06 febbraio 2007

L’imam: sharia in Italia

L’inchiesta in incognito di due giornalisti di SkyTg24
di Magdi Allam
Da Viale Jenner a Centocelle: Allah vuole il velo integrale

A coloro che immaginano che il velo islamico sia una libera scelta della donna o addirittura il suggello di una società multiculturale dove saremmo tutti felicemente realizzati, consiglio di seguire questa sera alle 22,35 la puntata dal titolo «Un velo fra noi», della trasmissione Controcorrente condotta da Corrado Formigli su SkyTg24. Scopriremo che nelle nostre moschee il niqab, il velo integrale, viene imposto come un precetto divino e che simboleggia la penetrazione della sharia, la legge coranica, in vista dell’islamizzazione dell’Italia. Due coraggiosi giornalisti, una somala e un iracheno, camuffati da coppia «islamicamente corretta» (lei con il niqab, lui con la barba incolta), si sono avventurati in seno alle «moschee calde» di Centocelle a Roma, di Varese e di viale Jenner a Milano, muniti di una telecamera nascosta. Ed è proprio l’imam di quest’ultima moschea, Abu Imad, a rivelare con maggiore franchezza la strategia di conquista islamica del nostro Paese: «A noi la loro democrazia fa comodo, ci è utile come comunità e come individui. In verità, nella terra dei musulmani, se siamo musulmani, dobbiamo farci governare dalla sharia. Mettiamo che il mezzo per raggiungere la sharia di Allah siano elezioni libere o l’esercizio del potere. Mettiamo che i musulmani in Italia siano d’accordo ad istituire la sharia di Allah. E allora...». Abu Imad si ferma un attimo prima di concludere: «E allora l’Italia diventerà uno Stato islamico». Ma il senso è chiaro. L’imam della moschea più inquisita per i suoi legami con il terrorismo islamico internazionale, svela una decisa preferenza politica per la sinistra: «Vedi dove la sinistra è forte, come in Liguria e in Emilia, noi stiamo meglio. Ma purtroppo la sinistra in Lombardia è meno forte». Potrà sorprendere ma per Abu Imad l’arma vincente degli estremisti islamici è la Costituzione italiana: «Il compromesso tra le nostre convinzioni religiose e la democrazia è possibile. La Costituzione è al di sopra di qualunque legge e la Costituzione di questo Paese garantisce la libertà di culto. Perciò una legge che impedisce a una donna musulmana di portare il niqab, il velo integrale, è una legge anticostituzionale. Non venga qualcuno nel nome della libertà a togliermi la mia libertà. Sarebbe contro la Costituzione e i diritti dell’uomo. La poligamia poi, vedi, è un problema risolvibile. Intanto i poligami sono pochi e se qualcuno vuole avere due mogli si può trovare la scappatoia. Per esempio ne sposi una ufficialmente in Comune e l’altra la sposi solo secondo la sharia. Non è un problema». Anche Haji Ibrahim, imam della moschea di Varese, indossa come Abu Imad la divisa dei radicali salafiti, la jellaba, una tunica bianca, barba incolta e sulla testa la taqiya, uno zucchetto bianco. «Il vero responsabile è in carcere. La moschea qui non è estremista, abbiamo questa fama perché hanno arrestato alcuni fratelli», premette l’imam, «il niqab è un volere di Allah e basta. Il profeta durante la sua vita l’ha fatto mettere alle sue mogli e alle sue figlie. Alcuni ulema dicono che la donna può lasciare scoperto l’ovale del volto e le mani, ma ci sono altri ulema che sostengono che la donna è tutta una awra, una vergogna, da coprire. Io sono convinto che una donna deve portare il niqab in questa società immorale». Il rapporto conflittuale con il nostro stato di diritto è così delineato da Haji Ibrahim: «La sharia deve essere applicata nei nostri paesi di origine. Noi qui siamo ospiti e rispettiamo le loro leggi, ma vogliamo applicare i nostri principi di fede. Con il nostro lavoro contribuiamo al progresso del Paese, però non abbiamo avuto niente in cambio. Gli italiani sono gente pacifica e noi gli vogliamo bene. Soprattutto con questo governo che è meglio di quell’altro di destra». Ma congedando il giornalista precisa: «Stiamo combattendo una guerra, qui siamo in trincea». Lo stesso concetto viene riformulato dall’imam della moschea di Centocelle a Roma: «Noi caro fratello non siamo nella terra dell’islam. Proprio per questo dobbiamo mostrare un volto adeguato dell’islam, specie ora che sul velo c’è grande polemica. La gente qui non è abituata al hijab, figuriamoci al niqab. Noi dobbiamo rispettare le regole dell’islam ma anche fare proselitismo, dobbiamo attrarre la gente verso la nostra fede e il niqab è controproducente». L’inchiesta di Controcorrente evidenzia il disagio degli italiani: «Siamo in Italia e io adesso non vedo più l’Italia», sentenzia amareggiata un’anziana milanese, «mi sembra di essere all’estero. Secondo me loro dovrebbero prendere le nostre usanze, se no tra un po’ saremo noi a prendere le loro. E non va bene!».
«Corriere della sera» del 1 febbraio 2007

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