Un frate mantovano ha frugato gli archivi del Kgb per trovare i documenti ufficiali sul clero romano perseguitato e ucciso in 70 anni dal regime comunista
di Andrea Bernardini
Negli
La chiesa del Sacro Cuore a San Pietroburgo ha il sapore della fede bagnata dal sudore di gente semplice. Iniziarono a costruirla, in epoca zarista, 15mila operai polacchi, che lavoravano nella vicina fabbrica di porcellane.
Tuttavia non è mai stata completata, perché i tre sacerdoti che – dal 1917 al 1937 – vi si sono succeduti, sono stati più volte arrestati. L’ultimo in ordine di tempo, padre Epifanio Akulov, fu fucilato durante una celebrazione religiosa. Quando, sessant’anni più tardi, il frate minore Fiorenzo Emilio Reati, 68 anni, mantovano di origine, tornò a celebrare messa in quella chiesa, utilizzò il corporale macchiato del sangue del suo predecessore. «Potete immaginare – confida oggi – l’emozione che provai quando distesi quella tela di lino inamidato sopra l’altare. Io successore di un martire: in che avventura mi ero cacciato!». Quattro anni fa si è aperto il processo di beatificazione di padre Akulov. Nel frattempo il religioso italiano si è andato a leggere i documenti degli archivi desecretati del Kgb per ricostruire la storia dei tanti confratelli zittiti dal regime sovietico con la fucilazione o con l’allontanamento dal Paese. Da questa ricerca è nato, sei anni fa, un tascabile Dio dirà l’ultima parola. La persecuzione della Chiesa cattolica in Russia in epoca sovietica (Arca edizioni). Preludio ad un lavoro enciclopedico che uscirà tra non molto e dove saranno raccolti documenti e testimonianze di arresti, processi-farsa, decreti di condanne, fucilazioni che, in ottant’anni di storia, hanno interessato vescovi e preti cattolici e ortodossi.
Come vivevano i cattolici della Russia imperiale? «Il cattolicesimo ai tempi degli zar era la confessione dei cittadini oppressi. Le loro insurrezioni per le libertà civili e politiche furono represse con la forza. A farne le spese fu anche la gerarchia ecclesiastica. Vescovi e preti faticarono non poco, tra l’altro, a mantenere autonomia e libere relazioni con il Vaticano ».
Quanti erano i cattolici in Russia all’epoca degli zar? «Cinque milioni, assistiti da 27 vescovi e 2194 sacerdoti; si ritrovavano in 1500 chiese».
Poi la Rivoluzione d’ottobre del 1917 portò il partito bolscevico al potere e con esso Lenin. «Un evento che anche i cattolici, allora, salutarono con speranza. Il potere sovietico – pensavano – incline a promuovere il bene dei lavoratori, non avrebbe oppresso la Chiesa da sempre perseguitata in Russia».
Mai speranza fu così vana... «Sì, ben presto il potere bolscevico mostrò i suoi umori antireligiosi. Lenin, con alcuni decreti, privò la Chiesa di terreni, accademie teologiche, convitti e seminari. L’insegnamento della religione divenne un crimine, il matrimonio religioso illegale. Anche le chiese furono re- quisite: le comunità religiose potevano prenderle in affitto dallo Stato, a condizione di riceverne il preventivo permesso dalle autorità. Permesso che spesso non arrivava. I sacerdoti cattolici, ma anche i loro collaboratori furono privati dei diritti elettorali. Altre misure dettero inizio a una guerra aperta contro la venerazione delle reliquie: scoperte, furono in parte disperse e in parte rinchiuse nei musei statali».
Come si difesero i cattolici? «In molte parrocchie nacquero 'Comitati parrocchiali di fedeli laici' a difesa della Chiesa e dei suoi sacerdoti. Purtroppo, però, in diversi casi, in questi comitati si infiltrarono collaborazionisti del regime ».
Finita la prima guerra mondiale, nacquero nuovi Stati indipendenti. «La Polonia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia. Molti cattolici vi fuggirono – per fame o per terrore dei bolscevichi. Per loro la vita in Russia era del resto divenuta impossibile. A marzo del 1923 le autorità citarono in giudizio l’arcivescovo Cepliak e 14 sacerdoti di Pietroburgo, tra i quali padre Costantin Budkievicz, prete molto amato per la sua fama di santità. Fu quello il celebre processo collettivo al clero cattolico. Padre Budkievicz morì nelle cantine della polizia segreta, la Ceka, divenendo il primo martire del calendario dei martiri cattolici. Molti altri processi sommari al clero e a comunità monastiche si sarebbero verificati negli anni successivi. E per 12 sacerdoti è in corso la causa di beatificazione».
Dopo la morte di Lenin salì al potere Josif Dzugasvili, detto Stalin. Cambiò qualcosa? «Per i cattolici no. Poiché, nonostante tutte le restrizioni, i sacerdoti continuavano a lavorare segretamente, il nuovo regime pensò di abbattere il cattolicesimo anche culturalmente, attraverso la propaganda atea. Nacque la Lega dei militanti atei, una casa editrice, l’Ateo, un giornale, il Giornale dei senza Dio, edito in tutte le lingue dei popoli viventi in Unione sovietica e diffuso in 44 milioni di copie. Nel Paese vennero aperti migliaia di musei dell’ateismo e per diffondere la cultura atea nella nuova Russia venivano organizzate manifestazioni di piazza. Nelle scuole vennero istituiti corsi di ateismo scientifico».
Il Papa come si comportò? «Pio XI cercò di ricostruire la gerarchia ecclesiastica. Senza successo: i prelati nominati in segreto furono subito sottoposti alla repressione. Il 9 febbraio 1930 scrisse una lettera-denuncia sull’Osservatore romano, suscitando consensi e sostegno in tutto il mondo civile. I russi protestarono, ma per un certo periodo moderarono i metodi barbarici impiegati nella lotta antireligiosa. Non durò molto: dal 1937 al 1939, in pieno terrore staliniano, furono 150 i preti fucilati; a Levashova (nei pressi di Pietroburgo), a Sandormock (nel centro della Cariglia) e soprattutto nel gulag delle isole Solovki dove persero la vita anche moltissimi ortodossi. Nel 1941 in Russia rimanevano aperte solo due chiese, una a Mosca e l’altra a Leningrado, scampate alla chiusura perché appartenenti all’ambasciata francese, mentre nel Paese vivevano un solo vescovo – peraltro straniero – e 20 preti in libertà».
Una tensione che si stempererà solo negli anni Ottanta del secolo scorso. E che si concluderà con la «perestroika» di Gorbaciov, che nel 1989 decretò la libertà di culto di tutte le professioni religiose. Qual è lo stato di salute della Chiesa cattolica in Russia oggi? «Molte chiese sono state riaperte. I cattolici sono stimati in un milione e 200mila, per lo più anziani. I preti sono 200, quasi tutti stranieri. Insomma, gli effetti di decenni di ateismo si fanno sentire ancora oggi. Ma dobbiamo sperare per il futuro: i seminari sono tornati a sfornare giovani preti locali».
Tuttavia non è mai stata completata, perché i tre sacerdoti che – dal 1917 al 1937 – vi si sono succeduti, sono stati più volte arrestati. L’ultimo in ordine di tempo, padre Epifanio Akulov, fu fucilato durante una celebrazione religiosa. Quando, sessant’anni più tardi, il frate minore Fiorenzo Emilio Reati, 68 anni, mantovano di origine, tornò a celebrare messa in quella chiesa, utilizzò il corporale macchiato del sangue del suo predecessore. «Potete immaginare – confida oggi – l’emozione che provai quando distesi quella tela di lino inamidato sopra l’altare. Io successore di un martire: in che avventura mi ero cacciato!». Quattro anni fa si è aperto il processo di beatificazione di padre Akulov. Nel frattempo il religioso italiano si è andato a leggere i documenti degli archivi desecretati del Kgb per ricostruire la storia dei tanti confratelli zittiti dal regime sovietico con la fucilazione o con l’allontanamento dal Paese. Da questa ricerca è nato, sei anni fa, un tascabile Dio dirà l’ultima parola. La persecuzione della Chiesa cattolica in Russia in epoca sovietica (Arca edizioni). Preludio ad un lavoro enciclopedico che uscirà tra non molto e dove saranno raccolti documenti e testimonianze di arresti, processi-farsa, decreti di condanne, fucilazioni che, in ottant’anni di storia, hanno interessato vescovi e preti cattolici e ortodossi.
Come vivevano i cattolici della Russia imperiale? «Il cattolicesimo ai tempi degli zar era la confessione dei cittadini oppressi. Le loro insurrezioni per le libertà civili e politiche furono represse con la forza. A farne le spese fu anche la gerarchia ecclesiastica. Vescovi e preti faticarono non poco, tra l’altro, a mantenere autonomia e libere relazioni con il Vaticano ».
Quanti erano i cattolici in Russia all’epoca degli zar? «Cinque milioni, assistiti da 27 vescovi e 2194 sacerdoti; si ritrovavano in 1500 chiese».
Poi la Rivoluzione d’ottobre del 1917 portò il partito bolscevico al potere e con esso Lenin. «Un evento che anche i cattolici, allora, salutarono con speranza. Il potere sovietico – pensavano – incline a promuovere il bene dei lavoratori, non avrebbe oppresso la Chiesa da sempre perseguitata in Russia».
Mai speranza fu così vana... «Sì, ben presto il potere bolscevico mostrò i suoi umori antireligiosi. Lenin, con alcuni decreti, privò la Chiesa di terreni, accademie teologiche, convitti e seminari. L’insegnamento della religione divenne un crimine, il matrimonio religioso illegale. Anche le chiese furono re- quisite: le comunità religiose potevano prenderle in affitto dallo Stato, a condizione di riceverne il preventivo permesso dalle autorità. Permesso che spesso non arrivava. I sacerdoti cattolici, ma anche i loro collaboratori furono privati dei diritti elettorali. Altre misure dettero inizio a una guerra aperta contro la venerazione delle reliquie: scoperte, furono in parte disperse e in parte rinchiuse nei musei statali».
Come si difesero i cattolici? «In molte parrocchie nacquero 'Comitati parrocchiali di fedeli laici' a difesa della Chiesa e dei suoi sacerdoti. Purtroppo, però, in diversi casi, in questi comitati si infiltrarono collaborazionisti del regime ».
Finita la prima guerra mondiale, nacquero nuovi Stati indipendenti. «La Polonia, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia. Molti cattolici vi fuggirono – per fame o per terrore dei bolscevichi. Per loro la vita in Russia era del resto divenuta impossibile. A marzo del 1923 le autorità citarono in giudizio l’arcivescovo Cepliak e 14 sacerdoti di Pietroburgo, tra i quali padre Costantin Budkievicz, prete molto amato per la sua fama di santità. Fu quello il celebre processo collettivo al clero cattolico. Padre Budkievicz morì nelle cantine della polizia segreta, la Ceka, divenendo il primo martire del calendario dei martiri cattolici. Molti altri processi sommari al clero e a comunità monastiche si sarebbero verificati negli anni successivi. E per 12 sacerdoti è in corso la causa di beatificazione».
Dopo la morte di Lenin salì al potere Josif Dzugasvili, detto Stalin. Cambiò qualcosa? «Per i cattolici no. Poiché, nonostante tutte le restrizioni, i sacerdoti continuavano a lavorare segretamente, il nuovo regime pensò di abbattere il cattolicesimo anche culturalmente, attraverso la propaganda atea. Nacque la Lega dei militanti atei, una casa editrice, l’Ateo, un giornale, il Giornale dei senza Dio, edito in tutte le lingue dei popoli viventi in Unione sovietica e diffuso in 44 milioni di copie. Nel Paese vennero aperti migliaia di musei dell’ateismo e per diffondere la cultura atea nella nuova Russia venivano organizzate manifestazioni di piazza. Nelle scuole vennero istituiti corsi di ateismo scientifico».
Il Papa come si comportò? «Pio XI cercò di ricostruire la gerarchia ecclesiastica. Senza successo: i prelati nominati in segreto furono subito sottoposti alla repressione. Il 9 febbraio 1930 scrisse una lettera-denuncia sull’Osservatore romano, suscitando consensi e sostegno in tutto il mondo civile. I russi protestarono, ma per un certo periodo moderarono i metodi barbarici impiegati nella lotta antireligiosa. Non durò molto: dal 1937 al 1939, in pieno terrore staliniano, furono 150 i preti fucilati; a Levashova (nei pressi di Pietroburgo), a Sandormock (nel centro della Cariglia) e soprattutto nel gulag delle isole Solovki dove persero la vita anche moltissimi ortodossi. Nel 1941 in Russia rimanevano aperte solo due chiese, una a Mosca e l’altra a Leningrado, scampate alla chiusura perché appartenenti all’ambasciata francese, mentre nel Paese vivevano un solo vescovo – peraltro straniero – e 20 preti in libertà».
Una tensione che si stempererà solo negli anni Ottanta del secolo scorso. E che si concluderà con la «perestroika» di Gorbaciov, che nel 1989 decretò la libertà di culto di tutte le professioni religiose. Qual è lo stato di salute della Chiesa cattolica in Russia oggi? «Molte chiese sono state riaperte. I cattolici sono stimati in un milione e 200mila, per lo più anziani. I preti sono 200, quasi tutti stranieri. Insomma, gli effetti di decenni di ateismo si fanno sentire ancora oggi. Ma dobbiamo sperare per il futuro: i seminari sono tornati a sfornare giovani preti locali».
«Avvenire» del 10 novembre 2009
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