di Marina Mastroluca
Una volta era più semplice. Bastava magari cambiare attività e indirizzo, il resto veniva da sé: qualunque malefatta avessi commesso, finiva dolcemente in una terra di nessuno, abbandonata al passato per quanto sordido fosse. Con il web le cose non vanno più così, per nessuno. Qualunque leggerezza o errore, per non parlare di reati veri o presunti, rimane incapsulato su una pagina internet, a disposizione di chiunque si prenda la briga di indagare. E così la foto a braghe calate scattata nella propria Animal house universitaria, il film porno, il tracollo finanziario come i trascorsi politici e le opinioni di un tempo logorate dalle storia diventano una palla al piede, virtuale ma non per questo meno pesante. E allora, come rifarsi una verginità sul web?
Per difendere - restaurare o creare da zero - la e-reputation come è stato battezzato il buon nome di ciascuno di noi nello spazio web, bisogna rivolgersi agli specialisti. Le Monde ne ha individuati diversi, per ogni tasca. Molto quotata è la Hington & Klarsey, una giovane agenzia nata in Inghilterra e formata da giuristi, informatici ed esperti di comunicazione. Sono capaci di trasformare un ex trafficante di armi, autore di un libro sull’argomento e per di più coinvolto in uno scandalo politico e finanziario in un personaggio di tutt’altro profilo: un innocuo produttore di bio-carburanti, fautore convinto dello sviluppo sostenibile.
Un cambiamento di vita che sarebbe stato mortificato dalla memoria implacabile di Google. Ed invece è bastato convincere con le buone i titolari dei siti dove regnava ancora l’immagine negativa del passato ad operare un discreto colpo di spugna: cancellare informazioni ormai superate dagli eventi o almeno ritoccarle sostituendo il nome e cognome dell’interessato da pudiche ed innocue iniziali. Nel caso preso in esame, persino l’Humanité ha acconsentito a cancellare un articolo datato 1993.
L’operazione non è semplicissima. Intanto perché non sempre viene identificato il titolare del sito. Altre volte per ritoccare il passato viene chiesto in cambio un congruo assegno. Ci sono poi i blog, che spesso e volentieri rifiutano di operare una censura della memoria.
Ma a tutto c’è un rimedio. Come per esempio moltiplicare le pagine web che esprimano contenuti positivi legati alla persona che si intende riabilitare, collegati a parole chiave che possano renderli appetibili. Parole come news, market o audit diventano la chiave per risalire la china. Una volta creata la nuova immagine del cliente, non resta che pubblicarla indirizzandola verso il pubblico che si intende raggiungere, sia questo un settore economico, un’area di interesse o altro individuati seguendo gli algoritmi dei motori di ricerca. Se anche un contenuito negativo è rimasto, chi andrà a cercarselo dopo le prime quattro o cinque pagine di Google?
Naturalmente la e-verginity ha un prezzo. E rifarsi l’anima costa quanto e più che ritoccarsi qualche ruga: operazioni come quelle spiegate sopra sono alla portata di manager, gente di spettacolo o politici. Ma ci sono anche società dedicate ad un pubblico meno ambizioso, a chi magari vorrebbe semplicemente rimuovere la foto scattata quando era un ragazzo cretino o le lettere d’amore scritte per qualcuno che si è già dimenticato. Negli Stati Uniti bastano 15 dollari per far monitorare la propria reputazione da Reputation Defender, che segnala al cliente ogni volta che il suo nome o una sua foto appare su internet: rimuovere un documento costa 29 dollari. In Francia c’è una società chiamata Reputation Squad, che rivendica il diritto all’oblio, sancito dalle leggi ma non applicato dai media. E naturalmente resta sempre l’avvocato: ma trovare in tribunale il modo per cancellare il proprio passato web non è detto che sia la strada più breve.
Per difendere - restaurare o creare da zero - la e-reputation come è stato battezzato il buon nome di ciascuno di noi nello spazio web, bisogna rivolgersi agli specialisti. Le Monde ne ha individuati diversi, per ogni tasca. Molto quotata è la Hington & Klarsey, una giovane agenzia nata in Inghilterra e formata da giuristi, informatici ed esperti di comunicazione. Sono capaci di trasformare un ex trafficante di armi, autore di un libro sull’argomento e per di più coinvolto in uno scandalo politico e finanziario in un personaggio di tutt’altro profilo: un innocuo produttore di bio-carburanti, fautore convinto dello sviluppo sostenibile.
Un cambiamento di vita che sarebbe stato mortificato dalla memoria implacabile di Google. Ed invece è bastato convincere con le buone i titolari dei siti dove regnava ancora l’immagine negativa del passato ad operare un discreto colpo di spugna: cancellare informazioni ormai superate dagli eventi o almeno ritoccarle sostituendo il nome e cognome dell’interessato da pudiche ed innocue iniziali. Nel caso preso in esame, persino l’Humanité ha acconsentito a cancellare un articolo datato 1993.
L’operazione non è semplicissima. Intanto perché non sempre viene identificato il titolare del sito. Altre volte per ritoccare il passato viene chiesto in cambio un congruo assegno. Ci sono poi i blog, che spesso e volentieri rifiutano di operare una censura della memoria.
Ma a tutto c’è un rimedio. Come per esempio moltiplicare le pagine web che esprimano contenuti positivi legati alla persona che si intende riabilitare, collegati a parole chiave che possano renderli appetibili. Parole come news, market o audit diventano la chiave per risalire la china. Una volta creata la nuova immagine del cliente, non resta che pubblicarla indirizzandola verso il pubblico che si intende raggiungere, sia questo un settore economico, un’area di interesse o altro individuati seguendo gli algoritmi dei motori di ricerca. Se anche un contenuito negativo è rimasto, chi andrà a cercarselo dopo le prime quattro o cinque pagine di Google?
Naturalmente la e-verginity ha un prezzo. E rifarsi l’anima costa quanto e più che ritoccarsi qualche ruga: operazioni come quelle spiegate sopra sono alla portata di manager, gente di spettacolo o politici. Ma ci sono anche società dedicate ad un pubblico meno ambizioso, a chi magari vorrebbe semplicemente rimuovere la foto scattata quando era un ragazzo cretino o le lettere d’amore scritte per qualcuno che si è già dimenticato. Negli Stati Uniti bastano 15 dollari per far monitorare la propria reputazione da Reputation Defender, che segnala al cliente ogni volta che il suo nome o una sua foto appare su internet: rimuovere un documento costa 29 dollari. In Francia c’è una società chiamata Reputation Squad, che rivendica il diritto all’oblio, sancito dalle leggi ma non applicato dai media. E naturalmente resta sempre l’avvocato: ma trovare in tribunale il modo per cancellare il proprio passato web non è detto che sia la strada più breve.
«L'Unità» del 23 novembre 2009
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