Esce il nuovo saggio di Corinne Maier. Un duro atto d’accusa contro i moderni «maestri» della Rive Gauche
di Massimo Nava
«Da Attali a Sollers, gli intellettuali succubi delle mode tradiscono le idee»
È possibile diventare intellettuali, ovvero «non passare per un fessacchiotto che non capisce quello che dicono le persone intelligenti»? Come diventare «bilingui», ovvero cianciare con altri intellettuali, sembrare vivaci e autorevoli, almeno nella cerchia di amici e conoscenti? Nel regno di «Intellolandia» è possibile e alla portata di tutti. Basta avere le chiavi d’accesso, parlare, scrivere, comportarsi secondo un metodo infallibile, come ci spiega Corinne Maier, la giovane scrittrice francese di Buongiorno pigrizia (esilarante satira del buon comportamento aziendale) nella sua ultima provocazione: Intellettualoidi di tutto il mondo, unitevi! (Bompiani, pagine 194, 9,90) in libreria da domani. Il segreto è semplice: imparare qualche buona citazione (del genere, «per dirla con Kant» o «come diceva Sartre»), frequentare librerie e dibattiti, riempirsi il salotto di libri non scelti a caso («devono essere fra i più noiosi e illeggibili, facendo finta di averli letti») e cominciare a dire cose facili e banali nel modo più incomprensibile. Dato che di veri maestri, pensatori, scrittori ne sono rimasti davvero pochi, Corinne Maier sostiene che con un po’d’impegno sia possibile assomigliare a coloro che oggi si ritengono maestri senza esserlo o che riescono a farlo credere, grazie al collaudato teatrino delle polemiche che non interessano a nessuno, delle congratulazioni vicendevoli, delle prese di posizione pro o contro la «Causa» del momento, del monopolio di riviste e ambiti letterari che parlano appunto soltanto di loro. Nessuno che abbia il coraggio di dire «È una boiata pazzesca», per citare (ci scusino gli intellettuali) la famosa battuta di Fantozzi dopo la visione del film La corazzata Potëmkin. Nessuno che abbia voglia di ricordare ad Alain Duhamel, autentico guru del giornalismo transalpino, che nel suo libro sui «presidenziabili» all’Eliseo si è dimenticato di inserire una certa Ségolène Royal. Questo silenzio di autoreferenziati serve a spartirsi posti, cattedre, premi, successo in tv, tribune sui giornali, benedizione del mondo politico. «Nel milieu intellettualoide vige la regola d’oro che da soli non si è nessuno, ma si è qualcosa in virtù di chi ci manda e si esiste grazie al cenacolo di cui si fa parte». «Il pensatore deve essere mediaticamente spendibile, come la maionese o la carta igienica. Siamo entrati nell’era del marketing dell’intelligenza.» Nella galassia mediatica, gli specialisti - nota la Maier - spariscono come meteore, mentre gli intellettuali prendono posizione su tutto per essere veramente universali. Mettono in discussione i cliché, «ma senza forzare troppo, dato che tutto si basa sulla reputazione ed è bene non rischiare il ridicolo». «Essi possiedono un’infallibile bussola interiore che permette di separare vittime da carnefici, buoni e cattivi. Ad esempio: buoni uguale croati e musulmani, cattivi uguale serbi». È così che «ex sessantottini a corto di cause» si sono lanciati nella difesa dell’ex terrorista Cesare Battisti: «Cesare, ritorna, senza di te la Francia intellettuale si annoia!», implora Corinne. Nel libro della Maier ci sono due bersagli. Il primo è esplicito: il mondo degli intellettuali francesi, o meglio parigini, o per essere ancora più precisi, quelli della Rive Gauche («la sponda dell’intelligenza, mentre la Rive Droite è quella del denaro») che dai tempi di Sartre non produce più idee, ma boutique e ristoranti alla moda. «Una grande famiglia, un universo altamente gerarchico, dove l’appartenere a un clan o a un gruppo può costare caro». Personalità quasi tutte maschili: «Chissà perché l’intellettuale non è quasi mai femmina: che le donne siano meno intelligenti? Chissà perché neri e maghrebini sono invisibili nell’editoria e nel giornalismo». Gente geneticamente di sinistra, «vere e proprie vetrine promozionali, con un attento studio del proprio look», «camaleonti del pensiero sempre sulla lunghezza d’onda dell’ideologia dominante»: stalinisti negli anni Cinquanta, maoisti alla fine dei Sessanta, contro i totalitarismi negli anni Ottanta, autori di profonde riflessioni sul terrorismo ai giorni nostri. I più offrono un miscuglio di buoni sentimenti e socialdemocrazia stracotta: «Provenienti da sinistra, invecchiano a destra». Scontato il riferimento ai «nuovi filosofi» André Glucksmann e Bernard-Henri Lévy, appunto «nuovi» da una trentina d’anni, eppure sempre sulla breccia grazie al fatto di essere per principio controcorrente. Oppure l’esilarante ritratto di Philippe Sollers, «il Fregoli del pensiero che si occupa di letteratura, storia, costume, televisione, teologia, psicoanalisi, pornografia e filosofia». Oppure ancora la galleria dei superstiti della corte di Mitterrand, da Jacques Attali a Régis Debray. Il secondo bersaglio è nascosto e autobiografico. La Maier, ex impiegata ed ex psicoanalista lacaniana, è anch’essa un’intellettuale che è arrivata al successo scrivendo cose divertenti dopo aver sperato per molto tempo di raggiungere la notorietà con cose raffinate e pregevoli, ma scarsamente diffuse. Oggi che le tirature le permettono di alzare la voce, lo fa con garbo, senza spocchia, in fondo ridendo anche di se stessa e della sua «Intellolandia», di cui ha preso finalmente la cittadinanza. Il pamphlet è divertente, ma essendo scritto da un’intellettuale non è di così facile lettura come vorrebbe essere. La Maier gioca furbescamente con citazioni e concetti che appartengono davvero alla sua formazione, come avvertirci: «Io Foucault, Sartre e Lacan li ho letti e metabolizzati davvero.» Verrebbe da chiedersi quanto il teatrino dell’intellighenzia francese assomigli al nostro. La Maier preferisce chiedersi perché le vicende degli intellettuali francesi non interessino a nessuno, perché le migliori università del mondo non siano francesi e perché molti dei migliori cervelli fuggano dal Paese della letteratura e delle accademie. Non sarà che anche l’intelligenza sia in saldo?
«Corriere della sera» del 20 febbraio 2007
1 commento:
ho appena finito di leggerlo e voglio consigliarlo a tutti, perché nella sua veste indiscutibilmente scorrevole, è uno dei pochi saggi sull'argomento veramente onesti e "intelligentoidi"
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