Negli ultimi saggi sulla psiche, la biologia del cervello incontra la psichiatria
di Edoardo Boncinelli
«Si riscopre il ruolo della psicoanalisi nello studio della mente».
Gli studiosi sono attenti all’analisi del profondo.
Oggi il problema è la coscienza, non l’inconscio
Gli studiosi sono attenti all’analisi del profondo.
Oggi il problema è la coscienza, non l’inconscio
«È impaziente e indugia, vorrebbe osare e trepida, è preoccupata e furente, perché nel medesimo corpo in fondo ella odia il mostro e ama lo sposo», il bellissimo giovane, «alla cui vista la stessa luce della lampada brillò più viva». Così Ovidio descrive le oscillazioni di Psiche nell’imminenza dell’incontro decisivo con Amore, suo divino sposo. E attraverso mille tribolazioni Psiche, la fanciulla la cui fulgida bellezza «sfida ogni descrizione», diverrà immortale. Immortali e imperiture si presentano in ogni tempo le oscillazioni e le sospensioni dell’animo umano, oggetto da sempre di affascinanti descrizione e di acute analisi. Sono stati però essenzialmente gli ultimi cento anni quelli che hanno collocato la psiche umana al centro dell’attenzione e che ne hanno fatto un oggetto di studio e di riflessione di primaria importanza. Con il termine psiche si intende usualmente quell’insieme di processi interiori che conducono ad un comportamento, magari ripetuto, ad uno stato d’animo, a specifiche preferenze e talvolta a specifiche convinzioni. Dove ha sede la psiche? In tutto il sistema nervoso - centrale, periferico e autonomo - e in quello endocrino, ma un ruolo centrale ve lo gioca certamente il cervello. In che rapporto si trova allora con la mente la psiche? È tutta una questione di definizioni. Si potrebbe anche sostenere che i due termini sono sinonimi, ma in genere si fa una certa distinzione fra la capacità raziocinante, calcolatrice, rivolta alla soluzione razionale di problemi espliciti - chiamandola mente - e la sfera delle motivazioni, dell’emotività e del sentimento - che chiamiamo più specificamente psiche. Se studiare la mente non è un problema da poco, studiare la psiche si presenta ancora più arduo, anche in ragione dell’enorme numero di pregiudizi e di resistenze psicologiche che circondano l’argomento. Se è vero infatti che noi teniamo molto al nostro corpo e alla sua salute, è ancora più vero che il nostro principale obbiettivo è il benessere complessivo, sintesi superiore di elementi somatici e psichici. Che cosa vogliamo sapere in sostanza dallo studio della psiche? Vogliamo sapere perché in questa o quella circostanza qualcuno, incluso noi stessi, si è comportato in una certa maniera, perché «si sente» in un certo stato d’animo, perché si mette spesso in certe situazioni e perché preferisce una cosa ad un’altra. E vogliamo saperlo anche quando, se non soprattutto quando, il soggetto presenta un disagio o è giudicato sofferente da chi lo circonda. Chi dovrebbe fare questo studio? La psicologia innanzitutto, che è nata come scienza autonoma alla fine dell’Ottocento. Poi la psichiatria, clinica e ricerca allo stesso tempo. Poi lo studio scientifico della biologia del cervello, riassunto oggi con il termine collettivo di neuroscienze. Ma non c’è dubbio che l’evento più clamoroso, quello che ha cambiato completamente il clima dello studio della psiche e che ha di fatto messo la psiche al centro della nostra vita, è stato la nascita della psicoanalisi. Il suo geniale inventore, Sigmund Freud, ha messo a disposizione di tutti una teoria pressoché onnicomprensiva della psiche, una teoria di grande potenza narrativa e di enorme suggestione. Egli ha avuto il pregio di proporre una teoria sistematica, quando tutti i «sistemi» stavano cadendo e di affidarsi ad una narrazione mitologica, quando le mitologie stavano tramontando una dopo l’altra. Quale di queste diverse discipline può darci un contributo decisivo allo studio della psiche? Tutte probabilmente, e magari con l’aiuto di qualche altra. Questo è l’assunto, per me più che ragionevole, di due opere di un certo peso uscite quasi contemporaneamente. Sto parlando di Psicoanalisi. Teoria, clinica, ricerca a cura di Ethel S. Person, Arnold, M. Cooper e Glen O.Gabbard (Raffaello Cortina) e dei due volumi di Psiche. Dizionario storico di psicologia, psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze (Einaudi). Per vie diverse e con accenti diversi, le due opere cercano di offrire un quadro aggiornato dello stato delle nostre conoscenze e delle ricerche in corso nel campo della psiche, normale e patologica. Da entrambe emerge chiaramente un’idea. Se un tempo era l’inconscio a costituire un problema, dal momento che per secoli si era ritenuto che fosse la coscienza l’essenza della nostra psiche e che i suoi contenuti ci fossero chiari e evidenti, oggi è semmai la coscienza a costituire il problema principale. Quasi tutto quello che ci accade si sviluppa nelle regioni inconsce, tanto dal punto di vista cognitivo quanto da quello emotivo. Solo una minima parte di tutto questo si affaccia, temporaneamente e fugacemente, alla nostra coscienza. L’opera edita da Raffaello Cortina, traduzione quasi in tempo reale di un testo uscito negli Stati Uniti sotto l’egida della American Psychiatric Publishing, è più centrata, come dice il titolo, sulla teoria psicoanalitica. Si tratta di un compendio di quello che si può intendere oggi per pensiero e prassi psicoanalitica, alla luce dei suoi incontri e scontri con altre scienze della psiche e in particolare con le neuroscienze, con le quali si è talvolta fusa per dar luogo alla cosiddetta neuropsicoanalisi, la versione più scientificamente aggiornata della psicoanalisi stessa alle soglie del terzo millennio. Ancora più interdisciplinare l’approccio del Dizionario storico di Einaudi, contenente moltissime voci redatte da fior di scienziati attivi nel campo delle neuroscienze sperimentali. Il quadro che se ne ricava è molto ampio e equilibrato, anche se non può sfuggire il fatto che la tematica di fondo e l’ordito stesso della trattazione sono di matrice inconfondibilmente psicoanalitica e giganti della stazza di William James passano in secondo piano rispetto a Freud, il cui spirito aleggia in ogni frase.
«Corriere della Sera» del 27 maggio 2007
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