di Giovanni Bianconi
Nel rispetto della ultra-trentennale tradizione del «partito armato», anche il gruppo di aspiranti terroristi scoperto dall’inchiesta milanese si fonda sul principio dell’«unità del politico e del militare». Parole e armi. Teoria e azione. Nell’arsenale trovato a Padova c’erano le armi; le parole sono rimaste incise nelle intercettazioni dei discorsi dei capi. Una sorta di autoritratto politico-strategico del costituendo Partito comunista politico-militare, disegnato dai suoi stessi aderenti. In un incontro del 19 ottobre scorso all’interno del bar Flash a Milano, Claudio Latino e Bruno Ghirardi discutono per circa mezz’ora. In quei giorni governo e maggioranza sono alle prese con la politica economica, e la polizia annota: «I due hanno accennato alla possibilità di porre in essere altre azioni (prima avevano parlato di colpire un neofascista milanese, ndr), approfittando del momento di particolare avversione nel Paese al governo a causa della manovra finanziaria, nonché delle problematiche sempre più evidenti in tema di lavoro precario. I due si sono però trovati d’accordo circa il tipo di azione da compiere, necessariamente di livello medio-basso, non ritenendosi ancora in grado di gestire azioni "contro le persone" in considerazione della mancanza di un "retroterra" che potesse sostenere questo tipo di azioni». Niente omicidi politici, per il momento: «I due rammentano l’isolamento "relazionale" in cui si erano trovate anche le Br-pcc dopo le azioni D’Antona e Biagi, in quanto molti compagni non avevano condiviso sul piano politico quanto da essi espresso nelle rivendicazioni». Siamo dunque alle distinzioni politiche. Che già un mese prima, in un altro bar, Latino e Ghirardi avevano affrontato in questi termini: «Ghirardi ha ribadito la necessità di fare qualcosa, rappresentando l’esistenza di una zona intermedia fra la pratica politica delle Br, caratterizzata dall’attacco al cuore dello Stato, e le inutili manifestazioni del movimento, appoggiate da Rifondazione comunista, all’interno della quale loro potrebbero incidere facendo qualcosa "di un certo livello". A queste posizioni Latino ha opposto l’esistenza di un "problema di formazione" e la necessità di "tirar su gente che si ponga su questo terreno"». Il gruppo cerca la terza via tra il militarismo delle Br-pcc e il movimentismo che non sfocia nella propaganda armata. Nello steso colloquio del 19 ottobre i due «concordano nel criticare gli anarchici, per la carenza di un progetto politico che sottende alla loro ideologia che, in sé, può anche risultare simpatica, ma estendono le critiche di mancanza di un progetto anche ad altre realtà antagoniste... Ghirardi ha espresso molto decisamente la sua opinione circa la necessità di rompere definitivamente con queste realtà di movimento che non effettuano una scelta decisa circa le finalità della loro azione». Nella stagione del centrosinistra, il nemico agli aspiranti terroristi diventa il governo guidato da Romano Prodi. Programmando il nuovo numero del giornale clandestino Aurora, a dicembre 2006, Latino e Davide Bortolato concordano un editoriale sull’esecutivo intitolato «dalla padella alla brace». E durante l’incontro tra Ghirardi e Latino dell’11 ottobre gli uomini della Digos registrano: «Dopo aver espresso considerazioni critiche sulla linea politica seguita dall’attuale governo, criticandone sia le scelte economico-finanziarie che di politica internazionale (in particolare la decisione dell’intervento in Libano, sottolineando come l’Italia sia l’unico Paese del blocco imperialista ad essere presente contemporaneamente in Afghanistan, Iraq e Libano) hanno ribadito la necessità di fare "qualcosa" anche a livello basso. Latino ha sottolineato che in questo momento sarebbe opportuno un intervento sulle tematiche del lavoro, con particolare riferimento alla legge Biagi e al precariato, ritenendolo un punto sensibile di questo governo». Sulle questioni internazionali, i militanti del Pcp-m mostrano idee piuttosto decise. Il 5 maggio, al Caffè Piazza, «hanno commentato gli attentati ai danni dei contingenti italiani in missione di pace in Medio Oriente, plaudendo alle azioni della guerriglia irachena e afghana». Il 28 giugno, nello stesso locale, «hanno commentato la notizia del rapimento di un soldato israeliano, auspicando una uccisione dello stesso». Il 31 luglio Ghirardi e Latino, al caffè Yellow, «sono passati a discutere della crisi israelo-libanese, lamentando il fatto che a Milano non vi siano state altre iniziative di protesta, se non una manifestazione, criticando Rifondazione per l’inerzia e accusando la sezione milanese del partito di essere "infiltrata dai sionisti"». Di qui la necessità di penetrare e «reclutare» negli ambienti antagonisti. Parlando di azioni da compiere che non siano solo rapine per l’autofinanziamento, il 28 dicembre Latino «sottolinea l’importanza di crearsi attorno un buon humus». Lui e Ghirardi «hanno quindi considerato positivamente il buon livello di radicamento e cooperazione raggiunto nel Padovano, che avrebbe consentito di superare molti problemi, lamentando ancora l’inaffidabilità degli ambienti milanesi, compresa la Panetteria Occupata, arrivando alla conclusione di dare un taglio netto con queste realtà».
«Corriere della sera» del 16 febbraio 2007
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