Azzardo di un'agenzia ONU
di Elio Maraone
Il mondo, in parte, è detestabile perché è sordamente uguale a se stesso, ovvero ancorato a pregiudizi irremovibili, a princìpi culturali, nel fondo, antropofagi. Per esempio, e mentre si è appena sopito - grazie anche all’eticamente e scientificamente indiscutibile intervento alla Fao di Benedetto XVI – l’apocalittico allarme sulle risorse alimentari della Terra, ecco che, in vista del Vertice sul clima di Copenaghen, tornano a farsi sentire gli alfieri di una corrente mai morta del pensiero che risale a Thomas Malthus (Saggio sul principio della popolazione, 1798) e che, semplificando, può essere riassunto nel motto: 'Siamo troppi sul Pianeta, diamoci un taglio'. Si sperava che le teorie malthusiane meritassero e definitivamente meritino la liquidazione invocata tra i primi da Karl Marx (con un perentorio «stupidaggini infantili»), macchè.
Il Rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) sostiene che (usiamo le parole di Le Monde in prima pagina) «occorre con urgenza aiutare le donne a fare meno figli per lottare contro il pericolo climatico ». giacché, secondo quel rapporto, «la natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo sarebbe uno dei principali motori di riscaldamento e uno dei primi rischi di questo». Come a dire, e sintetizzando: meno nascite nei Paesi poveri vuol dire meno emissioni di anidride carbonica, dunque meno rischi per il clima. Insomma , per ragioni ideologiche e molto probabilmente pratiche (come la ricerca di nuovi finanziamenti per la pianificazione familiare nei Paesi in via di sviluppo dopo il disimpegno economico di molti, a cominciare dagli Stati Uniti), l’Unfpa tenta di introdurre nel dibattito la questione demografica, praticamente assente sia dai rapporti dei gruppi intergovernativi d’esperti sull’evoluzione del clima (Giec) sia dalle correnti trattative internazionali in materia. La vicenda potrebbe magari apparire secondaria quando, e dopo l’allarmismo degli anni Sessanta, gli esperti oggi convengono che la cosiddetta bomba demografica non è esplosa e non esploderà. Ma per questo non è da sottovalutare l’impegno, diremmo l’ossessione, anche con un implicito contenuto razzistico, con i quali alcuni movimenti e organizzazioni insistono per la 'pianificazione familiare' nei Paesi poveri. Stavolta si sostiene che frenare la crescita demografica permetterebbe non soltanto a quei Paesi di uscire dalla povertà (fatto, secondo noi, tutto da verificare), ma anche di ridurre le loro emissioni di anidride carbonica, dunque di correre meno rischi legati al clima. «Modi sostenibili di consumo e di produzione – sentenzia l’Unfpa – non possono essere raggiunti e mantenuti se la popolazione non rimane entro un numero ecologicamente sostenibile ». Bontà sua, l’Unfpa sostiene inoltre che sono necessarie anche politiche di sostegno alle persone, nonché la promozione planetaria dei diritti umani, a partire da quelli delle donne, prime vittime di ogni sorta di violazione e parte essenziale dello sviluppo di qualunque società. Giuste parole, se non fosse per la vena sotterranea che le percorre, e che, se venisse del tutto allo scoperto, se fosse spinta alle estreme conseguenze, porterebbe a dar ragione a quegli ecologisti ultrà che propugnano lo sterminio dei bovini perché esagerati produttori di metano e addirittura di ogni altro mammifero, uomo compreso, pur di salvare il pianeta. Ma, è bello ricordarlo alla vigilia della Giornata per l’infanzia, un bambino deve poter respirare liberamente e soprattutto non è carne da macello, come con paradossale, suprema ironia cercava di far capire Jonathan Swift (Una modesta proposta..., 1729) ai suoi avidi, egoisti, pre-malthusiani conterranei.
Il Rapporto 2009 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) sostiene che (usiamo le parole di Le Monde in prima pagina) «occorre con urgenza aiutare le donne a fare meno figli per lottare contro il pericolo climatico ». giacché, secondo quel rapporto, «la natalità galoppante dei Paesi in via di sviluppo sarebbe uno dei principali motori di riscaldamento e uno dei primi rischi di questo». Come a dire, e sintetizzando: meno nascite nei Paesi poveri vuol dire meno emissioni di anidride carbonica, dunque meno rischi per il clima. Insomma , per ragioni ideologiche e molto probabilmente pratiche (come la ricerca di nuovi finanziamenti per la pianificazione familiare nei Paesi in via di sviluppo dopo il disimpegno economico di molti, a cominciare dagli Stati Uniti), l’Unfpa tenta di introdurre nel dibattito la questione demografica, praticamente assente sia dai rapporti dei gruppi intergovernativi d’esperti sull’evoluzione del clima (Giec) sia dalle correnti trattative internazionali in materia. La vicenda potrebbe magari apparire secondaria quando, e dopo l’allarmismo degli anni Sessanta, gli esperti oggi convengono che la cosiddetta bomba demografica non è esplosa e non esploderà. Ma per questo non è da sottovalutare l’impegno, diremmo l’ossessione, anche con un implicito contenuto razzistico, con i quali alcuni movimenti e organizzazioni insistono per la 'pianificazione familiare' nei Paesi poveri. Stavolta si sostiene che frenare la crescita demografica permetterebbe non soltanto a quei Paesi di uscire dalla povertà (fatto, secondo noi, tutto da verificare), ma anche di ridurre le loro emissioni di anidride carbonica, dunque di correre meno rischi legati al clima. «Modi sostenibili di consumo e di produzione – sentenzia l’Unfpa – non possono essere raggiunti e mantenuti se la popolazione non rimane entro un numero ecologicamente sostenibile ». Bontà sua, l’Unfpa sostiene inoltre che sono necessarie anche politiche di sostegno alle persone, nonché la promozione planetaria dei diritti umani, a partire da quelli delle donne, prime vittime di ogni sorta di violazione e parte essenziale dello sviluppo di qualunque società. Giuste parole, se non fosse per la vena sotterranea che le percorre, e che, se venisse del tutto allo scoperto, se fosse spinta alle estreme conseguenze, porterebbe a dar ragione a quegli ecologisti ultrà che propugnano lo sterminio dei bovini perché esagerati produttori di metano e addirittura di ogni altro mammifero, uomo compreso, pur di salvare il pianeta. Ma, è bello ricordarlo alla vigilia della Giornata per l’infanzia, un bambino deve poter respirare liberamente e soprattutto non è carne da macello, come con paradossale, suprema ironia cercava di far capire Jonathan Swift (Una modesta proposta..., 1729) ai suoi avidi, egoisti, pre-malthusiani conterranei.
«Avvenire» del 20 settembre 2009
Nessun commento:
Posta un commento