Viaggiano in rete 19 milioni di italiani Radio, tv e giornali in caduta libera
di Roberto I. Zanini
La crisi economica sta segnando un solco profondo sui media. Talmente profondo che, tanto per chiosare il noto slogan sulla tv digitale terrestre, quando arriverà il momento della ripresa economica, è probabile che niente sarà più come prima, con conseguente spostamento degli investimenti pubblicitari. È il dato che emerge devastante dall’ottavo rapporto Ucsi-Censis sullo stato della comunicazione in Italia, presentato ieri a Palazzo Giustiniani, dal presidente dell’Ucsi Andrea Melodia, dal presidente e dal direttore generale del Censis Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, dal presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, della Fieg Carlo Malinconico e da Maurizio Costa amministratore delegato di Mondadori. Un dato accompagnato da una chiara fotografia dei tempi: in pochi anni si è passati da una situazione di 'digital divide' a una che si potrebbe definire di 'press divide'. La conferma arriva immediata dal confronto fra le percentuali di crescita dei media negli ultimi dieci anni e quelle relative agli ultimi tre, 2009 compreso. Ebbene, nel decennio emerge un utilizzo crescente di tutti i media, con incrementi che raggiungono il 26,9% per internet e il 12,2 per i telefoni cellulari, che scende al 2,5% per i lettori di libri e al 3,6 per quelli di giornale. Nel triennio, invece, il calo è generalizzato. Scende pesantemente dal 51,1 al 34,5% il numero di coloro che leggono giornali a pagamento almeno tre volte a settimana. Cala dal 67% al 54,8 il numero di chi li legge almeno una volta. Diminuisce persino di un punto e mezzo l’uso dei telefonini, col taglio netto di tutte le funzioni più sofisticate come lo smartphone e il videofonino, non compensato dalla crescita degli utilizzi di base.
Nel complesso, calano tutti i media a pagamento, tranne quelli relativi alla tv digitale, sia satellitare che terrestre, seppure con incrementi decrescenti. Resta invece stabile il consumo della freepress che fa segnare un incremento dal 34,7 al 35,7%, con la certezza che una parte di lettori di quotidiani a pagamento si sia spostata sul quotidiano gratis.
Un discorso a parte deve essere fatto per internet. Secondo gli analisti, infatti, il basso incremento dal 45,3 al 47% sarebbe dovuto a una sorta di saturazione del mercato, con una previsione di incremento anche nei prossimi anni ma, come si legge nel rapporto «solo con estrema lentezza». Molto diversa la situazione relativa alle modalità di utilizzo di internet, che sono in fortissima evoluzione e si caratterizzano sempre più come sostitutive dei media a pagamento, al punto da sollevare fondamentali questioni regolamentari, come si spiega nell’altro servizio in pagina.
Di fatto i veri fenomeni di massa negli ultimi tre anni di evoluzione dei media riguardano il web, in particolare la crescita esponenziale dell’uso dei cosiddetti social network. You tube è il più utilizzato: il 67,8% degli utenti. Facebook è però il più conosciuto: dal 90,3% dei giovani e dal 61,6% degli italiani. Un po’ meno coloro che conoscono Youtube, 60,9% (89,2 fra i giovani). Messenger lo conosce il 50,5% (89,1), Skype il 37,6 (68,8), Myspace il 31,8 (62,9). Nel complesso si stima che gli italiani utilizzatori di social network siano 19,8 milioni. Tutto questo per dire che, come amano chiamarla De Rita e Roma, «la dieta mediatica degli italiani» sta subendo notevoli cambiamenti, complice la crisi economica. Basti pensare che nel 2006 chi restava fuori da internet, utilizzando solo radio, tv e carta stampata era il 71% (digital divide), dato che nel 2009 è sceso al 51,3. Al contrario sta aumentando il numero di coloro che non usano carta stampata (press divide), passati dal 33,9% nel 2006 al 39,3%. Un +5,4% che diventa 10% fra i giovani, 9,9 fra gli uomini e 8,2 fra le persone più istruite.
Nel complesso, calano tutti i media a pagamento, tranne quelli relativi alla tv digitale, sia satellitare che terrestre, seppure con incrementi decrescenti. Resta invece stabile il consumo della freepress che fa segnare un incremento dal 34,7 al 35,7%, con la certezza che una parte di lettori di quotidiani a pagamento si sia spostata sul quotidiano gratis.
Un discorso a parte deve essere fatto per internet. Secondo gli analisti, infatti, il basso incremento dal 45,3 al 47% sarebbe dovuto a una sorta di saturazione del mercato, con una previsione di incremento anche nei prossimi anni ma, come si legge nel rapporto «solo con estrema lentezza». Molto diversa la situazione relativa alle modalità di utilizzo di internet, che sono in fortissima evoluzione e si caratterizzano sempre più come sostitutive dei media a pagamento, al punto da sollevare fondamentali questioni regolamentari, come si spiega nell’altro servizio in pagina.
Di fatto i veri fenomeni di massa negli ultimi tre anni di evoluzione dei media riguardano il web, in particolare la crescita esponenziale dell’uso dei cosiddetti social network. You tube è il più utilizzato: il 67,8% degli utenti. Facebook è però il più conosciuto: dal 90,3% dei giovani e dal 61,6% degli italiani. Un po’ meno coloro che conoscono Youtube, 60,9% (89,2 fra i giovani). Messenger lo conosce il 50,5% (89,1), Skype il 37,6 (68,8), Myspace il 31,8 (62,9). Nel complesso si stima che gli italiani utilizzatori di social network siano 19,8 milioni. Tutto questo per dire che, come amano chiamarla De Rita e Roma, «la dieta mediatica degli italiani» sta subendo notevoli cambiamenti, complice la crisi economica. Basti pensare che nel 2006 chi restava fuori da internet, utilizzando solo radio, tv e carta stampata era il 71% (digital divide), dato che nel 2009 è sceso al 51,3. Al contrario sta aumentando il numero di coloro che non usano carta stampata (press divide), passati dal 33,9% nel 2006 al 39,3%. Un +5,4% che diventa 10% fra i giovani, 9,9 fra gli uomini e 8,2 fra le persone più istruite.
«Avvenire» del 20 novembre 2009
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