Aumentano i centri e le gravidanze, marginale il turismo procreativo
di Giuliano Ferrara
A dispetto della grancassa suonata dai nemici della legge 40, i dati sul suo funzionamento, raccolti dall’Istituto superiore di sanità e presentati ieri dal ministro della Salute, Livia Turco, dimostrano che i profeti di sventura hanno avuto torto marcio. Niente crollo delle nascite e chiusura dei centri, nessun esodo di massa all’estero. Dal 2003 al 2005 i centri sono semmai aumentati (da 120 a 169), così come le gravidanze, da 4.807 a 6.235, e come le pazienti trattate, da 17.125 a 27.254. A conti fatti, tuttavia, annuncia il ministro, “si evince una perdita ipotetica di 1.041 gravidanze”, sono cresciuti i parti gemellari e sono aumentati di tre punti percentuali gli esiti negativi delle gravidanze “per aborti spontanei, morti intrauterine, gravidanze ectopiche correlate all’obbligo di impianto di tutti gli embrioni previsto dalla legge”. Si dimentica, ancora una volta, che quell’obbligo non c’è, perché la legge prevede che non si “possano”, non che si “debbano”, impiantare più di tre embrioni. Si dimentica anche che prima della legge 40 si trasferivano anche quattro o cinque embrioni, salvo poi ricorrere alla soppressione di alcuni di essi, se attecchivano tutti. Inoltre, dice l’Iss, chi vuole una fecondazione eterologa o la diagnosi preimpianto le cerca all’estero, ed ecco scodellata la quadruplicazione delle coppie in trasferta a Barcellona, in Svizzera o a Cipro, per un totale di 1.365. Numero risibile rispetto alle 10.131 coppie in più, rispetto al 2003, che si sono rivolte ai centri italiani. Un dato scomodo, che da solo smentisce la tesi di chi non vede l’ora di rimettere mano alla legge.
«Il Foglio» del 3 luglio 2007
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