Il 9 giugno 1937 veniva ucciso in Francia con il fratello Carlo. Un saggio di Giovanni Belardelli
di Antonio Carioti
Vittima del regime che pure non ostacolava il suo lavoro di storico
Assassinati assieme in Francia, a Bagnoles-de-l’Orne, il 9 giugno 1937, Carlo e Nello Rosselli vengono quasi sempre citati in coppia come martiri dell’antifascismo. Sono per tutti «i fratelli Rosselli», due personalità inscindibili, quasi un’entità unica. E ad essere penalizzato da questo destino è soprattutto Nello, il minore dei due, che in realtà venne ucciso soltanto perché si trovava in compagnia di Carlo, cospiratore instancabile e nemico irriducibile del fascismo. Di fronte all’intrepido eroismo del fondatore di Giustizia e Libertà, suo fratello risulta nella retorica ufficiale pressoché oscurato, o quanto meno appiattito su Carlo come una figura di contorno. Va a Giovanni Belardelli il merito di aver rimediato a questa palese ingiustizia, per quanto possibile, con il libro Nello Rosselli, ora riedito da Rubbettino (pagine 215, 25) in una versione aggiornata e ampliata rispetto all’originale. Nel saggio, in libreria da oggi, viene posta in adeguato rilievo la personalità di uno storico che, se non fosse stato trucidato a nemmeno 37 anni, avrebbe potuto affermarsi, come peraltro aveva cominciato a fare, tra i più validi della sua generazione. Uno studioso di ferrei sentimenti antifascisti, pagati con il confino (per due volte, nel 1927-28 a Ustica e nel 1929 a Ponza) e con un breve soggiorno in carcere, ma certo non un combattente impegnato allo spasimo nella lotta contro la dittatura. In effetti, osserva Belardelli, nella vicenda di Nello Rosselli si riflettono le due anime del fascismo: una relativamente moderata, addirittura mite in confronto ai totalitarismi coevi, per cui allo storico fiorentino veniva permesso di recarsi all’estero e di incontrare liberamente Carlo, nemico giurato del regime; l’altra violenta e feroce, per cui Nello finì assassinato, sia pure per combinazione, nell’agguato organizzato dai sicari francesi dell’organizzazione di estrema destra Cagoule, in stretto contatto con esponenti dei servizi segreti italiani, per eliminare suo fratello. In realtà Carlo e Nello, per quanto uniti da un legame affettivo molto solido, erano piuttosto diversi come indole e come idee. Impulsivo il primo, propenso all’azione diretta; riflessivo il secondo, più portato per gli studi. Socialista ma critico verso il marxismo, liberale ma rivoluzionario, padre nobile del Partito d’Azione il primo; democratico borghese il secondo, che a suo tempo aveva aderito all’Unione nazionale del moderato Giovanni Amendola. Non a caso sulla rivista Il Quarto Stato, che il fratello Carlo aveva fondato insieme a Pietro Nenni, Nello Rosselli scriveva con lo pseudonimo «Uno del Terzo Stato», per rimarcare il fatto che non si riconosceva nell’ideologia socialista. Un altro elemento importante sottolineato da Belardelli è il rapporto instaurato dallo studioso fiorentino con Gioacchino Volpe, il grande storico abruzzese che fu convinto fautore del regime mussoliniano. Un po’come il filosofo Giovanni Gentile, altro fascista non fazioso, Volpe guardava al talento più che alle tessere. Fu lui a intercedere affinché Nello fosse liberato dal confino di Ponza e poi fece in modo, esponendosi anche a critiche, che gli venisse concesso di recarsi a Londra per compiere delle ricerche d’archivio. Non a caso più tardi Rosselli cercò di coinvolgere Volpe nel suo progetto, alla fine abortito, di pubblicare una rivista storiografica di respiro europeo. Non bisogna naturalmente pensare a un Nello remissivo nei riguardi del fascismo. In condizioni di limitazione della libertà, al confino di Ustica, non esitò a rivendicare il diritto «di serbare di fronte al potere esecutivo una posizione di critica e controllo sereni», anche se questo poteva costargli molto caro. E più tardi, mentre il regime celebrava i suoi trionfi, lo sentiamo confessare, in una lettera a Leone Ginzburg del 2 febbraio 1934, la fatica di «condurre una fiera lotta interiore per continuare a credere, e a sperare, in valori ideali cui la grande maggioranza, anche fra la gente di senno, volta la schiena». A quegli ideali danno voce le opere di Nello, come Mazzini e Bakunin, ricerca pionieristica sulle origini del movimento operaio italiano, e altri scritti storici. In particolare, nota Belardelli, il suo libro Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano è un po’ tutto percorso dall’idea di ricollegare la battaglia antifascista alla tradizione del patriottismo ottocentesco. Ce n’era abbastanza per sancire la sua completa estraneità al regime, ma non certo per attirare su di lui una condanna a morte. Fu una sorte crudele a tradirlo, facendolo trovare sull’automobile guidata dal fratello in quel cupo giorno di settant’anni fa.
«Corriere della sera» del 7 giugno 2007
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