07 febbraio 2007

Emergenza educativa sempre più impellente

Dopo-Catania non solo bla bla inconcludenti
di Edoardo Patriarca
Dopo l'ennesima, gravissima violenza che ha visto protagoniste le bande giovanili, si sprecano le dichiarazioni di sdegno da parte dei responsabili delle istituzioni e della politica nonché degli opinion leader. È tutto un fiorire di salotti catodici e di dibattiti a perdere sul caso Catania. Con tanti commentatori a pagamento pronti a fornire dotte analisi e immancabili considerazioni sociologiche.
Dinanzi a tutto questo assordante chiacchiericcio, ci preme sommessamente suggerire che la questione educativa oggi più che mai interpella il mondo adulto, e non solo i giovani come, purtroppo, una parte dei media fa intendere.
I giovani sono figli del tempo che vivono e sono, seppur in parte, la proiezione di quanto il mondo adulto propone e testimonia. Cominciamo allora a dire come stanno le cose e a dare loro un nome e un cognome. La responsabilità è di quanti, in questi decenni, hanno condotto un sistematico smantellamento di quella cultura educativa fatta di regole da rispettare, di buoni comportamenti (sì, esistono i buoni e i cattivi comportamenti e i genitori più avveduti lo sanno), di sanzioni che aiutano a crescere svendute frettolosamente come atti repressivi, del desiderio per conquistare anzitutto se stessi e poi una responsabilità per gli altri, e non del desiderio per il desiderio.
Per evitare anche da parte nostra il tono della lamentazione ecco alcune proposte.
Ministro Melandri batta un colpo: non basta aver ottenuto nella legge finanziaria un fondo per le politiche giovanili, come non bastano tavoli e forum di rappresentanza. Si riprenda lo spirito della legge 285 promossa dal centro sinistra e si apra una stagione di politiche giovanili adeguate alle sfide dell'oggi, e si promuova senza indugi lo sport sociale e popolare come scuola di educazione alle virtù civiche.
Ministro Ferrero, in aprile si terrà la conferenza nazionale del volontariato: piuttosto che discettare solo su aspetti legislativi e normativi, si rimetta a fuoco il ruolo del volon tariato come soggetto educativo e costruttore di relazioni, si dia voce al volontariato educativo poco noto e riconosciuto: dono, gratuità, servizio, spirito di dedizione sono stati i valori costitutivi del volontariato degli anni Ottanta. Sono davvero parole così antiche? Si parla di sicurezza: ma sicurezza è anzitutto questione di legalità quotidiana e di stili di vita coerenti. Se si imbratta l'aula della scuola, se si viaggia in autobus senza ticket, se si sporca l'arredo dei treni, se si urla al telefonino in ambienti pubblici, se si riempiono i muri delle città con graffiti orribili, se si è maleducati con gli anziani senza che nessuno reagisca e sanzioni, non si andrà lontano.
Ai politici, in queste ore delicate, andrebbe raccomandato un profilo sobrio, meno salottiero, e un bagno nella realtà: frequentino ogni tanto le periferie delle nostre città e provino ad abitarle. Si astengano ogni tanto dal partecipare ai talk show televisivi in cui spesso non vi sono più limiti al buon gusto; e i presidenti delle Camere sanzionino pesantemente i comportamenti incivili e maleducati. Molte trasmissioni televisive coltivano il peggio della nostra umanità, andrebbero abolite per proporre una ecologia della cortesia: la battuta volgare, il battibecco scatenato, la "pornografia" dei sentimenti che impedisce un qualsivoglia tentativo di autentica educazione ai sentimenti, sono devastanti più di quanto si creda. Abbiamo authority che possono agire in questa direzione, lo facciano, e la tv di stato inizi a dare il buon esempio. Prepariamoci: avremo i cultori dell'innovazione e del progressismo che parleranno di censura, di moralismo, di "bacchettonismo cattolico". Una volta tanto non diamogliela per vinta!
E infine ai responsabili dello sport: condanna e sanzioni degli "show" che calciatori super pagati ci propongono nelle dirette sportive. E basta finanziare le tifoserie: la finanza, dopo calciopoli, indaghi se tutto ciò è legittimo e a norma di legge.
«Avvenire» del 7 febbraio 2007

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