La guerra dei cent'anni
di Roberto Volpi
Nel 2050 bambini e ragazzi galleggeranno in un mare di vecchi e supervecchi (sai il giubilo!)
Caro bambino che vieni al mondo oggi e che per qualche buon motivo non leggerai, non subito almeno, questo articolo e a maggiore ragione, non fosse che per la lunghezza, il libro di Boncinelli a te indirizzato che ti spiega che hai una probabilità su due di vivere più di cento anni, voglio spiegarti a mia volta, e farò anch’io il furbo col linguaggio come fa Boncinelli – che ha l’aria di uno che racconta una favola davanti al camino, mentre fuori la neve fiocca e la natura rabbrividisce – perché, se così fosse, sarebbe piuttosto una tragedia che, come tutte le tragedie, finirebbe per trasformarsi in un boomerang per te e la società di domani e per rispedire all’indietro te con essa.
Intanto, dovrai riconoscerlo, è dura pronosticare qualcosa che sta tra qui e grosso modo cent’anni. Tanto dura che l’Istat, che pure lo fa di mestiere, di prevedere, si ferma al 2050, ovvero a quarant’anni da oggi. Dopo, neppure Dio, con tutto il rispetto, può consentirsi di azzardare un pronostico. Ma anche per buttare lo sguardo da qui a una quarantina d’anni ce ne vuole, di fegato. Tant’è vero che, per cautelarsi, con le previsioni, l’Istat mette in fila la bellezza di tre ipotesi, denominate rispettivamente: bassa, centrale e alta. E non sto a spiegartene il senso, perché, come si suol dire, fin qui ci arrivano anche i gatti. Non ti sto a spiegare neppure perché si preferisca normalmente affidarsi all’ipotesi centrale, pur senza dimenticare di gettare un occhio anche alle altre. Anche questo va da sé – esagerom minga, per dirla col Bossi (non preoccuparti, farai a tempo a conoscerlo). Dunque, senza esagerare, ecco le previsioni dell’Istat per la fine del 2050. Speranza di vita dei maschi: 84,5 anni. Speranza di vita delle femmine: 89,5. Su una popolazione di circa 62 milioni, i centenari viventi a quella data saranno circa 157mila e, sempre a quella data, i bambini di allora avranno una probabilità su due di arrivare a 90anni. Ma se sei nato ottimista puoi alzare la speranza di vita tanto per i maschi che per le femmine di un paio d’anni, abbracciando la più favorevole di tutte le ipotesi, quella alta. Qui giunti converrebbe comunque fermarsi, lo chiede non il solo buon senso, ma anche e proprio lo spirito scientifico, che non può spingersi fino al punto di profetizzare. Solo che quale bambino si comprerebbe mai, tramite genitori ovviamente, un libro, da leggersi tra una ventina d’anni, che annuncia che i nati nel 2050 avranno una speranza su due di arrivare a 90 anni? Ammettiamolo, lo stesso editore glielo avrebbe tirato dietro, al Boncinelli, senza nulla togliere ai suoi meriti (e pure ai suoi precedenti libri).
Ma vogliamo dare pure un’occhiata a quale popolazione ci si prepara, sempre seguendo l’ipotesi centrale dell’Istat, nel lontano 2050? Magari non te ne può fregare di meno, a te. Non interessa a nessuno dei grandi “profetizzatori” dei 120 anni di vita media, pensa un po’, rispetto ai quali Boncinelli assomiglia a uno che procede con maniacale circospezione, come se aprisse gli armadi e guardasse sotto i letti prima di coricarsi, perché dovresti preoccupartene tu? Magari ti darai alla politica, vallo a sapere. Allora certe cose potrebbero pure tornarti utili. Dunque: all’incirca una persona su otto, pari alla bellezza di otto milioni e mezzo di persone, avrà ottanta e più anni e ci saranno molti più ottantenni che bambini e ragazzi fino a 14 anni compiuti di età. Bambini e ragazzi galleggeranno in un mare di vecchi e supervecchi (sai il giubilo!). E siccome le donne in età feconda saranno, per l’invecchiamento, passate dal 45 al 35 per cento, ovvero saranno sempre meno, appena una su tre, non ci sarà modo di invertire la rotta. Ma non potendola invertire l’invecchiamento continuerà a crescere. E tu pensa che una stima molto importante vorrebbe che a ogni anno di speranza di vita in più corrispondesse una nascita in più all’anno ogni mille abitanti, per impedire all’invecchiamento di sommergerci. Ma oggi, con la speranza di vita a quasi 82 anni, il tasso di natalità non arriva al 10 per mille, ragion per cui si dovrebbe salire fin quasi al 30 per mille per reggere i cent’anni, 30 nascite l’anno ogni mille abitanti. Ma un tale livello della natalità si registrava a malapena nell’Ottocento e corrisponde, fatti un po’ di conti, a non meno di quattro figli in media per donna, tre volte quelli di oggi. Vogliamo concordare, tra di noi, che una medicina di questa fatta non è neppure ipotizzabile? Tanto meno se si considera che la popolazione schizzerebbe in un amen sopra i cento milioni?
E qui, vedi, a proposito di medicina avrei molte altre cose da dirti, giacché se tra vent’anni leggerai il libro di Boncinelli sarai inevitabilmente portato a credere che se ti aspetta un altro sproposito di anni dovrai dire grazie ai “trionfi della diagnosi precoce e della prevenzione delle malattie genetiche”. La medicina ha i suoi meriti, sia chiaro. Ma non giurerei che in Calabria la speranza di vita superiore alla media nazionale debba tutto o quasi a questo genere di trionfi.
Intanto, dovrai riconoscerlo, è dura pronosticare qualcosa che sta tra qui e grosso modo cent’anni. Tanto dura che l’Istat, che pure lo fa di mestiere, di prevedere, si ferma al 2050, ovvero a quarant’anni da oggi. Dopo, neppure Dio, con tutto il rispetto, può consentirsi di azzardare un pronostico. Ma anche per buttare lo sguardo da qui a una quarantina d’anni ce ne vuole, di fegato. Tant’è vero che, per cautelarsi, con le previsioni, l’Istat mette in fila la bellezza di tre ipotesi, denominate rispettivamente: bassa, centrale e alta. E non sto a spiegartene il senso, perché, come si suol dire, fin qui ci arrivano anche i gatti. Non ti sto a spiegare neppure perché si preferisca normalmente affidarsi all’ipotesi centrale, pur senza dimenticare di gettare un occhio anche alle altre. Anche questo va da sé – esagerom minga, per dirla col Bossi (non preoccuparti, farai a tempo a conoscerlo). Dunque, senza esagerare, ecco le previsioni dell’Istat per la fine del 2050. Speranza di vita dei maschi: 84,5 anni. Speranza di vita delle femmine: 89,5. Su una popolazione di circa 62 milioni, i centenari viventi a quella data saranno circa 157mila e, sempre a quella data, i bambini di allora avranno una probabilità su due di arrivare a 90anni. Ma se sei nato ottimista puoi alzare la speranza di vita tanto per i maschi che per le femmine di un paio d’anni, abbracciando la più favorevole di tutte le ipotesi, quella alta. Qui giunti converrebbe comunque fermarsi, lo chiede non il solo buon senso, ma anche e proprio lo spirito scientifico, che non può spingersi fino al punto di profetizzare. Solo che quale bambino si comprerebbe mai, tramite genitori ovviamente, un libro, da leggersi tra una ventina d’anni, che annuncia che i nati nel 2050 avranno una speranza su due di arrivare a 90 anni? Ammettiamolo, lo stesso editore glielo avrebbe tirato dietro, al Boncinelli, senza nulla togliere ai suoi meriti (e pure ai suoi precedenti libri).
Ma vogliamo dare pure un’occhiata a quale popolazione ci si prepara, sempre seguendo l’ipotesi centrale dell’Istat, nel lontano 2050? Magari non te ne può fregare di meno, a te. Non interessa a nessuno dei grandi “profetizzatori” dei 120 anni di vita media, pensa un po’, rispetto ai quali Boncinelli assomiglia a uno che procede con maniacale circospezione, come se aprisse gli armadi e guardasse sotto i letti prima di coricarsi, perché dovresti preoccupartene tu? Magari ti darai alla politica, vallo a sapere. Allora certe cose potrebbero pure tornarti utili. Dunque: all’incirca una persona su otto, pari alla bellezza di otto milioni e mezzo di persone, avrà ottanta e più anni e ci saranno molti più ottantenni che bambini e ragazzi fino a 14 anni compiuti di età. Bambini e ragazzi galleggeranno in un mare di vecchi e supervecchi (sai il giubilo!). E siccome le donne in età feconda saranno, per l’invecchiamento, passate dal 45 al 35 per cento, ovvero saranno sempre meno, appena una su tre, non ci sarà modo di invertire la rotta. Ma non potendola invertire l’invecchiamento continuerà a crescere. E tu pensa che una stima molto importante vorrebbe che a ogni anno di speranza di vita in più corrispondesse una nascita in più all’anno ogni mille abitanti, per impedire all’invecchiamento di sommergerci. Ma oggi, con la speranza di vita a quasi 82 anni, il tasso di natalità non arriva al 10 per mille, ragion per cui si dovrebbe salire fin quasi al 30 per mille per reggere i cent’anni, 30 nascite l’anno ogni mille abitanti. Ma un tale livello della natalità si registrava a malapena nell’Ottocento e corrisponde, fatti un po’ di conti, a non meno di quattro figli in media per donna, tre volte quelli di oggi. Vogliamo concordare, tra di noi, che una medicina di questa fatta non è neppure ipotizzabile? Tanto meno se si considera che la popolazione schizzerebbe in un amen sopra i cento milioni?
E qui, vedi, a proposito di medicina avrei molte altre cose da dirti, giacché se tra vent’anni leggerai il libro di Boncinelli sarai inevitabilmente portato a credere che se ti aspetta un altro sproposito di anni dovrai dire grazie ai “trionfi della diagnosi precoce e della prevenzione delle malattie genetiche”. La medicina ha i suoi meriti, sia chiaro. Ma non giurerei che in Calabria la speranza di vita superiore alla media nazionale debba tutto o quasi a questo genere di trionfi.
«Il Foglio» del 13 settembre 2010
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