Un saggio di Luca Tedesco su «Nuova Storia Contemporanea»
di Dino Messina
«Iscritto al Pnf nel 1922, poi sostenitore critico del regime»
Enrico Mattei, fondatore dell’industria petrolifera italiana, era anche un genio della comunicazione. A partire dal 1956 avviò la pubblicazione della rassegna «Stampa e oro nero» in cui si raccoglievano tutti gli articoli negativi contro l’Eni, oltre che gli attacchi e i pettegolezzi personali. Nel 1960 la rassegna riportava l’articolo ripreso dal giornale svizzero «Basler Arbeiterzeitung» del 5 novembre 1959 secondo cui Mattei negli anni giovanili era stato «squadrista fascista», tanto acceso da arrivare a strappare la barba durante una lite al leader socialista di Matelica. Un altro numero di «Stampa e oro nero» riproponeva un pezzo del «Merlo giallo» in cui si affermava che il giovane Mattei aveva strappato invece i baffi al suo avversario. Aneddoti selezionati con l’aria di dire: guardate cosa vanno raccontando i nostri nemici, inventano episodi assurdi pur di screditare l’Eni e il suo leader. Le numerose biografie di Enrico Mattei, nato ad Acqualagna, nelle Marche, il 29 aprile 1906 e morto a Bascapé il 27 ottobre 1962 in un misterioso incidente aereo, si sono concentrate sul giallo della fine, non sugli anni bui degli inizi, quando il futuro industriale si impiegò come fattorino presso la conceria Fiore di Matelica. Italo Pietra nel suo «Mattei la pecora nera» scriveva che non esistevano pezze d’appoggio per sostenere la tesi di un Mattei squadrista. E Nico Perrone pur sottolineando le simpatie fasciste e nazionaliste si limita ad affermare nella biografia edita dal Mulino nel 2001: «Pare che ne ebbe anche la tessera». Nessuna prova però che scalfisse il santino del cattolico di sinistra iscritto al Partito popolare, dirigente della Resistenza, nemmeno nel saggio di Carlo Maria Lomartire, edito nel 2004 da Mondadori. Ora queste cautele vengono superate in un coraggioso e sintetico articolo che Luca Tedesco pubblicherà sul prossimo numero di «Nuova Storia Contemporanea», la rivista diretta da Francesco Perfetti. Un intervento che sin dal titolo esclude ogni dubbio: «Enrico Mattei squadrista e "dissidente" fascista». Tedesco si sente sicuro perché ha trovato a suo dire prove documentali del tutto inedite riguardanti tre aspetti del «Mattei fascista». Innanzitutto la prova dell’adesione al Pnf. «Un incartamento, peraltro assai scarno, relativo a Mattei, contenuto nell’archivio del Partito comunista: Direzione Nord della Fondazione istituto Gramsci di Roma - scrive Tedesco -, permette di sciogliere qualsiasi dubbio sul punto. L’unità archivistica 29, fasc. 17-1, contiene infatti la scheda di iscrizione di Mattei al Partito nazionale fascista, fascio di Matelica, dove Mattei frequentò le scuole medie inferiori. La data d’iscrizione è il 26 ottobre 1922. Mattei, classe 1906, ha sedici anni. La scheda indica l’assegnazione al reparto Principe». Un fascista della prima ora, affascinato dall’irredentismo di Mussolini sulla Dalmazia e dal suo populismo della «nazione proletaria» bisognosa di nuovi spazi. Dall’impegno giovanile di Matelica alla partecipazione come comandante partigiano alla Resistenza con i nomi di battaglia di «Este», «Monti», «Marconi» e «Leone» passano più di vent’anni. Come vive Mattei il suo lungo viaggio attraverso il fascismo? Senza la pretesa di fornire risposte assolute, Tedesco ci dà due scabrose istantanee dell’imprenditore marchigiano, che si era trasferito a Milano dove aveva fondato l’Icl, Industria chimica lombarda grassi e saponi. «La documentazione conservata presso l’Archivio centrale dello Stato - sostiene Tedesco - permette di far luce su alcuni aspetti, peraltro sorprendenti del rapporto intercorso tra Mattei e il regime fascista. Scopriamo così un Mattei delatore, come attesta la risposta data al ministero dell’Interno, datata 13 dicembre 1934, del prefetto di Milano, che riferisce della denuncia di Mattei delle espressioni "poco riguardose nei confronti del Fascismo" fatte da un certo Gualtiero Mari durante una conversazione con lo stesso Mattei». Mari, racconta Tedesco, era stato un dipendente della Icl, e non solo fu allontanato per comportamenti scorretti ma denunciato assieme alla moglie da Mattei all’Ufficio politico della milizia per «i loro sentimenti antitaliani». Più interessante l’altro documento riportato da Tedesco. L’appunto di un informatore dell’Ovra del febbraio 1934, in cui si riferiscono le critiche di Mattei al fascismo. È l’inizio di un percorso sofferto che sboccerà nella Resistenza, ma nel 1934 le obiezioni a Mussolini erano fatte in difesa di un fascismo originario, del «diciannovesimo» che caratterizzò gran parte del fascismo milanese. «Adesso il Duce fa tutto per Roma - scrive l’anonimo agente dell’Ovra riportando l’opinione di Mattei -, e non ascolta il grido di dolore che gli deve giungere da Milano. Certo è che quando la scorsa estate le vecchie camicie nere se ne vennero a Roma, bene gli fecero comprendere il loro sentimento e non risparmiarono gli appunti di dispiacenza... Ma a Milano è anche molto discusso il Corporativismo perché almeno nelle sue prime applicazioni è apportatore di danni ingenti all’Economia...». Mattei squadrista della prima ora, poi fascista critico. Se confermate, le ricerche di Tedesco ci restituiscono un Mattei figlio del suo tempo, lontano dal santino senza macchia funzionale alle battaglie del secondo dopoguerra.
«Corriere della sera» del 23 giugno 2007
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