09 luglio 2007

Il Borges ritrovato

Il premio Nobel portoghese celebra lo scrittore argentino, entrando nel labirinto di un suo personaggio immaginario
di Jose' Saramago
Herbert Quain non è solo un mito Ecco la prova che è esistito davvero.
Tutti conosciamo quel dipinto di Magritte che rappresenta una mela e in cui nello stesso tempo ci si dice: «Questa non è una mela». Veramente ha ragione il dipinto: quello che ha fatto Magritte non è una mela, ma una sua rappresentazione. Tuttavia, e malgrado l’evidenza e l’avvertimento del pittore, continuiamo ad affermare, quando guardiamo il quadro o quando lo ricordiamo: «Quella è una mela». Proprio come Magritte, sento anch’io, in questo momento, il dovere di avvisarvi che questa non è una conferenza. Non mi stupirei, però, se, alla fine, uno di voi, più severamente condizionato dal rituale di questi avvenimenti letterari, dicesse al vicino: «Questa è stata una conferenza». Spero che quel vicino abbia il coraggio di rispondere: «Non è stata una conferenza, è stata solo l’intenzione di una conferenza». Sfidando il vostro più che giustificato scetticismo, ho intitolato questo testo che non è una conferenza Alcune prove dell’esistenza reale di Herbert Quain. In effetti, secondo quanto Borges ci ha permesso di conoscere sull’argomento, il fatto che Herbert Quain abbia scritto un certo numero di libri non sarebbe una prova sufficiente che sia esistito come persona. Qualcuno ha visto un ritratto di Quain? Un campione della sua calligrafia? Il disegno delle sue impronte digitali? Il passaporto? Una notizia nel Larousse o nell’Enciclopedia Britannica? Una lettera d’amore da lui scritta o da lui ricevuta? No, nessuno ha visto, nessuno ha letto niente, e quindi sembra che Borges abbia ragione. Herbert Quain non è esistito, è stato tutto un puro gioco. Ma come può essere stato tutto un puro gioco se lo stesso Borges afferma di avere letto questi libri, e fra di essi uno che s’intitola The God of the Labyrinth? E non solo dichiara di averlo letto, ma ci dà anche precise indicazioni sull’intreccio poliziesco che vi si narra . D’altro canto, mi sembra difficilmente accettabile che qualcuno sprechi il proprio tempo a proclamare la non esistenza di una persona, mentre ci informa del luogo in cui tale persona sarebbe deceduta. Secondo Borges, lo scrittore Herbert Quain dovrebbe essere morto in una città chiamata Roscommon, ma non ci si dice di quale Roscommon si tratti. Forse che Borges ignorava che vi sono due luoghi al mondo con questo nome, uno in Irlanda, l’altro negli Stati Uniti? Tenendo conto che solo su due giornali - The Times e The Splendor -, entrambi inglesi, sono comparsi alcuni articoli in occasione della morte di Quain, siamo portati a credere che il Roscommon di cui si fa menzione sia l’irlandese. Tuttavia, basta che ci ricordiamo dell’enorme quantità di irlandesi che vivono negli Stati Uniti per dover ammettere l’ipotesi che l’irlandese Herbert Quain potrebbe essere emigrato negli Stati Uniti e lì rimasto. Mi si dirà che nessun giornale americano ha parlato della sua opera o della sua vita, ma questo, come ci ha insegnato l’esperienza, non prova nulla . Fra tante e tanto serie contraddizioni, disorientati in un labirinto apparentemente senza via d’uscita, sarebbe più comodo che rinunciassimo all’esame del Examen de la obra de Herbert Quain e accettassimo che, proprio come il francese Pierre Menard era stato un’invenzione di Borges, dovrebbe esserlo stato anche l’irlandese Herbert Quain. Perseveriamo, tuttavia, un altro po’. L’invenzione di Pierre Menard, della cui esistenza reale non abbiamo effettivamente prove, avvenne nel 1939, e poco tempo dopo, nel 1941, accadde quella che, in base allo stesso ordine di idee, potremmo chiamare «l’invenzione di Herbert Quain». Con la differenza che, al contrario di Menard, l’autore di The God of the Labyrinth è davvero esistito. Non sono state ritrovate lettere d’amore, né fotografie, né impronte digitali, né prove calligrafiche, ma vi sono prove consistenti, tanto fra le oggettive quanto fra le soggettive, del suo passaggio per il mondo e della sua effettiva attività di scrittore. Come adesso passerò a dimostrare. Alla fine del 1935, e cioè due anni dopo la pubblicazione di The God of the Labyrinth, un esemplare di questo libro, almeno un esemplare, faceva parte della biblioteca di una nave inglese denominata «Highland Brigade». Lo prese in prestito dal rispettivo bibliotecario un poeta portoghese, Ricardo Reis, imbarcatosi a Rio de Janeiro, e di cui, curiosamente, per molti anni, si disse che pure lui non era esistito. Orbene, non è necessario avere studiato logica intuizionista per comprendere che due proposizioni contraddittorie non possono essere, entrambe, false. Come si applica questo a Ricardo Reis e a Herbert Quain? Accettando, ancorché con un ricorso al paradosso, che se uno di loro è autentico, può esserlo anche l’altro. Inoltre, abbiamo la prova del libro. Sbarcando a Lisbona, il poeta Ricardo Reis, per dimenticanza, non restituisce The God of the Labyrinth alla biblioteca. Sono cose che succedono continuamente, dimenticarci di restituire un libro . È solo in albergo che Reis, aprendo le valigie, si accorge di avere The God. Diciamo, quindi, che l’esistenza materiale del libro è dimostrata dal fatto che, in primo luogo, Ricardo Reis lo ha trovato e, in secondo luogo, lo porta con sé nell’albergo. Devo dire subito che Ricardo Reis, nonostante lo avesse tentato non poche volte, non riesce a finire la lettura di The God of the Labyrinth: questo fatto mi ha impedito di conoscere, sul contenuto dell’opera, ben più di quel pochissimo che ci ha detto Borges . Le casualità della vita sono una realtà, basterà prestarvi un minimo di attenzione per comprendere che le persone e le cose sono tutte collegate l’una con l’altra, quel che accade, purtroppo, è che non sempre sappiamo dove si trovi il filo che le collega, e a volte lo abbiamo in mano e ce ne accorgiamo troppo tardi. A me stupisce molto che Borges non abbia scritto, per esempio, L’anno della morte di Ricardo Reis. Borges non ignorava, certamente, che il poeta portoghese era medico e monarchico, che era andato in Brasile nel 1919 e che nel 1935, dopo avere ricevuto la notizia della morte di Fernando Pessoa, ritornò a Lisbona. È da questi pochissimi fatti che si è creato il romanzo. Orbene, se Borges era stato capace di inventare Pierre Menard e Herbert Quain, è chiaro che per lui sarebbe stato un gioco da ragazzi dar vita a Ricardo Reis. Forse non lo ha fatto proprio perché non era così tanto facile.
(traduzione di Rita Desti)

Un convegno internazionale Il brano inedito pubblicato è tratto da Reencuentros con Borges. Per speculum in oenigmate, (a cura di Fabio Rodríguez Amaya), Bergamo University Press-Sestante, pp. 148, 17. Le citazioni sono tratte da: José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis, Einaudi. Il libro raccoglie i testi originali del Convegno Internazionale svoltosi all’Università di Bergamo con saggi, tra gli altri, di José Saramago, premio Nobel per la letteratura 1999; Vladimir Mikes, poeta e drammaturgo ceco; Rosalba Campra, scrittrice argentina; Jacques Gilard, critico francese. Con un inserto fotografico di Ferdinando Scianna.
« Corriere della Sera » del 23 maggio 2007

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