Un ritratto controcorrente della pedagogista italiana, oltre l'agiografia ormai consolidata e fatta propria dalla televisione
di Lucetta Scaraffia
Non scoprì affatto l'infanzia, ma subì l'influenza del positivismo e del malthusianesimo eugenetico. E i biografi dimenticano i suoi rapporti con Mussolini. Dopo una prima collaborazione col regime, ruppe col Duce e si trasferì in Olanda, dove morì. Neppure dopo il 1945 tornò in Italia
Anche se decisamente brutto e fitto di errori storici - in quegli anni non esisteva un ministro della Sanità, né le università ricevevano i contributi di ricerca, per limitarsi a un paio di esempi - lo sceneggiato su Maria Montessori (1870-1952) trasmesso da Canale 5 ha avuto il merito di riportare l'attenzione su una delle italiane più importanti dell'età contemporanea, peraltro poco nota agli italiani stessi, che in genere hanno un'idea molto vaga di colei che viene per lo più ricordata soltanto per essere stata «la signora delle mille lire».
Le ragioni di questa dimenticanza sono molte, e non solo l'assenza di ricerca storica sulle donne, avviata però negli ultimi dieci anni e che ha fornito nuovi e importanti studi sulla pedagogista. Innanzitutto, la sua stessa fama, autocostruita con ferrea autodisciplina e poi difesa a spada tratta dall'associazione pedagogica da lei fondata, l'Opera Montessori, che ne ha diffuso un'immagine agiografica e stereotipata: la scienziata buona e tutta dedita ai bambini, senza vita privata. Una sorta di santa laica, priva di ombre ma anche di spessore umano, e poco radicata nel suo tempo, se non per un generico antifascismo che l'aveva portata a emigrare alla fine degli anni Trenta.
Ricerche recenti (Schwegman, Babini e Lama) hanno ricostruito la pesante contraddizione privata: la scopritrice dell'infanzia che rinuncia ad allevare il figlio illegittimo e, quando a quattordici anni lo riprende accanto a sé, lo presenta come nipote. Questa è anche l'unica novità ripresa dallo sceneggiato, con uno stile fumettistico e molte libertà sulla vicenda reale. Ma vi sono pure il suo importante impegno femminista - la Montessori ha rappresentato il femminismo italiano nel primo convegno europeo del 1899 ed è stata una delle maggiori relatrici al primo convegno femminista italiano del 1908 - e le sue conferenze sull'educazione sessuale, in cui non solo si schierava a favore di una educazione sessuale anche per le donne, ma proponeva un neomalthusianesimo eugenetico sostenuto negli stessi anni da altri medici positivisti, come il celebre Paolo Mantegazza.
Una donna del suo tempo, vivace e intelligente, forse non originalissima nelle sue teorie pedagogiche (che riecheggiavano quelle di altri pedagogisti francesi) ma certo capace di realizzare i suoi progetti e di "vendere" le sue idee. Centrale infatti, per la diffusione del suo sistema didattico, fu l'invenzione dei materiali didattici in legno, da lei escogitati e brevettati.
Anche la sua vasta rete di conoscenze internazionali, molto più ampia della comunità scientifica a cui apparteneva come medico e poi come pedagogista d'elezione, fu costruita su scelte politiche - l'internazionale femminista dei primi del Novecento costituiva senza dubbio una élite ristretta ma importante negli ambienti innovatori - ma anche religiose. Nel 1899, a Londra, Maria si era infatti iscritta alla Società Teosofica, che disponeva di ragguardevoli legami internazionali rafforzati da una indubbia vicinanza alla massoneria. L'iscrizione non restò senza seguito: la Montessori tenne la sua prima conferenza americana, nel 1913, nel tempio massonico di Washington e, quando fu bloccata in India dallo scoppio della seconda guerra mondiale, si rifugiò per anni, con il figlio, nel quartier generale teosofico, ad Adyar. E influenze di quella religiosità diffusa e aperta a tutte le religioni, interessata al messianismo femminile, sono evidenti in molti suoi scritti.
Argomento evitato nelle biografie "ufficiali" è il rapporto con il fascismo, anzi con lo stesso Mussolini. All'inizio idilliaco perché il duce era ben consapevole della notorietà della Montessori sul piano internazionale, che voleva riconosciuta anche nel nostro paese, meno aperto alle innovazioni educative. Da questa collaborazione, per qualche anno felice, nacquero la scuola romana sul Gianicolo e un progetto di collaborazione più ampio per la preparazione delle maestre. Ma i due, entrambi accentratori e prepotenti, non erano fatti per intendersi e dopo qualche anno la Montessori preferì trasferirsi all'estero, dove era ormai nota e amata. Non tornò in Italia neppure dopo il 1945, ma continuò a vivere in Olanda, il paese che si era aperto con maggiore entusiasmo alle sue proposte e dove morì.
Come si vede, è molto più interessante il personaggio storico, nei suoi intrecci con le vicende del tempo, del santino oleografico che ci è stato propinato per anni e che, in modo sgangherato, lo sceneggiato ha riproposto.
Le ragioni di questa dimenticanza sono molte, e non solo l'assenza di ricerca storica sulle donne, avviata però negli ultimi dieci anni e che ha fornito nuovi e importanti studi sulla pedagogista. Innanzitutto, la sua stessa fama, autocostruita con ferrea autodisciplina e poi difesa a spada tratta dall'associazione pedagogica da lei fondata, l'Opera Montessori, che ne ha diffuso un'immagine agiografica e stereotipata: la scienziata buona e tutta dedita ai bambini, senza vita privata. Una sorta di santa laica, priva di ombre ma anche di spessore umano, e poco radicata nel suo tempo, se non per un generico antifascismo che l'aveva portata a emigrare alla fine degli anni Trenta.
Ricerche recenti (Schwegman, Babini e Lama) hanno ricostruito la pesante contraddizione privata: la scopritrice dell'infanzia che rinuncia ad allevare il figlio illegittimo e, quando a quattordici anni lo riprende accanto a sé, lo presenta come nipote. Questa è anche l'unica novità ripresa dallo sceneggiato, con uno stile fumettistico e molte libertà sulla vicenda reale. Ma vi sono pure il suo importante impegno femminista - la Montessori ha rappresentato il femminismo italiano nel primo convegno europeo del 1899 ed è stata una delle maggiori relatrici al primo convegno femminista italiano del 1908 - e le sue conferenze sull'educazione sessuale, in cui non solo si schierava a favore di una educazione sessuale anche per le donne, ma proponeva un neomalthusianesimo eugenetico sostenuto negli stessi anni da altri medici positivisti, come il celebre Paolo Mantegazza.
Una donna del suo tempo, vivace e intelligente, forse non originalissima nelle sue teorie pedagogiche (che riecheggiavano quelle di altri pedagogisti francesi) ma certo capace di realizzare i suoi progetti e di "vendere" le sue idee. Centrale infatti, per la diffusione del suo sistema didattico, fu l'invenzione dei materiali didattici in legno, da lei escogitati e brevettati.
Anche la sua vasta rete di conoscenze internazionali, molto più ampia della comunità scientifica a cui apparteneva come medico e poi come pedagogista d'elezione, fu costruita su scelte politiche - l'internazionale femminista dei primi del Novecento costituiva senza dubbio una élite ristretta ma importante negli ambienti innovatori - ma anche religiose. Nel 1899, a Londra, Maria si era infatti iscritta alla Società Teosofica, che disponeva di ragguardevoli legami internazionali rafforzati da una indubbia vicinanza alla massoneria. L'iscrizione non restò senza seguito: la Montessori tenne la sua prima conferenza americana, nel 1913, nel tempio massonico di Washington e, quando fu bloccata in India dallo scoppio della seconda guerra mondiale, si rifugiò per anni, con il figlio, nel quartier generale teosofico, ad Adyar. E influenze di quella religiosità diffusa e aperta a tutte le religioni, interessata al messianismo femminile, sono evidenti in molti suoi scritti.
Argomento evitato nelle biografie "ufficiali" è il rapporto con il fascismo, anzi con lo stesso Mussolini. All'inizio idilliaco perché il duce era ben consapevole della notorietà della Montessori sul piano internazionale, che voleva riconosciuta anche nel nostro paese, meno aperto alle innovazioni educative. Da questa collaborazione, per qualche anno felice, nacquero la scuola romana sul Gianicolo e un progetto di collaborazione più ampio per la preparazione delle maestre. Ma i due, entrambi accentratori e prepotenti, non erano fatti per intendersi e dopo qualche anno la Montessori preferì trasferirsi all'estero, dove era ormai nota e amata. Non tornò in Italia neppure dopo il 1945, ma continuò a vivere in Olanda, il paese che si era aperto con maggiore entusiasmo alle sue proposte e dove morì.
Come si vede, è molto più interessante il personaggio storico, nei suoi intrecci con le vicende del tempo, del santino oleografico che ci è stato propinato per anni e che, in modo sgangherato, lo sceneggiato ha riproposto.
«Avvenire» del 30 maggio 2007
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