Federica Saini Fasanotti riscopre una vicenda dimenticata
di Antonio Carioti
La Grecia anticipò la Jugoslavia? Per certi versi sì, sia pure su scala di gran lunga inferiore. Prima del grande esodo degli italiani dall’Istria e da Fiume, ci fu la fuga dei nostri connazionali, nel 1944, dalla costa e dalle isole dello Jonio: «Furono migliaia le persone, anche residenti in Grecia da decenni, che dovettero fare le valigie e rimpatriare frettolosamente per sfuggire alle minacce degli ellenici, che intendevano vendicarsi per la guerra di aggressione di Mussolini». A rievocare la vicenda, finora ignorata, è Federica Saini Fasanotti, che nel libro La gioia violata (Edizioni Ares, pp. 302, 18) si sofferma sui crimini subiti dagli italiani, durante il secondo conflitto mondiale, per mano di forze della coalizione antifascista. I partigiani greci, nazionalisti o comunisti, non furono inferiori per determinazione e ferocia a quelli di Tito, nel combattere le truppe del regio esercito che occupavano il loro paese. Va anzi rilevato che dopo l’8 settembre, mentre gli jugoslavi consentirono di mantenere le armi ad alcuni reparti italiani che non si erano arresi ai tedeschi, in Grecia non fu così. In violazione degli accordi stipulati, i soldati della divisione Pinerolo furono disarmati il 14 ottobre 1943. Chi si oppose venne messo al muro, gli altri furono rinchiusi in campi di prigionia dove soffrirono disagi e angherie d’ogni genere, con un tasso di mortalità molto alto. Il ritiro tedesco e lo sbarco britannico, nell’autunno 1944, migliorarono la situazione, ma il conflitto scoppiato fra gli inglesi e l’ala comunista della Resistenza greca fece ancora parecchie vittime tra i nostri militari, colpiti dalle rappresaglie partigiane. Né i civili, come si è detto, furono risparmiati: la fiorente comunità italiana di Patrasso si ridusse in breve da 12 mila a 1700 persone, che un rapporto del luglio 1945 descrive come terrorizzate, impoverite, perseguitate, «in preda alla disperazione».
«Corriere della sera» del 9 febbraio 2007
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