Venerdì 10 febbraio è la giornata per ricordare le vittime delle FOIBE.
Pochi sanno cosa sono …
Il termine "foiba" è una corruzione dialettale del latino "fovea", che significa "fossa"; le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità. Le foibe furono utilizzate in diverse occasioni e, in particolare, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale per infoibare (“spingere nella foiba”) migliaia di italiani, antifascisti e fascisti, colpevoli di opporsi all’espansionismo comunista slavo propugnato da Josip Broz meglio conosciuto come “Maresciallo Tito”. Insomma, pulizia etnica ai danni degli italiani, tanto che Kardelj (vice di Tito) poté affermare orgogliosamente che «ci fu chiesto di far andar via gli Italiani con tutti i mezzi e così fu fatto». Nessuno sa quanti siano stati gli infoibati: stime attendibili parlano di 10-15.000 sfortunati.
Le foibe, però, ebbero la loro massima intensità nei quaranta giorni dell'occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e dell'Istria, dall'aprile fino a metà giugno '45, quando gli anglo-americani rientrarono a Trieste occupata dalle milizie di Tito. Come scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli esteri Kardelj non si prestavano a equivoci: «Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello sciovinismo e dell’odio nazionale». Era il preludio alla carneficina, che non risparmiò nemmeno gli antifascisti di chiara fede italiana, nemmeno membri del Comitato di liberazione nazionale.
Il termine "foiba" è una corruzione dialettale del latino "fovea", che significa "fossa"; le foibe, infatti, sono voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato, create dall’erosione di corsi d’acqua; possono raggiungere i 200 metri di profondità. Le foibe furono utilizzate in diverse occasioni e, in particolare, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale per infoibare (“spingere nella foiba”) migliaia di italiani, antifascisti e fascisti, colpevoli di opporsi all’espansionismo comunista slavo propugnato da Josip Broz meglio conosciuto come “Maresciallo Tito”. Insomma, pulizia etnica ai danni degli italiani, tanto che Kardelj (vice di Tito) poté affermare orgogliosamente che «ci fu chiesto di far andar via gli Italiani con tutti i mezzi e così fu fatto». Nessuno sa quanti siano stati gli infoibati: stime attendibili parlano di 10-15.000 sfortunati.
Le foibe, però, ebbero la loro massima intensità nei quaranta giorni dell'occupazione jugoslava di Trieste, Gorizia e dell'Istria, dall'aprile fino a metà giugno '45, quando gli anglo-americani rientrarono a Trieste occupata dalle milizie di Tito. Come scrive Gianni Oliva, gli ordini di Tito e del suo ministro degli esteri Kardelj non si prestavano a equivoci: «Epurare subito», «Punire con severità tutti i fomentatori dello sciovinismo e dell’odio nazionale». Era il preludio alla carneficina, che non risparmiò nemmeno gli antifascisti di chiara fede italiana, nemmeno membri del Comitato di liberazione nazionale.
Ci fu una vera e propria caccia all'italiano, con esecuzioni sommarie, deportazioni, infoibamenti. In quel periodo solo a Trieste furono deportate circa ottomila persone: solo una parte di esse potrà poi far ritorno a casa. I crimini ebbero per vittime militari e civili italiani, ma anche civili sloveni e croati, vittime di arresti, processi farsa, deportazioni, torture, fucilazioni. La mattanza si protrasse per alcune settimane, sebbene a Trieste e a Gorizia fra il 2 e il 3 maggio fosse arrivata anche la seconda divisione neozelandese del generale Bernard Freyberg, inquadrata nell’VIII armata britannica. Finì il 9 giugno quando Tito e il generale Alexander tracciarono la linea di demarcazione Morgan, che prevedeva due zone di occupazione – la A e la B – dei territori goriziano e triestino, confermate dal Memorandum di Londra del 1954. È la linea che ancora oggi definisce il confine orientale dell’Italia. La persecuzione degli italiani, però, durò almeno fino al '47, soprattutto nella parte dell'Istria più vicina al confine e sottoposta all'amministrazione provvisoria jugoslava.
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