11 novembre 2009

Nessuno si senta obbligato a dimostrare che il crocefisso non offende nessuno

Un non-argomento in più
di Giuliano Ferrara
Non è necessario razionalizzare la tradizione, se ne accettano lasciti e tabù
Molti hanno parlato, e bene, sulla questione del Crocefisso. Spavaldi in tutta semplicità, e particolarmente benvenuti in bocca a un innovatore e riformatore ecclesiastico, gli inviti del cardinale Walter Kasper ad “alzare la voce” contro quella sentenza di Strasburgo. Va richiamata però, per spiegare l’idea afasica che segue, l’osservazione recente di Adriano Sofri circa il fatto che attaccare un Crocefisso può forse essere atto dubbio, staccarlo dal muro è certamente arrogante. Ma ecco la tesi afasica.
Non è affatto detto che si debba accettare la sfida implicita nella sentenza di Strasburgo, quella di razionalizzare un elemento forte della tradizione, cioè di rispondere alla domanda: è giusto, è laico, è rispettoso dei diritti delle minoranze e dei diritti universali dell’uomo il fatto di avere un Crocefisso attaccato al muro di una scuola o di un ospedale? Certo, bisogna alzare la voce. Un nostro lettore propone di uscire per strada con un Crocefisso al collo, bella proposta. Ma la tradizione parla da sola, svellerne le forme è una missione di progressismo universalista che deve essere complicata da un non-argomento, da un alzare la voce che accompagna il silenzio. Insomma: nessuno deve sentirsi obbligato a dimostrare che il Crocefisso non offende sensibilità particolari, ed è il prodotto di una sensibilità universalistica, di una identità culturale eccetera.
Troppa grazia sant’Antonio. Quando una sentenza antidiscriminatoria stabilirà che ci si può sposare tra madre e figlio, padre e figlia o tra fratelli, ecco, non sarà necessario, non deve risultare necessario rileggere “Le strutture elementari della parentela” del compianto Lévi-Strauss o controargomentare in difesa del tabù dell’incesto: si farà appello alla tradizione, e la si rispetterà confermando l’interdetto, che spesso è l’altra faccia della verità e dell’amore, della carità e dell’omaggio semplicemente umano, o umano-divino, che il Crocefisso attaccato al muro trasmette con ogni possibile nitore. Non tutto è razionalizzabile: ciò che c’è, che è dato, che è creduto, ha spesso un valore incommensurabile secondo le misure del più misero dei relativismi.
«Il Foglio» del 5 novembre2009

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