di Annalisa Serpilli
Le pieghe dell’animo umano che si esprimono attraverso tematiche di ascendenza Freudiana; il richiamo al passato, al sogno, alle filosofie neoplatoniche: è il Simbolismo quella corrente che si sviluppa in contrapposizione alla pittura realistica e accademica prima e all’Impressionismo poi. Una corrente che attraversa l’Ottocento e approda alle soglie del secolo scorso influenzando anche le nuove avanguardie. Un movimento a cui Ferrara e il Palazzo dei Diamanti dedica una grande esposizione colmando un vuoto che in Italia dura da quarant’anni. La mostra: “Il Simbolismo” raccoglie almeno cento opere di artisti di tutta Europa con un percorso espositivo cronologico che indaga questa fase della storia dell’arte, partendo dai precursori al movimento, indagando gli sviluppi e analizzando gli esiti che nei primi del Novecento sono evidenti, ad esempio in Italia, nel Divisionismo dei nostri Pellizza da Volpedo, Previati e Segantini.
La mostra, organizzata da Ferrara Arte, in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è curata da Geneviève Lacambre, conservatrice onoraria del Musée d’Orsay, con la collaborazione di Luisa Capodieci e Dominique Lobstein.
Si suddivide in tre grandi sezioni. La prima è dedicata ai “precursori” del movimento, quegli artisti visionari che, poco dopo la metà dell’Ottocento, anticiparono la sensibilità simbolista creando opere gremite di simboli e raffinate allegorie. Convinti che la pittura non dovesse limitarsi a fornire una trascrizione della realtà e della natura, essi recuperarono la lezione dei maestri del passato e scelsero di indagare le dimensioni dell’interiorità, dell’immaginazione e del sogno. Tra i dipinti in mostra Le Fanciulle in riva al mare di Puvis de Chavannes, ieratica rievocazione di una perduta età dell’oro, rappresentazione in chiave moderna delle Tre Grazie che annoiate e lascive si dedicano alla cura del proprio corpo in riva al mare. Poi tra gli artisti di questa sezione spicca L’apparizione di Moreau. Ammirato dai maggiori intellettuali di fine secolo, da Proust a Huysmans, Gustave Moreau fu artista colto, dedito allo studio degli antichi maestri, autore di una pittura preziosa e originale. L’apparizione, il suo più noto capolavoro, rappresenta la vicenda biblica della Salomé e della decollazione del Battista come monito della tragica influenza di una donna fatale. Con la sue opere Moreau impose non soltanto uno stile pittorico caratterizzato da personaggi di una bellezza distante e inaccessibile, ma decretò il successo di soggetti di derivazione letteraria – quali Edipo e la Sfinge o Fetonte – destinati a diventare modelli ricorrenti nella pittura simbolista. Indimenticabile è Böcklin. Kandinsky lo definì «l’esploratore dell’immateriale», Munch riconobbe in lui «la fiamma sacra» che alimentò la propria pittura. Böcklin rifiutò il naturalismo contemporaneo in nome di un ritorno all’antichità intesa come tempo incorrotto in cui l’uomo viveva a contatto con una natura magicamente animata. Capolavori quali Villa sul mare e Sera di primavera sono caratterizzati da atmosfere sospese e romantiche in cui il paesaggio, vero protagonista dell’opera, «suggerisce i moti dell’anima». inventore di atmosfere sospese e romantiche (Sera di primavera). Infine: Rossetti, che dipinse fanciulle dalla bellezza ideale (Beata Beatrix); Burne-Jones, le cui ambientazioni in leggendari mondi cavallereschi stregarono il pubblico del tempo (La principessa addormentata); e Rops, ideatore di raffigurazioni ironiche e dissacratorie (La Morte al ballo).
Alla metà degli anni Ottanta, l’ormai assodata crisi del realismo, la diffusione delle dottrine neoplatoniche e teosofiche, il ritorno in auge delle estetiche romantiche del primo Ottocento, crearono i presupposti per l’affermazione del simbolismo. A numi tutelari dell’immaginario simbolista vennero designati, tra gli altri, il poeta Charles Baudelaire, prototipo del moderno “artista maledetto”, e il compositore Richard Wagner, profeta dell’opera d’arte totale. L’estetica simbolista raggiunse la sua massima diffusione nell’ultimo decennio del secolo grazie anche al fiorire delle esposizioni e alla fervente attività delle riviste. Quando nel 1886, a pochi mesi dalla chiusura dell’ottava e ultima mostra impressionista, il poeta Jean Moréas pubblicò a Parigi il Manifesto del simbolismo, il dibattito su questa “nuova arte” si era ormai diffuso in tutti i campi della creazione estetica diventando, sullo scorcio del secolo, un fenomeno di portata internazionale.
Ad aprire la seconda sezione della mostra è una straordinaria selezione di opere su carta – disegni, incisioni, litografie – che documenta l’importanza di questa produzione in ambito simbolista fino all’inizio del Novecento. Gli artisti protagonisti di questo movimento elessero loro capiscuola quei geniali pittori della generazione precedente e, ispirandosi a loro, crearono opere d’arte straordinarie. Tra questi: Odilon Redon, con le sue meravigliose creazioni sospese tra realtà e fantasia (Sulla coppa; Il carro di Apollo); Gauguin, creatore di un inedito e raffinato primitivismo (Siate misteriose; Conversazione); i Nabis, con la loro pittura fatta di eleganti arabeschi e colori fulgidi; gli artisti della Rosacroce, tra cui Khnopff (Who shall deliver me?; Segreto-Riflesso) e Delville (L’amore delle anime), sacerdoti di un’arte misteriosa e fuori dal tempo; gli animatori delle esposizioni del Groupe des XX e quelli della Libre Esthétique a Bruxelles, che ospitarono anche Rodin (La succube), Klinger (Paure; Filosofo) e Beardsley (Sigfrido, atto II); e, infine, i tedeschi Thoma e Von Stuck (Il peccato), gli artisti dell’Europa dell’Est e Munch (Malinconia), che con i suoi quadri creò uno straordinario diario pittorico delle emozioni umane.
La parte conclusiva della mostra illustra il perdurare dell’estetica simbolista oltre la soglia del Novecento. Accanto ad alcuni celebri maestri italiani, come Previati (Paolo e Francesca), Segantini (L’amore alla fonte della vita) e Pellizza da Volpedo (Lo specchio della vita), in questa sezione sono presenti Kupka e Mondrian (Fiore della passione), con opere del loro primo periodo simbolista, Munch, con due capolavori della maturità che preannunciano l’espressionismo (Ragazze sul ponte; Gelosia II), e, infine, gli artisti gravitanti nell’ambiente della Secessione viennese. Fra questi, List, Hodler (Il sentimento). E a conclusione di un percorso così ricco non poteva mancare Gustav Klimt, in mostra con “Le tre età della donna”, dipinto che affida uno spiccato significato simbolico, alla contrapposizione tra la preziosità delle linee e elementi figurativi realistici.
Ferrara
Palazzo dei Diamanti
Dal 18 febbraio al 20 maggio
Catalogo edito da Ferrara Arte, a cura di Geneviève Lacambre con la collaborazione di Luisa Capodieci e Dominique Lobstein. Testi di Geneviève Lacambre, Dominique Lobstein, Luisa Capodieci, Robert Upstone, Anna Maria Damigella e Barbara Guidi.
www.palazzodiamanti.it
«Il Sole 24 ore» del 9 febbraio 2007
La mostra, organizzata da Ferrara Arte, in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è curata da Geneviève Lacambre, conservatrice onoraria del Musée d’Orsay, con la collaborazione di Luisa Capodieci e Dominique Lobstein.
Si suddivide in tre grandi sezioni. La prima è dedicata ai “precursori” del movimento, quegli artisti visionari che, poco dopo la metà dell’Ottocento, anticiparono la sensibilità simbolista creando opere gremite di simboli e raffinate allegorie. Convinti che la pittura non dovesse limitarsi a fornire una trascrizione della realtà e della natura, essi recuperarono la lezione dei maestri del passato e scelsero di indagare le dimensioni dell’interiorità, dell’immaginazione e del sogno. Tra i dipinti in mostra Le Fanciulle in riva al mare di Puvis de Chavannes, ieratica rievocazione di una perduta età dell’oro, rappresentazione in chiave moderna delle Tre Grazie che annoiate e lascive si dedicano alla cura del proprio corpo in riva al mare. Poi tra gli artisti di questa sezione spicca L’apparizione di Moreau. Ammirato dai maggiori intellettuali di fine secolo, da Proust a Huysmans, Gustave Moreau fu artista colto, dedito allo studio degli antichi maestri, autore di una pittura preziosa e originale. L’apparizione, il suo più noto capolavoro, rappresenta la vicenda biblica della Salomé e della decollazione del Battista come monito della tragica influenza di una donna fatale. Con la sue opere Moreau impose non soltanto uno stile pittorico caratterizzato da personaggi di una bellezza distante e inaccessibile, ma decretò il successo di soggetti di derivazione letteraria – quali Edipo e la Sfinge o Fetonte – destinati a diventare modelli ricorrenti nella pittura simbolista. Indimenticabile è Böcklin. Kandinsky lo definì «l’esploratore dell’immateriale», Munch riconobbe in lui «la fiamma sacra» che alimentò la propria pittura. Böcklin rifiutò il naturalismo contemporaneo in nome di un ritorno all’antichità intesa come tempo incorrotto in cui l’uomo viveva a contatto con una natura magicamente animata. Capolavori quali Villa sul mare e Sera di primavera sono caratterizzati da atmosfere sospese e romantiche in cui il paesaggio, vero protagonista dell’opera, «suggerisce i moti dell’anima». inventore di atmosfere sospese e romantiche (Sera di primavera). Infine: Rossetti, che dipinse fanciulle dalla bellezza ideale (Beata Beatrix); Burne-Jones, le cui ambientazioni in leggendari mondi cavallereschi stregarono il pubblico del tempo (La principessa addormentata); e Rops, ideatore di raffigurazioni ironiche e dissacratorie (La Morte al ballo).
Alla metà degli anni Ottanta, l’ormai assodata crisi del realismo, la diffusione delle dottrine neoplatoniche e teosofiche, il ritorno in auge delle estetiche romantiche del primo Ottocento, crearono i presupposti per l’affermazione del simbolismo. A numi tutelari dell’immaginario simbolista vennero designati, tra gli altri, il poeta Charles Baudelaire, prototipo del moderno “artista maledetto”, e il compositore Richard Wagner, profeta dell’opera d’arte totale. L’estetica simbolista raggiunse la sua massima diffusione nell’ultimo decennio del secolo grazie anche al fiorire delle esposizioni e alla fervente attività delle riviste. Quando nel 1886, a pochi mesi dalla chiusura dell’ottava e ultima mostra impressionista, il poeta Jean Moréas pubblicò a Parigi il Manifesto del simbolismo, il dibattito su questa “nuova arte” si era ormai diffuso in tutti i campi della creazione estetica diventando, sullo scorcio del secolo, un fenomeno di portata internazionale.
Ad aprire la seconda sezione della mostra è una straordinaria selezione di opere su carta – disegni, incisioni, litografie – che documenta l’importanza di questa produzione in ambito simbolista fino all’inizio del Novecento. Gli artisti protagonisti di questo movimento elessero loro capiscuola quei geniali pittori della generazione precedente e, ispirandosi a loro, crearono opere d’arte straordinarie. Tra questi: Odilon Redon, con le sue meravigliose creazioni sospese tra realtà e fantasia (Sulla coppa; Il carro di Apollo); Gauguin, creatore di un inedito e raffinato primitivismo (Siate misteriose; Conversazione); i Nabis, con la loro pittura fatta di eleganti arabeschi e colori fulgidi; gli artisti della Rosacroce, tra cui Khnopff (Who shall deliver me?; Segreto-Riflesso) e Delville (L’amore delle anime), sacerdoti di un’arte misteriosa e fuori dal tempo; gli animatori delle esposizioni del Groupe des XX e quelli della Libre Esthétique a Bruxelles, che ospitarono anche Rodin (La succube), Klinger (Paure; Filosofo) e Beardsley (Sigfrido, atto II); e, infine, i tedeschi Thoma e Von Stuck (Il peccato), gli artisti dell’Europa dell’Est e Munch (Malinconia), che con i suoi quadri creò uno straordinario diario pittorico delle emozioni umane.
La parte conclusiva della mostra illustra il perdurare dell’estetica simbolista oltre la soglia del Novecento. Accanto ad alcuni celebri maestri italiani, come Previati (Paolo e Francesca), Segantini (L’amore alla fonte della vita) e Pellizza da Volpedo (Lo specchio della vita), in questa sezione sono presenti Kupka e Mondrian (Fiore della passione), con opere del loro primo periodo simbolista, Munch, con due capolavori della maturità che preannunciano l’espressionismo (Ragazze sul ponte; Gelosia II), e, infine, gli artisti gravitanti nell’ambiente della Secessione viennese. Fra questi, List, Hodler (Il sentimento). E a conclusione di un percorso così ricco non poteva mancare Gustav Klimt, in mostra con “Le tre età della donna”, dipinto che affida uno spiccato significato simbolico, alla contrapposizione tra la preziosità delle linee e elementi figurativi realistici.
Ferrara
Palazzo dei Diamanti
Dal 18 febbraio al 20 maggio
Catalogo edito da Ferrara Arte, a cura di Geneviève Lacambre con la collaborazione di Luisa Capodieci e Dominique Lobstein. Testi di Geneviève Lacambre, Dominique Lobstein, Luisa Capodieci, Robert Upstone, Anna Maria Damigella e Barbara Guidi.
www.palazzodiamanti.it
«Il Sole 24 ore» del 9 febbraio 2007
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