ciascuno dei quali ha una sua importanza e rilevanza.
«Osservatorio europeo di giornalismo» dell'11 novembre 2009
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