di Giovanni Belardelli
Qual è l’innovazione scientifica di cui ha più bisogno l’umanità? È questa la domanda cui hanno risposto per iscritto gli studenti di oltre centoventi scuole italiane che partecipavano a un concorso indetto dal ministero per l’Università e la ricerca. Nel darne notizia, il settimanale online Tuttoscuola segnala la presenza, tra le proposte pervenute, di una particolarmente singolare. Per uno dei concorrenti la vera, rivoluzionaria innovazione sarebbe quella che permettesse di trasferire le informazioni direttamente al cervello, in modo da non dover sacrificare anni e anni della propria vita allo studio. Dove colpisce non tanto l’idea in sé, quanto l’associazione tra sviluppo del sapere e drastica diminuzione del tempo di studio. Colpisce soprattutto perché una tale associazione, secondo Tuttoscuola, esprimerebbe un orientamento presente anche in altri testi del concorso, concordi nel mostrare ampia disponibilità verso la conoscenza scientifica «purché non collegata all’impegno, alla fatica individuale dell’apprendere studiando». Per quanto contraddittoria e assurda, questa aspirazione ad apprendere in fretta, ora, subito, senza perder tempo e soprattutto senza doversi impegnare, costituisce purtroppo un segno dei tempi, legata com’è, evidentemente, alle informazioni sempre più brevi, frammentate e veloci prodotte dalla rivoluzione informatica e da Internet. C’è solo da augurarsi che l’utopia di una conoscenza liberata dallo studio, seppur diffusa tra i partecipanti al citato concorso, non lo sia altrettanto tra gli studenti italiani. Non sarebbe un buon viatico per chi si dovrà confrontare con i tanti laureati di Paesi come Cina e India, che già oggi a quell’utopia danno prova di non credere affatto.
«Corriere della sera» del 5 maggio 2007
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