di Alessandro Maggiolini
Poveri intellettuali. Non sanno che l’Antico Testamento è stato tradotto alcuni secoli prima di Cristo (in una edizione detta dei «Settanta») e che la Bibbia è il libro più diffuso almeno nella cultura occidentale. Così almeno si inferisce da una intervista di questi giorni fatta a uomini che dovrebbero essere di primissimo piano: Cacciari, Magris, Umberto Eco, Gianni Vattimo, e litanie continuante. Adesso costoro con altri adepti propongono una iniziativa esplosiva: che la Bibbia non sia riservata né alla Chiesa, né al catechismo, ma sia portata nella scuola, come testo letterario laico: al modo - si ponga - della Iliade, dell’Odissea, dell’Eneide, della Divina Commedia. Forse anche del Decamerone. Diecimila firme sono state consegnate, ora si aspetta la risposta del ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni. Che, pare giustamente, tentenna.
Non ci si spaventi. Non si tratta di usare un testo sacro per analizzare e comprendere la tradizione del mondo antico, per conoscere e anche criticare miti invalsi. A differenza della mentalità cattolica, la presidentessa di «Biblia», Agnese Cini, sostiene che in una grande parte della Cei esiste perplessità. Monsignor Giuseppe Betori teme l’interpretazione laica di un testo religioso. Egli pensa che questa iniziativa possa minare l’ora di religione cattolica; invece, Agnese Cini dichiara che questo studio non esclude la religione, perché è un momento culturale sul testo biblico che interessa tutti, credenti e non. «La Bibbia è stata scritta da laici (anche Paolo? Anche Pietro? Anche Gesù?) per i laici. È la storia di un popolo alla ricerca di un’etica per la vita».
La presidentessa di «Biblia» - asserisce la cronaca giornalistica - è agguerritissima. Forte di adesioni alla sua iniziativa di teologi, musicisti, insegnanti universitari, politici. Monsignor Luigi Sartori e Gianfranco Ravasi si trovano d’accordo con Agnese Cini. Senza chiarire il metodo di accostamento e di lettura che non un capriccio, ma la Bibbia stessa domanda di essere letta. Sarebbe singolare studiare i vari libri dell’Antico e del Nuovo Testamento come si legge Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. È umoristico leggere la Bibbia per trovare la soluzione che accetta o rifiuta il darwinismo. Oggi queste ingenuità sono da lasciare alle nonne che non si sono aggiornate nemmeno sul catechismo di Pio X. E così pure si dica che la Bibbia non obbliga a credere che Dio abbia creato il mondo in sette giorni, escludendo anche l’anno bisestile. La sinistra sostiene questa «bellissima proposta» che non deve essere vista in una logica riduttiva di contrapposizione tra cultura laica e cultura confessionale.
Ciò non significa che la Bibbia, dal punto di vista storico e letterario, sia uno degli scritti che maggiormente hanno contribuito alla formazione della nostra identità culturale. Un intellettuale di mezza tacca che non ha letto e studiato e magari pianto sul libro di Giobbe si annoveri quasi tra gli analfabeti. Ma sarebbe ridicolo leggere il Miserere come un pezzo di opera buffa.
Non ci si spaventi. Non si tratta di usare un testo sacro per analizzare e comprendere la tradizione del mondo antico, per conoscere e anche criticare miti invalsi. A differenza della mentalità cattolica, la presidentessa di «Biblia», Agnese Cini, sostiene che in una grande parte della Cei esiste perplessità. Monsignor Giuseppe Betori teme l’interpretazione laica di un testo religioso. Egli pensa che questa iniziativa possa minare l’ora di religione cattolica; invece, Agnese Cini dichiara che questo studio non esclude la religione, perché è un momento culturale sul testo biblico che interessa tutti, credenti e non. «La Bibbia è stata scritta da laici (anche Paolo? Anche Pietro? Anche Gesù?) per i laici. È la storia di un popolo alla ricerca di un’etica per la vita».
La presidentessa di «Biblia» - asserisce la cronaca giornalistica - è agguerritissima. Forte di adesioni alla sua iniziativa di teologi, musicisti, insegnanti universitari, politici. Monsignor Luigi Sartori e Gianfranco Ravasi si trovano d’accordo con Agnese Cini. Senza chiarire il metodo di accostamento e di lettura che non un capriccio, ma la Bibbia stessa domanda di essere letta. Sarebbe singolare studiare i vari libri dell’Antico e del Nuovo Testamento come si legge Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno. È umoristico leggere la Bibbia per trovare la soluzione che accetta o rifiuta il darwinismo. Oggi queste ingenuità sono da lasciare alle nonne che non si sono aggiornate nemmeno sul catechismo di Pio X. E così pure si dica che la Bibbia non obbliga a credere che Dio abbia creato il mondo in sette giorni, escludendo anche l’anno bisestile. La sinistra sostiene questa «bellissima proposta» che non deve essere vista in una logica riduttiva di contrapposizione tra cultura laica e cultura confessionale.
Ciò non significa che la Bibbia, dal punto di vista storico e letterario, sia uno degli scritti che maggiormente hanno contribuito alla formazione della nostra identità culturale. Un intellettuale di mezza tacca che non ha letto e studiato e magari pianto sul libro di Giobbe si annoveri quasi tra gli analfabeti. Ma sarebbe ridicolo leggere il Miserere come un pezzo di opera buffa.
«Il Giornale» dell'11 giugno 2007
Nessun commento:
Posta un commento