14 luglio 2007

Orrore, orrore sembra. Ma qualcuno fiuta un favore

Il 23 giugno sarà giornata dell'amore pedofilo
di Davide Rondoni
L'orrore avanza con passo leggero. Nel silenzio irreale della rete. Nel mondo di ambiguità che si apre dietro un clic. E, va detto subito, fiancheggiato da una banale irresponsabilità nel trattare i fatti del sesso che sta toccando livelli altissimi anche in manifestazioni o eventi cosiddetti artistici. Arte, cinema e letteratura che promuovono un'immagine disperata, banale, meccanica e addirittura bestiale dell'esperienza sessuale sono il brodo di coltura per fenomeni di questo genere di orrore: 1532 siti si preparano a celebrare la giornata del "Boyloving", dell'amore pedofilo, il 23 giugno. E se ne sono aggiunti molti altri, denuncia don Di Noto, il sacerdote che è in prima linea da tempo a denunciare il fenomeno. La mappa dell'orrore che Di Noto va pazientemente rivelando - incurante delle minacce che anche dopo la puntata di Annozero ha ricevuto - si arricchisce di nuovi particolari. Che lasciano senza quiete. Come ad esempio, la possibilità nel tranquillo Liechtestein di poter far vivere siti di propaganda pedofila, grazie a una legislazione più larga che, come avviene per i paradisi fiscali, sta attirando tanti anche dall'Italia. E come tutte le spirale di orrore, anche il fenomeno va raffinandosi. A preoccupare non sono più solo i cosiddetti siti "classici" di scambio e promozione di orrendo materiale su bambini sugli abusi nei loro confronti. L'orrore non ha più solo il volto imprevedibile e l'animo guasto del pedofilo. È in atto una campagna che tende a giustificare in termini culturali e di finezza affettiva le "attenzioni particolari" verso i minori. Una pesante e strisciante lobby, la chiama don Di Noto. Che come spesso le lobby non dichiara apertamente il suo scopo, ma agisce di astuzia e di persuasione occulta. E che fa leva sulla obiettiva difficoltà di discernere in zone grigie degli atteggiamenti e delle azioni. Difficoltà che, va detto, può far incorrere in gravi errori, com'è accaduto, e che dunque va affrontata con massima cautela. Ma è da quin dici anni, non da ieri, che don Di Noto e la sua associazione Meter denunciano il fenomeno di "apologia" della pedofilia che esiste in modo strisciante. Che è vastissimo e tocca molti Paesi. Però in Italia solo una persona è stata finora arrestata per apologia del delitto di pedofilia. Ministri denunciano, procure si danno da fare per oscurare i siti sospetti. Ma il fenomeno ha ormai la rilevanza di un problema culturale, non solo patologico o penale. Chi finge di non vedere, chi banalmente si compiace di vedere attrici che baciano cani e scrittrici che ne parlano nei loro romanzetti mediocri, non si accorge che sotto le azzimate citazioni di filosofi del passato e dietro le caricature del diritto alla libertà di espressione, si sta addensando una nera nube sopra una delle faccende fondamentali e più delicate dell'esperienza umana, il sesso. Una nera nube che esce da cervelli e corpi annoiati, nei quali la perversione diviene la patologia di quella noia. La rete infatti dà rilievo a un fenomeno che le preesiste. Mette ambiguamente in luce un'oscurità che è nutrita da molti fenomeni di perversione che si radicano in una simile sconfitta della dignità della persona. Può essere più comodo dipingere i pedofili come nuovi orchi sbucati da chissà quali loro antri informatici; o pensare che tale forma di malvagità sia solo una sorta di psicopatologia. Ma quando gli orchi sentono di poter organizzare una pubblica giornata in cui essere orgogliosi, vuol dire che fiutano nell'aria qualcosa che riguarda tutti e che li favorisce. Del resto se, come affermano in tanti a riguardo di molte faccende spinose, la morale ha un fondamento solo relativo, spesso si tratta solo di aspettare che cambi il vento, e che maturino, rinforzandosi, certe opinioni. L'avanzata silenziosa degli orchi, muniti di armi sfuggenti e raffinate, sia l'occasione per guardare con meno ipocrisia i tanti modi con cui, a proposito di sesso, di bambini e di diritti si sta muovendo la nostra intera società.
«Avvenire» del 10 giugno 2007

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