È un modo di pensare marxista senza senso quello che dice che o si va con la storia oppure se ne viene travolti. Ci sono solo le nostre libere scelte
di Angelo Ascoli
Quelli che lo odiano, tutti politicamente corretti, lo definiscono uno dei maggiori reazionari e clerico-fascisti europei. Quelli che lo amano lo considerano uno dei pochi maestri coraggiosi del pensiero occidentale. È chiaro, quindi, che il Manifesto dei conservatori (Raffaello Cortina editore, pagg. XII-247, euro 22) è destinato a dividere, come ogni libro di questo professore inglese che lancia le sue provocazioni dalla campagna del Wiltshire dove si è ritirato a vivere.
Professor Scruton, il suo conservatorismo, dalla difesa delle nazioni a quella del matrimonio, ha molti valori in comune con uno dei grandi nemici dell’Occidente, l’Islam. È d’accordo?
«L’Islam non è esattamente un nemico dell’Occidente, ma porta un duro attacco al governo secolare, alla libertà religiosa, alla tolleranza e alla libertà dello stile di vita. Come i musulmani, io credo nel matrimonio, nella famiglia, nella necessità di dare spazio a uno stile religioso di vita. Ma, a differenza dei musulmani, io credo che sia lo Stato-nazione, piuttosto che Dio, la fonte dell’ordine legale».
Lei denuncia il conflitto del tradizionale Stato-nazione contro l’Unione Europea, l’Onu e le altre organizzazioni sovrannazionali. In un mondo sempre più globale, non è una battaglia antistorica?
«Non c’è bisogno, per uno Stato-nazione di essere contro l’Ue o l’Onu. Ma l’Ue deve riformarsi, così come deve accettare che l’opinione pubblica privilegi le nazioni e non gli altri organismi internazionali. Io non penso che la globalizzazione abbia cambiato qualcosa a questo riguardo: ha soltanto reso più urgenti certe esigenze. L’Unione Europea è popolare presso le élite, perché ha diffuso la loro libertà e il loro potere; non è popolare presso il popolo, perché ha sottratto forme preziose di supporto e ha ostacolato la vita quotidiana con assurdi regolamenti».
Il suo conservatorismo va contro il movimento della storia: lei pensa che sia soltanto una provocazione intellettuale oppure potrebbe realmente deviare il corso della storia?
«La storia non è una forza indipendente dalle decisioni umane che la creano. È un modo di pensare marxista vecchio e senza senso supporre che o si va con la storia oppure se ne è travolti. Non accadono simili cose nella storia, ci sono solo le nostre libere scelte. Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse detto a Cristo sulla croce: tu stai andando contro il corso della storia!».
Il conservatorismo è il contrario della rivoluzione. Ma che cosa sarebbe stata la storia senza rivoluzioni, senza strappi, anche violenti? Cosa sarebbe stata la storia senza la rivoluzione francese?
«La storia senza la rivoluzione francese sarebbe stata una storia senza il primo genocidio europeo, quello della Vandea, senza Napoleone e senza l’invasione dell’Europa. Sarebbe stata un’Europa senza le tensioni che hanno provocato la prima guerra mondiale, e senza le due rivoluzioni, quella sovietica e quella nazista, che hanno provocato la distruzione del nostro continente. Per tutto questo io sono attratto dall’idea di una storia senza rivoluzioni».
Lei parla di buonsenso come antidoto contro tanti mali moderni. Che cos’è il buonsenso?
«Il buonsenso vuol dire preferire una soluzione ragionevole; significa risolvere i conflitti umani con il compromesso e il dialogo; significa sospettare degli intellettuali con le loro utopie e i loro ideali».
Il suo conservatorismo va al di là di destra e sinistra?
«Sinistra e destra sono parole ereditate dalla rivoluzione francese, quando il Terzo Stato sedeva alla sinistra del re, la nobiltà e il clero alla sua destra. Sarebbe potuto essere al contrario e sarebbe stato un ribaltone per il re. Ma se sono costretto a definirmi, preferirei dire che io sono di destra da quando credo nell’autorità, nell’ordine, nella legge, nella proprietà e nella tradizione».
Ottimista o pessimista sul destino della nostra epoca?
«La nostra epoca ha aspetti che fanno sperare. Ma certamente io cerco di essere pessimista in modo che possa essere piacevolmente sorpreso dagli eventi».
Professore, lei è credente?
«Io sono un cristiano, non posso accettare tutti i dogmi della Chiesa cattolica».
I giovani sono, per antonomasia, ribelli. Possono le nuove generazioni essere ribelli?
«Da giovane sono stato ribelle. Mi sono ribellato al socialismo; mi sono ribellato allo Stato e al suo disprezzo per la libertà individuale. E mi sono ribellato ai giovani, alla loro stupidità e mancanza di cultura. Io penso che possano esserci altri giovani che sentano ciò che ho sentito io».
Cosa pensa dell’educazione delle nuove generazioni?
«È un problema difficile. Il futuro della civiltà non dipende più dalla cultura universale, ma da un’élite colta. Bisogna creare le condizioni per incoraggiare un’élite simile a emergere».
Con Eliot, lei denuncia il pericolo dell’umanesimo liberale e scientifico. Perché proprio Eliot e non altri poeti o pensatori antimoderni, come Nietzsche?
«Amo Eliot perché è sereno, moderato e non è apocalittico. Nietzsche fu un egocentrista e un pazzo, che ebbe pensieri di distruzione e fu incapace di accettare che la gente possa vivere di compromessi e possa accettare il proprio destino con rassegnazione, invece che vivere tra guerre e sofferenze».
Quali sono stati i suoi maestri del pensiero?
«La maggiore influenza sul mio pensiero politico l’ha avuta Hegel. Sul resto del mio pensiero, Kant, Wittgenstein e Dante».
Quali sono i tre libri necessari per un perfetto conservatore?
«Le riflessioni sulla rivoluzione francese di Edmund Burke; i Quattro quartetti di T.S. Eliot e i Promessi sposi di Manzoni».
E i tre libri che un vero conservatore non deve leggere?
«I conservatori non hanno bisogno di difendersi da libri da cui sono in disaccordo. Comunque, ci sono libri che riescono a farli arrabbiare più del necessario: includo in questa lista tutte le opere di Foucault, Deleuze, Guattari, Lacan, Derrida, ecc.».
Professor Scruton, il suo conservatorismo, dalla difesa delle nazioni a quella del matrimonio, ha molti valori in comune con uno dei grandi nemici dell’Occidente, l’Islam. È d’accordo?
«L’Islam non è esattamente un nemico dell’Occidente, ma porta un duro attacco al governo secolare, alla libertà religiosa, alla tolleranza e alla libertà dello stile di vita. Come i musulmani, io credo nel matrimonio, nella famiglia, nella necessità di dare spazio a uno stile religioso di vita. Ma, a differenza dei musulmani, io credo che sia lo Stato-nazione, piuttosto che Dio, la fonte dell’ordine legale».
Lei denuncia il conflitto del tradizionale Stato-nazione contro l’Unione Europea, l’Onu e le altre organizzazioni sovrannazionali. In un mondo sempre più globale, non è una battaglia antistorica?
«Non c’è bisogno, per uno Stato-nazione di essere contro l’Ue o l’Onu. Ma l’Ue deve riformarsi, così come deve accettare che l’opinione pubblica privilegi le nazioni e non gli altri organismi internazionali. Io non penso che la globalizzazione abbia cambiato qualcosa a questo riguardo: ha soltanto reso più urgenti certe esigenze. L’Unione Europea è popolare presso le élite, perché ha diffuso la loro libertà e il loro potere; non è popolare presso il popolo, perché ha sottratto forme preziose di supporto e ha ostacolato la vita quotidiana con assurdi regolamenti».
Il suo conservatorismo va contro il movimento della storia: lei pensa che sia soltanto una provocazione intellettuale oppure potrebbe realmente deviare il corso della storia?
«La storia non è una forza indipendente dalle decisioni umane che la creano. È un modo di pensare marxista vecchio e senza senso supporre che o si va con la storia oppure se ne è travolti. Non accadono simili cose nella storia, ci sono solo le nostre libere scelte. Immaginiamo cosa sarebbe successo se qualcuno avesse detto a Cristo sulla croce: tu stai andando contro il corso della storia!».
Il conservatorismo è il contrario della rivoluzione. Ma che cosa sarebbe stata la storia senza rivoluzioni, senza strappi, anche violenti? Cosa sarebbe stata la storia senza la rivoluzione francese?
«La storia senza la rivoluzione francese sarebbe stata una storia senza il primo genocidio europeo, quello della Vandea, senza Napoleone e senza l’invasione dell’Europa. Sarebbe stata un’Europa senza le tensioni che hanno provocato la prima guerra mondiale, e senza le due rivoluzioni, quella sovietica e quella nazista, che hanno provocato la distruzione del nostro continente. Per tutto questo io sono attratto dall’idea di una storia senza rivoluzioni».
Lei parla di buonsenso come antidoto contro tanti mali moderni. Che cos’è il buonsenso?
«Il buonsenso vuol dire preferire una soluzione ragionevole; significa risolvere i conflitti umani con il compromesso e il dialogo; significa sospettare degli intellettuali con le loro utopie e i loro ideali».
Il suo conservatorismo va al di là di destra e sinistra?
«Sinistra e destra sono parole ereditate dalla rivoluzione francese, quando il Terzo Stato sedeva alla sinistra del re, la nobiltà e il clero alla sua destra. Sarebbe potuto essere al contrario e sarebbe stato un ribaltone per il re. Ma se sono costretto a definirmi, preferirei dire che io sono di destra da quando credo nell’autorità, nell’ordine, nella legge, nella proprietà e nella tradizione».
Ottimista o pessimista sul destino della nostra epoca?
«La nostra epoca ha aspetti che fanno sperare. Ma certamente io cerco di essere pessimista in modo che possa essere piacevolmente sorpreso dagli eventi».
Professore, lei è credente?
«Io sono un cristiano, non posso accettare tutti i dogmi della Chiesa cattolica».
I giovani sono, per antonomasia, ribelli. Possono le nuove generazioni essere ribelli?
«Da giovane sono stato ribelle. Mi sono ribellato al socialismo; mi sono ribellato allo Stato e al suo disprezzo per la libertà individuale. E mi sono ribellato ai giovani, alla loro stupidità e mancanza di cultura. Io penso che possano esserci altri giovani che sentano ciò che ho sentito io».
Cosa pensa dell’educazione delle nuove generazioni?
«È un problema difficile. Il futuro della civiltà non dipende più dalla cultura universale, ma da un’élite colta. Bisogna creare le condizioni per incoraggiare un’élite simile a emergere».
Con Eliot, lei denuncia il pericolo dell’umanesimo liberale e scientifico. Perché proprio Eliot e non altri poeti o pensatori antimoderni, come Nietzsche?
«Amo Eliot perché è sereno, moderato e non è apocalittico. Nietzsche fu un egocentrista e un pazzo, che ebbe pensieri di distruzione e fu incapace di accettare che la gente possa vivere di compromessi e possa accettare il proprio destino con rassegnazione, invece che vivere tra guerre e sofferenze».
Quali sono stati i suoi maestri del pensiero?
«La maggiore influenza sul mio pensiero politico l’ha avuta Hegel. Sul resto del mio pensiero, Kant, Wittgenstein e Dante».
Quali sono i tre libri necessari per un perfetto conservatore?
«Le riflessioni sulla rivoluzione francese di Edmund Burke; i Quattro quartetti di T.S. Eliot e i Promessi sposi di Manzoni».
E i tre libri che un vero conservatore non deve leggere?
«I conservatori non hanno bisogno di difendersi da libri da cui sono in disaccordo. Comunque, ci sono libri che riescono a farli arrabbiare più del necessario: includo in questa lista tutte le opere di Foucault, Deleuze, Guattari, Lacan, Derrida, ecc.».
«Il Giornale» del 1 giugno 2007
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