04 luglio 2007

Arrivano gli embrioni chimera

Il mercato ha vinto
di Marina Corradi
Il governo inglese autorizzerà la produzione di embrioni chimera formati da patrimonio genetico umano e animale, a scopo di ricerca scientifica. A sei mesi dalla decisione di vietare questi esperimenti a causa del "disagio" che l'ipotesi provocava alla popolazione, il ministro della Salute Caroline Flint ha cambiato idea. Potenza della lobby scientifica e farmaceutica, che in Gran Bretagna gode di una mancanza di vincoli unica in Europa. Quarantacinque illustri scienziati tre mesi fa hanno lanciato il loro appello sul Times: non si può fermare la ricerca. Benché le staminali embrionali in dieci anni non abbiano prodotto nel mondo una sola applicazione terapeutica, i ricercatori inglesi assicurano che la via degli embrioni chimera porterà a una cura per l'Alzheimer e il Parkinson.
Dunque, la nuova legge che sostituirà la ormai vecchia "Human and Fertilisation Embryology act" consentirà di ibridare embrioni di uomo con cellule o Dna animale, di bovino precisamente, traendone creature, se così si possono chiamare, la cui vita verrà interrotta entro il 14esimo giorno di sviluppo. Novantanove per cento uomo, un per cento mucca. Questa è l'ipotesi dei due progetti di ricerca già presentati e in impaziente attesa. Non possiamo permettere - ha detto il ministro - che la nostra ricerca perda la sua posizione di avanguardia. Come dire: se non autorizziamo le chimere, i nostri migliori cervelli andranno a produrle in Cina o in Corea, e addio a eventuali brevetti per l'industria britannica. È, insomma, "il mercato".
C'era, è vero, un "disagio" espresso dalla popolazione nei confronti di questo incrociare uomini e mucche. A un sondaggio del Dipartimento della salute due anni fa arrivarono 324 risposte sulla questione delle ibridazioni. Di queste, 237 chiedevano che fossero proibite. Nei piccoli numeri, una proporzione non insignificante. L'idea di alterare le cellule che originano un uomo non piace alla gente semplice. Che avverte istintivamente il sapore , in queste manipolazioni, di un limite trasgredito; del gioco pericoloso di una scienza che non riconosce legge, al di fuori di quella di ciò che chiama "progresso". Ma cosa può il dissenso della "strada", quando una lobby potente muove la stampa, e il Times magnifica le grandiose speranze delle ibridazioni? Rapidamente la signora Flint si è convinta della urgenza della ricerca.
Il professor John Burn della Newcastle University, dove dieci anni fa nacque la pecora Dolly, ha detto con paterna comprensione di poter capire «l'istintivo rifiuto che l'idea di ibridare uomo e bovino può generare. Ma ciò di cui stiamo parlando sono cellule su un banco di laboratorio, non un feto. Qualcosa di molto più piccolo di un seme».
Già, che rilevanza può avere una cosa così minima? Che senso ha spaventarsi per una faccenda di così infinitesimali proporzioni? Dunque, lo faranno. Un nucleo somatico umano dentro l'ovulo di una mucca. Quattordici giorni di vita, in una provetta. Servirà solo per trarne materia prima per la scienza. Quante storie per poche cellule invisibili (anche se viene in mente il Piccolo Principe di Saint Exupery: «L'essenziale è invisibile agli occhi»). E tuttavia non riusciamo a non pensare a quell'essere, figlio di un uomo e di una donna, preso e stravolto nella sua intima natura. Nei laboratori staranno a osservare eccitati lo sviluppo mai visto di una vita che non esiste nel creato. Nel Nuovo Mondo di Huxley i figli senza madre uscivano dalla catena di montaggio «con un vagito di orrore e di spavento». Ma in quei laboratori candidi, al quattordicesimo giorno, finirà nel silenzio la breve avventura di un uomo violato.
«Avvenire» del 18 maggio 2007

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