14 novembre 2009

Ideologia invece di cultura così nasce uno stato etico

di Ernesto Galli Della Loggia
Tralascio le obiezioni minori che il dottor Colombo mi muove per concentrarmi su quelle più importanti. Non prima di avergli fatto notare però, e ribadito, che l'attenzione (critica) verso il nuovo insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» non dipende dall' ammontare di ore, più o meno alto, ad esso dedicate, bensì dal valore altamente sintomatico che a mio giudizio la sua introduzione nel nostro ordinamento scolastico riveste. Sintomatico di che cosa? Della trasformazione strisciante che da anni, come ho scritto, investe la scuola italiana: da luogo di apprendimento di contenuti disciplinari e di esperienza in prima persona dei connessi valori e forme culturali - dove essenzialmente per questa via si realizza la formazione della personalità morale e civile dei discepoli - ad agenzia educativa dedita alla prescrittiva somministrazione diretta di tavole di valori (l'educazione stradale, alimentare, affettiva, adesso l'educazione alla «cittadinanza» e alla «Costituzione») meccanicamente desunte da un dover essere civico-ideologico. Per l'appunto l'Educazione al posto dell' Istruzione, l'Ideologia al posto della Cultura. Su questo mutamento della «missione», del senso del nostro sistema scolastico, che era poi il cuore del problema che intendevo sollevare, mi avrebbe fatto piacere conoscere l'opinione del dottor Colombo, che invece preferisce intrattenersi su quello che a suo giudizio sarebbe il carattere parziale e limitato della cultura che si insegna nelle scuole italiane. Perché, egli scrive, si tratterebbe esclusivamente della «cultura nord-occidentale», la quale, aggiunge, «manca, talora, di parti importanti del pensiero che non del tutto si confà con il cattolicesimo». In verità non capisco bene che cosa sia questa «cultura nord-occidentale». È per caso la cultura che partendo dalle radici greco-latine si è riversata poi nello stampo cristiano e attraverso l'Umanesimo, il Rinascimento e l' Illuminismo è arrivata fino a noi? Ma se è questa (dove però il Nord, mi permetto di osservare, c'entra come i cavoli con la merenda), quale altra cultura, mi domando, bisognerebbe secondo il dottor Colombo studiare nelle nostre scuole? E a quale altra cultura, del resto, appartengono i libri che solitamente pubblica la casa editrice Garzanti di cui il dottor Colombo stesso è Presidente? Alla cultura degli Inuit? A quella islamica? E quali sono, mi chiedo ancora, «le parti importanti del pensiero che non si confà con il cattolicesimo» che la cultura «nord-occidentale» insegnata nelle nostre scuole ignorerebbe? Lutero e Spinoza, Nietzsche e Freud, Marx e Darwin, Foucault e Lévi-Strauss mi pare che qualche posto ce l' abbiano. E allora? O forse tutto si riduce a un semplice cedimento alla voga anticattolica che oggi va per la maggiore in certi ambienti? Vengo infine alla Costituzione. Caro dottor Colombo, parliamoci chiaro: qui non si tratta affatto di «insegnare cosa dice la Costituzione» (obiettivo più che lodevole, ovviamente) ovvero, per dirla con le sue parole, di spiegare ai giovani «il libretto d' istruzione» rappresentato dalla Carta. Non è questo che si prefigge l' insegnamento «Cittadinanza e Costituzione». E neppure esso intende - come lei scrive - «proporre la cultura che promana dalla nostra legge fondamentale» (il che costituirebbe già un significativissimo salto di qualità perché saremmo comunque passati dalla norma alla «cultura» della norma). L' insegnamento in parola si propone ben altro: e cioè di fare della norma costituzionale - prolungata e articolata nelle modalità per loro natura più estese della categoria di «cittadinanza» - il valore primo, la matrice suprema dei nostri valori non solo sociali (che pure sarebbe non piccola cosa) ma anche personali. Matrice suprema e in certo senso - proprio perché di origine costituzionale - giuridicamente obbligatoria. Eticizzare la Costituzione vuol dire questo. Poiché alla fine, però, una Costituzione è «solo» la carta giuridico-politica di uno Stato, farne un fatto etico vuol dire, che lo si voglia o no, gettare le premesse per uno Stato etico. Magari democratico, non discuto. Ma a me non piace lo stesso.
«Corriere della Sera» del 13 novembre 2009

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