Una riflessione dello scrittore sul destino
di Raffaele La Capria
Meditazione su «Il ponte di San Luis Rey» di Thornton Wilder
Entro nella libreria e sono subito sopraffatto dalla quantità di libri esposti, ce ne sono troppi, di tutti i generi, decisamente l'offerta supera la domanda, specie in un Paese di non lettori come il nostro. E come faccio tra questa folla di libri a trovare il mio? Vado a cercarlo tra gli scaffali, tra quelli disposti in ordine alfabetico, ma la situazione non migliora. Tra Hemingway, Joyce e Kafka da una parte e Lawrence, Leopardi e Mann dall' altra, tra questi giganti chi riuscirà a notare il piccolo La Capria? Non solo l'editore e il libraio, ma anche l'alfabeto congiura contro di me. Esco un po' avvilito da un senso di esclusione, di cancellazione, di inesistenza in vita, e vado alla fermata dell' autobus. Aspetto per un po' il 64 che non arriva e un pensiero non invitato mi attraversa la testa: «presto moriremo e saremo dimenticati». Dove ho letto queste parole? Thornton Wilder, Il ponte di San Luis Rey, riportate sul retro della copertina, poco fa in libreria, dove ho incontrato Ferruccio Berselli. Mi ritornano a mente proprio ora mentre aspetto l'autobus. I pensieri ti attraversano la testa senza chiederti il permesso, anche quelli gravi come questo, vengono nei momenti più impensati. Non ci sono momenti o luoghi particolarmente adatti per pensare che «presto moriremo e saremo dimenticati». Ecco il 64 che arriva, salgo e un ragazzo, uno molto giovane, col codino, mi cede il posto. Ci sono ancora dei ragazzi beneducati, ma è così evidente la mia età? Ferruccio Berselli, Regio Liceo Ginnasio Umberto I°, il classico vecchio compagno di scuola, mi ha riconosciuto subito, dopo più di mezzo secolo. Un incontro un po' strano, a dir la verità, perché mi avevano detto che era morto e io lo credevo morto. Evidentemente avevo capito male e avevo fatto qualche confusione, distratto come sono. Lo credevo morto, come tanti che se ne vanno alla spicciolata, senza farsi troppo notare, e di loro non si sente più. E invece eccolo lì, vivo e vegeto, davanti a me. Mi ha subito riconosciuto, un abbraccio e, come va la vita? Da quanto tempo non ci si vede, hai notizie del tale e del talaltro? Saltano fuori i nomi, non vedo l' ora di salutarlo. L'autobus si ferma, scendo e mi avvio in fretta. Alle undici ho l'appuntamento col dentista e sono un po' in ritardo. Arrivo, mi scuso, mi sdraio sulla poltrona, il dentista mi parla del più e del meno mentre lavora ma non lo sento, sento solo il sibilo del trapano. L'anestesia funziona ma i miei nervi sono tesi, meglio pensare ad altro. E il pensiero dell'amico incontrato poco prima in libreria mi attraversa la testa e mi distrae dal trapano. Lo credevo morto ma non era morto, può capitare. Ma non è questo il punto. Il pensiero che mi colpisce è un altro, è l'indifferenza. La mia, indifferenza prima e dopo. L'indifferenza quando mi hanno detto che era morto e l' indifferenza quando me lo son visto davanti nella libreria. Un minimo di sorpresa, ecco quello che avrei preteso da me. Invece niente, proprio niente. Chissà se la stessa indifferenza toccherà anche a me. Chissà se questa indifferenza è mia, mi appartiene, o è un'indifferenza generale di tutti, un'indifferenza della gente che non si stupisce più di niente perché non crede in Dio e non crede in nulla, l'indifferenza del cuore incurante di ognuno. Ahi! Adesso un po' di dolore dal trapano mi è arrivato, ma più che un dolore è un'avvisaglia, che però mi terrorizza perché se arrivasse il dolore, quello vero, come lo sopporterei? Il dolore del trapano, e non solo quello, è traditore. Ti attraversa come un lampo il cervello senza preavviso, ecco perché anche una minima avvisaglia di quel dolore ti fa paura. Meglio tenerlo lontano, non pensarci. Il dentista si ferma, poi mi chiede se può continuare. Lui continua, il trapano sibila, e continua la mia tensione, l'ansia, la paura del dolore. Per fortuna quel sibilo è finito, per oggi l'ho scampata. Ed eccomi di nuovo alla fermata dell'autobus, e di nuovo quella frase «Presto moriremo e saremo dimenticati»... Presto, che vuol dire presto? Vuol dire che l'ora della morte è ogni momento, anche mentre aspetti l' autobus che ti riporterà a casa? «Presto moriremo e ogni memoria di noi sarà scomparsa dalla terra. Saremo amati per breve tempo e poi dimenticati». Dopo quanto tempo saremo dimenticati? Il giorno dopo, dopo un mese, dopo un anno? E per quanto tempo saremo stati amati? «Per breve tempo». Quanto breve? Breve come il tempo della vita, dei sentimenti, del desiderio? E se la noia o qualcos' altro uccidono l' amore, che sarà allora di noi? Saremo morti in vita, vita natural durante? «Per breve tempo» implica tante cose, non solo il tempo. Ecco l' autobus 64. Distinguo il numero da lontano, scritto sul davanti. Ho ancora la vista buona che mi consente di decifrare il numero di un autobus a cento, 150 metri di distanza. Da vicino leggo bene le pagine di un libro, con gli occhiali naturalmente, ma dopo cinquanta pagine mi stanco. Cinquanta? Voglio misurare con esattezza dopo quante pagine. Certo dipende da quel che si legge. Se leggo Stendhal posso leggere cento pagine senza accorgermene. Lui ha la scrittura veloce. Ma anche Proust che ha la scrittura lenta lo leggo senza accorgermene. La scrittura sarà lenta ma la lettura vola. Lentezza di scrittura e velocità di lettura, non c' è contraddizione. Oblitero il biglietto dell' autobus nell' apposita macchinetta. Ho pensato «oblitero» ma è una parola che non mi appartiene. Linguaggio burocratico-statale, linguaggio da macchinetta d' autobus, non mio. Eppure anche questa parola che non mi appartiene mi attraversa la testa come i pensieri e come quella frase che conclude il libro. Come lo conclude dopo aver affermato che saremo amati per breve tempo e poi dimenticati? Così: «Ma l' amore sarà bastato, tutti quei moti d' amore ritornano all' Amore che li ha creati. Neppure la memoria è necessaria all' amore. C' è un mondo dei viventi e un mondo dei morti, e il ponte è l' amore». Ma sarà vero? Sarà vero che l' amore sarà bastato a vincere l' oblio? E quando anche chi ci ha amato morirà, chi si ricorderà più di noi? E sarà vero che ogni moto d' amore ritorna all' Amore che li ha creati? Qui Amore è scritto con la lettera maiuscola, una lettera che richiede la fede, la speranza... E chi non ce l' ha? Come farà chi non ce l' ha a vincere l' oblio e la morte, a creare quel ponte tra i morti e i viventi? L' autobus corre, tra le case e le vie della città e così corrono i pensieri involontari che attraversano la testa del viaggiatore.
«Corriere della sera» del 23 febbraio 2007
«Corriere della sera» del 23 febbraio 2007
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