Dopo gli interventi di Magris e Giorello sul rapporto fra progresso e senso del divino
di Mario Ceruti
«Lo scientismo ateo? Cieco come il creazionismo religioso»
Il dibattito sui rapporti fra scienza e religione, che Claudio Magris e Giulio Giorello hanno aperto con riferimento alle teorie evoluzioniste, conduce a un punto fermo. L’idea di evoluzione naturale è consonante con le tradizioni spirituali, anzi ci può introdurre per una via assai interessante al senso del divino e della creazione. Dobbiamo ribadire il carattere pluralista della tradizione scientifica. Fa posto a religiosi e atei, scettici e mistici, pragmatici e metafisici. C’è chi ha un’identità confessionale e chi persegue itinerari spirituali propri. La creatività della scienza sta nel fatto che si sviluppa grazie a questa varietà di metafisiche. Ogni scienziato ha un modo diverso di vedere il mondo, e la diversità degli sguardi consente di moltiplicare le vie con cui la scienza procede. La scienza non punta alle verità ultime, ma vuole condurre fertili esplorazioni. I risultati scientifici portano sempre l’impronta costitutiva delle nostre società, culture e, soprattutto, delle nostre strutture cognitive e biologiche. Se si incontrasse un’altra specie intelligente, le sue teorie fisiche e matematiche potrebbero essere assai differenti dalle nostre. L’avventura della scienza è mirabile, se pensiamo a quanto lontano riesca a spingere il suo sguardo partendo dall’esperienza quotidiana. Ma, nello stesso tempo, dà facoltà ai singoli scienziati di cercare di andare più in là, per scorgere parte delle «cose ultime». Quali che siano i loro itinerari, spesso sfociano in domande originali riguardo agli sviluppi delle pratiche scientifiche. E spesso la scoperta di nuove teorie è facilitata dall’intreccio di tematiche scientifiche e non scientifiche, dal convergere di ricerche empiriche e di ricerche sul senso del mondo. Molti scienziati mettono così in rilievo l’incompletezza della loro tradizione. Sarebbe opportuno che essa si ponesse in una posizione di ascolto reciproco e di interrogazioni permanenti con altre tradizioni. È questo spirito che oggi ispira i dialoghi fra scienziati e tradizioni religiose. Ma questi fecondi dialoghi trovano tenaci oppositori in chi ritiene che i sostenitori di una visione scientifica dovrebbero essere necessariamente atei, ed anzi fare opera di proselitismo per condurre le persone «infantili» alla «maturità». Così, il biologo inglese Richard Dawkins e il movimento dei «nuovi atei» auspicano che le persone «ragionevoli» dicano basta alle religioni, giudicate «nocive» al «pensiero indipendente». Parlano di autosufficienza della scienza in virtù di una presunta «maturità», e mettono sotto tiro anche le tradizioni umanistiche. Ma tali affermazioni rischiano di danneggiare soprattutto le scienze, perché entrano in collisione col loro pluralismo, con la loro libertà di interrogazione. L’irrigidimento di alcuni scienziati e filosofi va di pari passo con le posizioni di chi attacca la visione evoluzionista sulla base di una rozza concezione antropomorfica di un Dio costruttore di robot («disegno intelligente»). Questo doppio indurimento sembrerebbe supportare le tesi di molti interpreti delle conseguenze dell’11 settembre, per i quali il mondo è oggi percorso da uno "scontro di mentalità" assai ampio. Tutte le tradizioni sono divise da contrasti fra pluralisti e integralisti. E anche la scienza è sede di conflitti fra valori opposti. Dobbiamo fare in modo che il suo futuro non sia all’insegna dell’omologazione forzata e dell’oblio delle radici, ma apra nuovi dialoghi fecondi fra i diversi punti di vista, interni ed esterni alla scienza stessa.
«Corriere della sera» dell’8 febbraio 2007
Nessun commento:
Posta un commento