La «disumana ferocia» rimossa da 60 anni per ideologia: «Fu congiura del silenzio»
di Pino Ciociola
La Storia, non una raccapricciante, propagandistica visione: le migliaia e migliaia d'italiani massacrati nelle foibe furono il frutto di una «pulizia etnica» che noi abbiamo seppellito sotto «le pregiudiziali ideologiche e la cecità politica» e «rimosso per convenienze internazionali». Giorgio Napolitano è indignato. È il presidente della Repubblica ed era iscritto al Pci: sa quanto pesino le sue parole. E definisce le cose per quelle che furono, senza alcun velo.
Il "Giorno del ricordo" dev'essere «un solenne impegno di ristabilimento della verità», spiega consegnando al Quirinale - ieri mattina - medaglie e diplomi a ventidue familiari di vittime «delle foibe, dell'esodo giuliano dalmata e della più complessiva vicenda del confine orientale».
Basta con la «congiura del silenzio». La verità della storia va raccontata, chiara e forte, dopo i decenni della «congiura del silenzio» e della «fase meno drammatica, ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio» - sottolinea Napolitano - nella quale la vicenda degli esuli giuliano-dalmati è stata affogata: «Anche di questa fase non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali».
Tragedia di un intero popolo. Ascoltano - e si stringe loro il cuore - i familiari dei martiri massacrati o scacciati dai "partigiani" titini e poi troppo spesso rifiutati con ignominia anche dai loro fratelli italiani. Napolitano così ricorda le vittime delle foibe e «l'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati» come «la tragedia collettiva di un intero popolo».
«Una delle barbarie del secolo scorso». Si ferma un istante, il presidente. Quindi va avanti: «Vi fu un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di Pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica». Non ha remore ad accostare i nazionalcomunisti titini ai nazisti: «Quel che si può dire di certo è che si consumò, nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe, una delle barbarie del secolo scorso. Perché nel Novecento, l'ho ricordato proprio in un'altra, storica e pesante ricorrenza (il "Giorno della Shoah", ndr), si intrecciarono in Europa cultura e barbarie».
Ricordare quest'orrore. Ecco per quale ragione - afferma Napolitano - «dobbiamo ricordare l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe, ma egualmente l'odissea dell'esodo, e del dolore e della fatica che costò a fiumani, istriani e dalmati ricostruirsi una vita nell'Italia tornata libera e indipendente, ma umiliata e mutilata nella sua regione orientale».
Infine l'appello del presidente. Oggi che in Italia «abbiamo posto fine a un non giustificabile silenzio, e siamo impegnati in Europa a riconoscere nella Slovenia un amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato all'ingresso nell'Ue», dobbiamo «tuttavia ripetere con forza che dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti tra popoli, parte della riconciliazione, che fermamente vogliamo, è la verità».
«Veleno della non riconoscenza». Il vicepremier Francesco Rutelli, presente al Quirinale per la cerimonia, è altrettanto chiaro: «L'Italia tributa un riconoscimento giusto e saggio ai familiari delle vittime delle foibe e all'intero popolo giuliano-dalmata. Anche se tardivamente», dice. Parla di «veleno letale della non riconoscenza», e aggiunge che «questo "Giorno del Ricordo" rappresenta la piena cancellazione della rimozione di una parte significativa della nostra storia e perfino di cancellazione della geografia».
Anche «il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, ha espresso vivissimo apprezzamento per le nobili parole del capo dello Stato», si legge in una nota della Farnesina. E il ministro dell'Ambiente, Al fonso Pecoraro Scanio, concorda pienamente: «È doveroso rimuovere la colpevole censura ideologica di un dramma vero ed angosciante».
«Un discorso molto bello». Anche dall'opposizione arrivano complimenti a Napolitano. Spiega il leader di An, Gianfranco Fini, che il discorso del capo dello Stato «è stato molto bello. Specie oggi, che finalmente gli italiani conoscono una pagina della storia per tanti anni negata, è possibile una memoria condivisa». Per il segretario Udc, Lorenzo Cesa, «il capo dello Stato ha il coraggio e l'onestà intellettuale di dire le cose come stanno. Parole che gli fanno onore e rendono giustizia alla verità e ai martiri di uno dei periodi più bui della storia contemporanea».
«Avvenire» del 11 febbraio 2007
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