A 150 anni da «L’origine delle Specie» e dalla nascita dell’opera di Henry Dunant, il bilancio di una «selezione naturale» tra i due pionieri vede vincitore il secondo
di Lorenzo Fazzini
In questo 2009 si sono celebrati i 150 anni della pubblicazione de L’origine delle specie, testo- manifesto di Charles Darwin, e il ricordo della battaglia di Solferino ( 24 giugno 1859). Da dove lo svizzero Henry Dunant colse l’ispirazione per formare un corpo ' terzo' tra i combattenti di allora, gli eserciti francesi e piemontesi da una parte, quello austriaco dall’altra.
Dall’intuizione di Dunant sarebbe poi nata la Croce rossa internazionale. Costantino Cipolla, docente di sociologia all’università di Bologna, già conoscitore della Croce rossa e del suo fondatore, ha compiuto un fecondo collegamento culturale in questo doppio 150° anniversario. Ne è scaturito Darwin e Dunant. Dalla vittoria del più forte alla sopravvivenza del più debole? ( Franco Angeli, pagine 144, euro 16), libro che è a metà tra il saggio sociologico e il trattato filosofico.
Da cosa nasce questo accostamento Darwin/ Dunant?
« Mi sono stufato degli ultradarwinisti alla Telmo Pievani, quelli che compaiono regolarmente su Micromega, i quali, mentre la società sta capovolgendo i fondamenti dalla vita umana con la medicalizzazione della biologia, continuano a sostenere che solo la natura determina tutto e che nulla può la cultura. Oggi, mentre i transumanisti vogliono andare oltre l’uomo, gli ultradarwinisti sono ancora fermi all’affermazione nuda e cruda della vittoria in natura del più adatto. Mentre invece c’è un’altra tendenza nella tradizione intellettuale, che va dicendo – da 150 anni, con Dunant appunto – che non sempre vince il più forte. Da quando venne pubblicato Souvenir da Solferino non è detto che a vincere debba essere il più forte, perché quel libro ha trasmesso il principio che il più forte deve aiutare il debole » .
Il suo argomentare esula da questioni religiose, per quanto Dunant sia cristiano…
« Certo. Ed è da notare che il suo ragionamento è più cattolico che protestante, sebbene appartenesse a quest’ultima tradizione: se li immagina i valori di Dunant accostati a Calvino? Nel mio libro mi sono preoccupato di lasciar stare Dio e concentrarmi su un discorso razionale. Anche perché, come sociologi cattolici, siamo in ritardo: il mio maestro Achille Ardigò, per fare un nome, non si occupò mai di tali questioni » .
Lei parla di neo-darwinisti e ultra-darwinisti: cosa distingue gli uni dagli altri?
« Il darwinismo stesso ha avuto una sua evoluzione: ci sono gli ' ultra', che prendono Darwin per spiegare tutto. È una posizione in fin dei conti insostenibile. I neo- darwinisti, invece – Edoardo Boncinelli, secondo me, ne è un esempio – sono più conciliativi: non si spingono a fare riflessioni sull’uomo, si fermano agli animali. E quindi non affrontano il tema della società » .
Rifacendosi al sociologo inglese Herbert Spencer, lei si chiede: ' L’evoluzionismo sociale, oggi di fatto quasi misconosciuto dai neo- darwinisti, di chi è figlio'? Che risposta dà?
« L’evoluzionismo sociale è una trasposizione ottocentesca del pensiero di Darwin. Attecchì molto negli Stati Uniti, dove la selezione naturale coincise con la diffusione del capitalismo, secondo il principio che il più adatto deve occupare il vertice. Va però ricordato che Darwin era stato molto prudente nell’applicare a livello sociale le sue teorie sull’evoluzione, anche a causa della sua famiglia molto religiosa. Successivamente la riflessione sociologica ha negato la possibilità di una società che stia in piedi secondo il darwinismo. Si immagina se i vari governi, ad esempio, durante la crisi economica attuale, avessero detto ai propri cittadini: arrangiatevi, vinca il più forte? Ci sarebbe stata la rivoluzione. Il darwinismo sociale si è autoconsumato da solo » .
Darwin e Dunant coetanei: si conobbero o lessero qualcosa l’uno dell’altro?
« Non ho trovato collegamenti tra i due. Però è curioso notare come le loro posizioni nascono negli stessi anni e proseguono autonomamente, in forma parallela. L’interesse su Dunant è cosa recente, visto che, al di là del premio Nobel per la pace nel 1902, venne dimenticato per tanti anni: la prima guerra mondiale, il comunismo, il fascismo e il nazismo lo oscurarono. Venne recuperato solo negli anni Cinquanta- Sessanta » .
Dopo 150 anni di vita del loro pensiero, chi tra Darwin e Dunant risulta vincitore secondo il verdetto della storia?
« Certamente Dunant, visto che Darwin è stato oggetto di un certo ridimensionamento. La storia della cultura è andata più nella direzione dei principi del primo, considerato che il suo pensiero è più universale, mentre il secondo riguarda solo l’ambito scientifico » .
Perché questa ' vittoria' di Dunant?
« Si è capito che la solidarietà è motore di sviluppo. Lo sosteneva anche l’anarchico russo Kropotkin che, nato darwinista, si è scoperto solidale. Tanto che, a suo giudizio, la ' sociabilità' è una legge della vita allo stesso modo della lotta fra i simili.
Insomma, esiste anche una ' selezione altruistica'. Dunant insegna che la solidarietà può vincere sulla forza » .
Dall’intuizione di Dunant sarebbe poi nata la Croce rossa internazionale. Costantino Cipolla, docente di sociologia all’università di Bologna, già conoscitore della Croce rossa e del suo fondatore, ha compiuto un fecondo collegamento culturale in questo doppio 150° anniversario. Ne è scaturito Darwin e Dunant. Dalla vittoria del più forte alla sopravvivenza del più debole? ( Franco Angeli, pagine 144, euro 16), libro che è a metà tra il saggio sociologico e il trattato filosofico.
Da cosa nasce questo accostamento Darwin/ Dunant?
« Mi sono stufato degli ultradarwinisti alla Telmo Pievani, quelli che compaiono regolarmente su Micromega, i quali, mentre la società sta capovolgendo i fondamenti dalla vita umana con la medicalizzazione della biologia, continuano a sostenere che solo la natura determina tutto e che nulla può la cultura. Oggi, mentre i transumanisti vogliono andare oltre l’uomo, gli ultradarwinisti sono ancora fermi all’affermazione nuda e cruda della vittoria in natura del più adatto. Mentre invece c’è un’altra tendenza nella tradizione intellettuale, che va dicendo – da 150 anni, con Dunant appunto – che non sempre vince il più forte. Da quando venne pubblicato Souvenir da Solferino non è detto che a vincere debba essere il più forte, perché quel libro ha trasmesso il principio che il più forte deve aiutare il debole » .
Il suo argomentare esula da questioni religiose, per quanto Dunant sia cristiano…
« Certo. Ed è da notare che il suo ragionamento è più cattolico che protestante, sebbene appartenesse a quest’ultima tradizione: se li immagina i valori di Dunant accostati a Calvino? Nel mio libro mi sono preoccupato di lasciar stare Dio e concentrarmi su un discorso razionale. Anche perché, come sociologi cattolici, siamo in ritardo: il mio maestro Achille Ardigò, per fare un nome, non si occupò mai di tali questioni » .
Lei parla di neo-darwinisti e ultra-darwinisti: cosa distingue gli uni dagli altri?
« Il darwinismo stesso ha avuto una sua evoluzione: ci sono gli ' ultra', che prendono Darwin per spiegare tutto. È una posizione in fin dei conti insostenibile. I neo- darwinisti, invece – Edoardo Boncinelli, secondo me, ne è un esempio – sono più conciliativi: non si spingono a fare riflessioni sull’uomo, si fermano agli animali. E quindi non affrontano il tema della società » .
Rifacendosi al sociologo inglese Herbert Spencer, lei si chiede: ' L’evoluzionismo sociale, oggi di fatto quasi misconosciuto dai neo- darwinisti, di chi è figlio'? Che risposta dà?
« L’evoluzionismo sociale è una trasposizione ottocentesca del pensiero di Darwin. Attecchì molto negli Stati Uniti, dove la selezione naturale coincise con la diffusione del capitalismo, secondo il principio che il più adatto deve occupare il vertice. Va però ricordato che Darwin era stato molto prudente nell’applicare a livello sociale le sue teorie sull’evoluzione, anche a causa della sua famiglia molto religiosa. Successivamente la riflessione sociologica ha negato la possibilità di una società che stia in piedi secondo il darwinismo. Si immagina se i vari governi, ad esempio, durante la crisi economica attuale, avessero detto ai propri cittadini: arrangiatevi, vinca il più forte? Ci sarebbe stata la rivoluzione. Il darwinismo sociale si è autoconsumato da solo » .
Darwin e Dunant coetanei: si conobbero o lessero qualcosa l’uno dell’altro?
« Non ho trovato collegamenti tra i due. Però è curioso notare come le loro posizioni nascono negli stessi anni e proseguono autonomamente, in forma parallela. L’interesse su Dunant è cosa recente, visto che, al di là del premio Nobel per la pace nel 1902, venne dimenticato per tanti anni: la prima guerra mondiale, il comunismo, il fascismo e il nazismo lo oscurarono. Venne recuperato solo negli anni Cinquanta- Sessanta » .
Dopo 150 anni di vita del loro pensiero, chi tra Darwin e Dunant risulta vincitore secondo il verdetto della storia?
« Certamente Dunant, visto che Darwin è stato oggetto di un certo ridimensionamento. La storia della cultura è andata più nella direzione dei principi del primo, considerato che il suo pensiero è più universale, mentre il secondo riguarda solo l’ambito scientifico » .
Perché questa ' vittoria' di Dunant?
« Si è capito che la solidarietà è motore di sviluppo. Lo sosteneva anche l’anarchico russo Kropotkin che, nato darwinista, si è scoperto solidale. Tanto che, a suo giudizio, la ' sociabilità' è una legge della vita allo stesso modo della lotta fra i simili.
Insomma, esiste anche una ' selezione altruistica'. Dunant insegna che la solidarietà può vincere sulla forza » .
«Avvenire» del 20 novembre 2009
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