13 novembre 2009

Per il film della «martire» Ipazia scoppia la guerra alla censura che non c’è

di Mario Iannoccane
Gli esperti di marketing la chiamano guerrilla marke­ting: suscitare interesse per un prodotto con mezzi poco con­venzionali (provocazioni, polemi­che, petizioni). Oggi, le Sturmtrup­pen che vigilano sul laicismo sono state arruolate nella difesa preven­tiva del film «Agorà», presunto caso di censura. Propongono petizioni perché il film, che racconta la mor­te della «martire della scienza» uc­cisa nel V secolo ad Alessandria d’Egitto, sia distribuito nelle sale i­taliane. «Sono passati 1600 anni e siamo ancora allo stesso punto», lamenta Odifreddi. I contratti di di­stribuzione non sono ancora stati firmati in Italia, piange l’Unità. Si sospetta, al solito, la longa manus del Vaticano (eppure la filosofa fi­gura nella «Scuola d’Atene» di Raf­faello...).
Dovrebbero sapere, costo­ro, che alle pellicole europee non si applicano gli automatismi distri­butivi della strapotente cinemato­grafia ame­ricana; esse vengono distribuite con cautela per il ri­schio di flop. Difatti «Agorà» è un film di produzione spagnola, drammone del regista ­attivista A­menábar, ben fotografato e sce­neggiato come da manuale. Rovi­nato tuttavia con semplificazioni da propaganda di guerra che con la potenza delle immagini e la sugge­stione della luce brucia ogni chia­roscuro. La filosofa Ipazia, che guidò una scuola neoplatonica, è rappresentata giovane, intelligente e bellissima (in realtà era vicina ai 60 anni), quando i cristiani, igno­ranti, strillano agitando pesanti Vangeli. Mentre i pagani hanno oc­chi limpidi, sono chiarovestiti, stringono papiri e parlano con voci flautate, i cristiani sfoggiano l’oc­chio fisso del fanatico, sono infa­gottati in panni neri e brandiscono spade e spiedi. L’Ipazia di Rachel Weisz, intelligente e tollerante, ha la statura di un’eroina e si contrap­pone a una folla che ricorda l’ar­mata di Brancaleone da Norcia. Ve­niamo al punto. Nel film si afferma, senza concessioni al dubbio, che fu il patriarca Cirillo ad ordinare l’uc­cisione di Ipazia. Per intolleranza e invidia. Non sapremo mai la verità, ma tutto lascia pensare che non sia quella raccontata nel film. L’in­quieta Alessandria era teatro di fre­quenti violenze reciproche fra cri­stiani ed ebrei; di dispute fra catto­lici, nestoriani e ariani e gruppi pa­gani e gnostici. Su tali complessità Amenábar passa un colpo di spu­gna. Nel 415 la filosofa s’inimicò la fazione dei «parabalanoi», un gruppo di fanatici eretici che Cirillo cercava di riportare all’ortodossia; alla prima occasione costoro lin­ciarono la donna. Molti anni dopo due nemici di Cirillo, il nestoriano Socrate Scolastico e l’ariano Filo­storgio, accusarono il patriarca d’a­ver pianificato l’omicidio. Parados­salmente, questo film «difeso» da intellettuali e da un piccolo eserci­to di giacobini, opera semplifica­zioni che ripugnano alla scienza (storica). Un’occasione perduta.
«Avvenire» del 13 novembre 2009

1 commento:

greta ha detto...

è il film spagnolo più visto dell'anno, con oltre 19 milioni di incasso in Spagna. Ha una distribuzione in Francia (esce a gennaio), Germania (esce a febbraio), negli USA (prima metà del 2010) e stanno chiudendo gli accordi per la distribuzione nel Regn Unito. Sia quale sia la storia, siano quali siano gli eventuali errori di Amenabar, gli unici sfigati che non potranno giudicare dopo averlo visto, tra i grandi Paesi d'Occidente, sono gli italiani. Io non mi vanterei di questo e troverei penoso che il mio PAese, per qualunque ragione, sia privato dell'ultimo film di un regista Premio Oscar i cui precedenti film sono stati distribuiti. Detto per inciso, io il film l'ho visto in Spagna, l'ho trovato pesante per le discussioni filosofiche, ho notato che i cristiani erano barbuti e arcigni come sono oggi i talebani, ma non l'ho trovato affatto un film contro il cristianesimo. Cirillo che ce l'ha con i pagani, poi con gli ebrei, poi alza il tiro contro le donne per arrivare a Ipazia è solo la dimostrazione del fatto che il fanatismo è pericoloso. Che bisogna saper convivere con gli altri. Che non si chiudono i templi di chi crede in altri dei. Che non si assedia la Biblioteca perché custodisce altre culture.
E' un film che invita a riflettere sul fanatismo per parlarci di convivenza e tolleranza, perché se non impariamo a rispettarci "va a finire che Alessandria sarà vuota", come dice Ipazia nel film (e chissenefrega quanti anni avea Ipazia, quello che importa sono le idee di tolleranza e rispetto, razionalità e dubbio che rappresenta). Chi pensa che questo film sia contro il cristianesimo (il fatto che in questo caso i fanatici siano cristiano è incidentale), semplicemente non l'ha visto.